Una vita all’insegna dell’orgoglio gay e artigiano

“La mia missione è l’orgoglio”. Lo dichiara sicuro Bruno Tomassini, 64 anni, con la consapevolezza che è il risultato di anni passati a guardarsi dentro e attorno. E a lottare per i diritti delle persone: che siano omosessuali, lavoratrici sottopagate o artigiani. “Come qualcuno ha fatto per me – spiega – mi batto per riconoscere la dignità e le capacità altrui. Il saper fare artigiano è un valore nazionale: come in Australia e Canada, dovremmo costituire il Ministero della creatività”.

D’origine senese, Tommassini vive da sempre in provincia d’Arezzo. Inizia a lavorare presto, come impiegato pubblico e poi in CNA. Scala in fretta le posizioni e si trasferisce a Firenze. “A un certo punto, da funzionario del settore Artistico – racconta – scoprii le restauratrici. Venni a conoscenza di storie vergognose, di donne, che in quanto tali, venivano pagate anche con un anno di ritardo da prestigiose realtà cittadine. Ho lottato insieme a loro, è stata la prima presa di coscienza della categoria. Ancora oggi, dopo trent’anni, mi amano”.

Tommassini lotta appassionatamente in tutti i campi. “In quegli stessi anni prendevo coscienza della mia diversità sessuale – continua -. Insieme a Franco Grillini, Beppe Ramina, Nichi Vendola e altri davamo vita all’Arcigay. A un certo punto capimmo che i diritti dovevamo andare a chiederli dove le leggi si fanno, in Parlamento, non solo per strada con i Pride. Se non fosse stato per Franco sarei rimasto un ragazzotto di provincia, mi ha restituito una dignità di persona. Per questo gli ho dedicato il mio matrimonio, nel dicembre del 2016”.

Bruno, dopo 40 anni insieme, sposa Edoardo e il giorno dopo costituisce la prima impresa familiare artigiana omosessuale. “E’ un risvolto della legge Cirinnà poco considerato. Per me prima era impensabile poter creare un’impresa famigliare e anche se di fatto ero contitolare, formalmente non era così”. La dignità, per l’appunto.

Già negli anni ’90, lasciata la carriera da funzionario, Tommassini era diventato imprenditore: stilista di pelletteria e gioielli di lusso. “Mi sono sempre sentito un artigiano – dice – perché non lo è solo chi usa le mani, ma anche chi riesce a immaginare i movimenti delle mani. La creatività è un’attività puramente artigianale e i designer, gli stilisti, come tutti gli artigiani, devono essere orgogliosi del loro saper fare”.

“Sì, anche questa è una questione di orgoglio – precisa –. Dobbiamo trasformare in valore la creatività, intesa come consapevolezza delle nostre capacità. Se in un prodotto c’è la passione, quella che lo rende unico e di qualità, chi compra la deve sentire. Non è la firma che conta, ma il valore della lavorazione, la magia che passa attraverso le mani”.

Recentemente Tommassini è stato eletto Presidente di CNA Federmoda Toscana. “Tra i miei obiettivi ci sono diverse attività, compresi corsi di italiano per lavoratori stranieri. Sono loro, per esempio, che si occupano della parte più orrenda e putrida della conciatura. Un’associazione non può lavarsene le mani, deve creare condizioni di crescita e convivenza. Il lavoro è eticamente importante, perché fa crescere la società”.

Tra le mille idee di Tommassini c’è anche una cantina, Prodigio divino. “Produciamo due etichette (Vinocchio e Uvagina) e devolviamo tutto alla cultura e alla lotta contro l’omofobia – conclude -. Noi siamo stati fortunati, ma non per tutti è stato ed è ancora così”.