Campagna vaccinale, CNA Pensionati: gli anziani chiedono chiarezza

I ritardi e la mancanza di chiarezza su come procedere nella vaccinazione degli anziani stanno gettando nella preoccupazione la vasta platea dei pensionati italiani. Ad oggi, su quasi 60 milioni di italiani i vaccinati sono 648.640. In base ai dati diffusi lo scorso fine settimana dalla fondazione Gimbe, in Italia gli over 80 vaccinati rispetto alle dosi di vaccino somministrate sono solo l’1%. A fronte del 22% nazionale del personale non sanitario, ovvero gli amministrativi degli ospedali e simili. In questa prima fase, infatti, era previsto che le categorie vaccinate fossero gli operatori sanitari e sociosanitari, gli ospiti delle RSA, il personale non sanitario e, appunto gli over 80. Per questi ultimi il D day era fissato già a gennaio, in base però alle singole regioni. Il piano vaccinale prevedeva, invece, il coinvolgimento degli under 80 solo dopo il primo trimestre dell’anno.

Ora però, nel bel mezzo del maremoto delle dosi tagliate o non consegnate dalle case farmaceutiche produttrici di vaccini, i 4 milioni circa degli over 80 a cui spetta il vaccino non sanno più cosa fare e come.

Ieri, ad esempio, la regione Lazio ha dato il via alla programmazione on-line sul suo sito. Ed è stato subito tilt. Il sito ha ricevuto fiumi di prenotazioni fermandosi però a poche migliaia registrate. Le altre regioni? Ognun per sé. Il Piemonte ha fissato il click day il 6 febbraio, la Campania ha già mandato fuori uso il centralino delle prenotazioni ed è arrivata a oltre 22mila appuntamenti. Chi non ha detto ancora quando si comincia sono Marche, Emilia Romagna, Toscana, ma lo faranno a breve. Non si sa nulla per Calabria, Abruzzo e Molise. E ancora: Il Trentino ha cominciato i richiami, il Veneto e il Friuli iniziano a metà mese, cosi come Liguria e Puglia intorno al 10. Per tutti gli altri se ne parla a marzo, con la Lombardia fanalino di coda, con data presunta fissata a fine marzo.

“Andare in ordine sparso mi sembra una pessima idea” – commenta il Presidente di CNA Pensionati Giovanni Giungi.  “Anche se la Costituzione assegna alle regioni la gestione della sanità – aggiunge – sarebbe stato utile un piano simile e coerente dappertutto. Stesso modo di prenotare, metodi standard. In ogni caso almeno la comunicazione andrebbe data univoca, chiara, semplice”.

Chiediamo – aggiunge Giungi –  che sia fatto almeno questo: una campagna nazionale che spieghi agli anziani cosa fare. Penso a quelli particolarmente fragili, soli, non autosufficienti e isolati. So che alcune Regioni hanno previsto per i non autosufficienti il coinvolgimento dei medici di base. Ma sono preoccupato per gli altri: le persone che vivono lontano dai centri Asl o vaccinali, chi non ha connessione internet, chi ha difficoltà a capire cosa fare. Ci siano indicazioni chiare”.

La strada della campagna vaccinale si annuncia, dunque, come un ripido sentiero a tornanti su cui gli anziani rischiano di scivolare insieme al Governo, di qualsiasi tipo sarà. “Un ritardo di pochi giorni dell’appuntamento al vaccino, per un over 80, può significare vita o morte – rincara la dose Giungi –  e per questo non mi piace neanche il grande bailamme delle dosi sì, no, forse dei tre grandi vaccini in campo: Pfizer, Moderna e AstraZeneca”.

Due sono le grandi considerazioni che il Presidente di CNA Pensionati si sente di fare. “Innanzitutto, e non si tratta solo di una mia opinione, il brevetto di un vaccino non può essere gestito come quello di un paio di occhiali o di una borsa. Possibile che il mondo occidentale, dopo aver finanziato con soldi pubblici la ricerca di aziende private o facilitato il loro business prenotando grandi quantità di vaccini in largo anticipo garantendone l’acquisto, ora debba fare i conti con i loro amministratori delegati che smistano i vaccini a seconda di privati criteri, secretando i contratti e usando codicilli presenti o assenti per eseguire le consegne? Dove tracciamo il confine fra mercato e salute pubblica?

E poi: “Siamo in guerra, contro un nemico invisibile, è vero, ma letale tanto quanto un terribile esercito. Non possiamo produrre il vaccino usando tutte le infrastrutture biochimiche dei paesi che ne possiedono? Anche in Italia abbiamo molte piccole fabbriche nel settore chimico o biomedicale convertibili e utili a produrre questi vaccini in grandi quantità, munizioni preziose contro un virus che sta distruggendo l’umanità: la sua salute, la sua economia e quindi il lavoro e la dignità delle persone. Che aspettano i governi dei paesi produttori di vaccini a rendere fruibili questi brevetti con un riconoscimento delle royalty alle case farmaceutiche”? “Non sono argomenti facili – conclude – ma se continuiamo così rischiamo di perdere tutti”.

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