Locali chiusi, serve un piano

“L’aumento delle saracinesche abbassate e dei locali commerciali sfitti nei quartieri del capoluogo e persino in centro non è un fenomeno ascrivibile all’epidemia, che semmai lo ha esacerbato.  La città, adesso, sta pagando la mancanza di un piano di sviluppo economico che avrebbe dovuto accompagnarla nell’ultimo decennio, con una visione d’insieme che, oltre al turismo, al commercio, ai pubblici esercizi, avrebbe dovuto promuovere uno sviluppo armonico di tutti i settori, dall’artigianato di servizio alla produzione. Certo, le continue chiusure per la pandemia e i ristori nazionali e statali di importo insufficiente, stanno facendo emergere, adesso, l’insostenibilità di un tessuto economico che, se privato dei circuiti interni, trasferiti sull’e-commerce, e dell’apporto del turismo, si scopre fragilissimo”. Lo afferma Claudio Corrarati, presidente della CNA-SHV, analizzando i dati della rilevazione di fine marzo effettuata dall’Unione Commercio.

CNA-SHV ritiene che sia indispensabile la redazione di un piano di sviluppo economico esclusivamente mirato sul capoluogo, che punti prima di tutto a potenziare il ruolo di polo di attrazione dei consumi interni della stessa città, del comprensorio e di buona parte della Provincia. Inoltre diventa fondamentale un progetto di valorizzazione a tutto tondo della città come polo attrattivo per le imprese, i lavoratori, gli eventi culturali, il turismo congressuale e il turismo tradizionale.

Riteniamo che l’azienda di Soggiorno – argomenta Corrarati – debba essere il fulcro del piano d’azione, da sviluppare insieme a Idm Südtirol e d’intesa con la Provincia, sotto la regia politica del Comune. Un piano che miri a consolidare le reti interne di consumo, a dare consistenza a tutti i quartieri valorizzando l’utilizzo degli spazi commerciali anche da parte degli artigiani di servizio, compatibili con la vocazione residenziale, attirando nuovi operatori commerciali attraverso forme adeguate di sostegno e di promozione. Ciò darebbe anche una vocazione al capoluogo, non più “riempito” con interventi spot pubblici o privati, ma attraverso una pianificazione che renda persino la scuola e la formazione soggetti attivi della trasformazione, veicolando i giovani verso le vie del sapere e del saper fare con sbocco occupazionale in città”.