La signora dei caratteri

Per fare un lavoro così, serve un grande carattere. Ma anche piccolo, all’occorrenza. Perché se si deve stampare qualcosa – che sia un giornale, un libro, un manifesto – oltre al cuore bisogna metterci l’inchiostro. Come si faceva una volta, tanto tempo fa, quando tutto “era forse più umano e il risultato finale aveva un’anima”. Più che una tipografia, Anita Marroni ha un museo. Macchinari di un secolo fa, grazie ai quali sono state “costruite” pagine su pagine, alcune delle quali sono veri e propri cimeli. E’ la Tipografia Silvio Pellico di Montefiascone, in provincia di Viterbo.

La storia inizia nel 1695 con la Typographia Seminarii, nata per volontà del Cardinale Marcantonio Barbarigo. Che quasi 200 anni dopo, nel 1892, diventa la Tipografia Silvio Pellico, rilevata, meglio salvata, nel 1956 da Eliseo Marroni, padre di Anita. Donna di carattere, perché, grazie a lei e al fratello Mauro, oggi quel posto spegne 320 candeline. “Lavoro in tipografia da 32 anni – dice Anita – praticamente da tutta la vita. Ricordo ancora mio padre impegnato su queste macchine: era pignolo, se alla fine trovava un’impronta sulla carta si innervosiva”. Ricordi indelebili di una passione che viaggia di generazione in generazione. Compresa l’ultima, perché anche la figlia e il figlio di Anita hanno scelto questo mestiere.

Quelli della Tipografia Silvio Pellico sono strumenti storici: il più antico risale al 1930. “Uno – spiega Anita – serve per i grandi formati: manifesti 70×100 che hanno bisogno di caratteri medio-grandi. L’inserimento della carta è manuale. Poi c’è il tirabozze, per tirature molto più limitate, dove si utilizza un foglio alla volta. Un altro ancora ha un piccolo altoforno e serve per comporre singole righe. Ecco la brossuratrice, che lavora con una colla speciale ad altissima temperatura”. Nei cassetti, centinaia di lettere di ogni grandezza per realizzare quei “lavori con l’anima”.

Se oggi, grazie al pc e alle nuove tecnologie, per preparare la pagina di un giornale, per esempio, si può risolvere tutto in mezz’ora, a quei tempi serviva infatti una dedizione completa per almeno quattro ore.

Sembra una visita guidata a un museo. Anzi, lo è. Perché la famiglia Marroni, che da qualche anno opera in un’altra sede, ha deciso di mettere a disposizione del Comune i vecchi locali, dove sono in mostra preziosi volumi stampati dalla Tipografia nel tempo, e i macchinari, perfettamente funzionanti e tuttora utilizzati se il cliente è in cerca di un prodotto al di fuori dei canoni odierni, che abbia un sapore unico.

“Qui potranno entrare persone di tutte le età, soprattutto studenti, ci auguriamo, anche per provare, sotto la nostra guida esperta, l’uso delle macchine. Solo così sarà possibile far assorbire la bellezza di questo lavoro, solo mettendo il patrimonio che abbiamo conservato a disposizione della comunità – conclude Anita – non verrà persa la tradizione”. Stavolta, insomma, non si tratta di imprimere nulla su carta, ma di stampare qualcosa nella memoria. Per sempre.