Circolare Mise 5.12.2016 – Chiarimenti della Commissione europea su compatibilità disposizioni D.Lgs. 109/1992 e chiarimenti punti 1, 2 e 18 dell’allegato V reg. 1169/2011

Artigiani alimentari e collettività

All’articolo 2, par.2, lettera d), il regolamento dà una definizione di “collettività” più estesa di quella contenuta nelle precedenti Direttive; essa ricomprende: “qualunque struttura (compreso un veicolo o un banco di vendita fisso o mobile), come ristoranti, mense, scuole, ospedali e imprese di ristorazione in cui, nel quadro di un’attività imprenditoriale, sono preparati alimenti destinati al consumo immediato da parte del consumatore finale”.

L’Italia ha sottoposto alla Commissione il caso della fornitura di prodotti alimentari destinati agli artigiani (es: gelatai, pizzaioli, pasticcieri), i quali possono produrre alimenti preconfezionati, rifornire esercenti per la successiva vendita al dettaglio, ma anche preparare “alimenti destinati al consumo immediato da parte del consumatore finale”. L’Italia ha sempre considerato la fornitura di “prodotti alimentari destinati […] agli artigiani per i loro usi professionali ovvero per essere sottoposti ad ulteriori lavorazioni” (D.lgs. 109/92, art.17, comma 1) come oggetto di transazione “business to business” (b2b) e dunque disciplinata dal vigente art.17 “Prodotti non destinati al consumatore” del D.lgs. 109/92 e dall’art.8, par.8 del regolamento, dunque non sottoposta agli obblighi informativi sugli alimenti ai consumatori disciplinati dallo stesso regolamento.

La Commissione conferma questa interpretazione.

 

Art. 8 del regolamento – Ragione sociale riportata in forma abbreviata (sigla o acronimo)

Relativamente alla modalità di indicazione de “il nome o la ragione sociale e l’indirizzo dell’operatore del settore alimentare di cui all’articolo 8, paragrafo 1” (ex art.9.1.h del regolamento), la Commissione ritiene che possano essere usati anche una abbreviazione o un acronimo del nome della società, purché essi consentano una agevole identificazione della società e purché ciò non renda più difficoltoso mettersi in contatto con la società stessa.

 

Art. 8.7 del regolamento – Raccordo tra il Reg.(CE) 607/2009, art.56.6 e il Reg.(UE) 1169/2011, art.8.7

Le autorità nazionali hanno chiesto conferma alla Commissione che agli obblighi informativi di cui all’art.8, par.7 del regolamento non si applichi il disposto di cui all’art.56, par.6 del Reg.(CE) 607/2009 recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 479/2008 del Consiglio per quanto riguarda le denominazioni di origine protette e le indicazioni geografiche protette, le menzioni tradizionali, l’etichettatura e la presentazione di determinati prodotti vitivinicoli.

La Commissione ha risposto richiamando una precedente risposta fornita sull’argomento al Ministero della Salute in data 30.10.2014, di cui si riporta un estratto:

«Il regolamento (UE) n.1169/2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori nel suo articolo 8(7) stabilisce che, per quanto riguarda l’etichettatura di un alimento preimballato che sia:

a) destinato al consumatore finale, ma commercializzato in una fase precedente alla vendita al consumatore finale e quando in questa fase non vi è vendita a una collettività;

b) destinato a essere fornito a collettività per esservi preparato, trasformato, frazionato o tagliato (probabilmente non applicabile al vino), è necessario che “… le indicazioni obbligatorie richieste in virtù degli articoli 9 e 10 appaiano sul preimballaggio o su un’etichetta a esso apposta oppure sui documenti commerciali che si riferiscono a tale prodotto …”.

Se tali indicazioni sono riportate [solo n.d.a.] sui documenti commerciali, lo stesso regolamento prevede che “gli operatori del settore alimentare assicurano che le indicazioni di cui all’articolo 9, paragrafo 1, lettere a), f), g) e h), figurino anche sull’imballaggio esterno nel quale gli alimenti preimballati sono presentati al momento della commercializzazione”. Queste indicazioni sono rispettivamente:

  • ·       la denominazione dell’alimento,
  • ·       il termine minimo di conservazione o la data di scadenza,
  • ·       le condizioni particolari di conservazione e/o le condizioni d’impiego,
  • ·       il nome e l’indirizzo dell’operatore del settore alimentare o dell’importatore in caso di vino importato.

 

Specificità del vino

Tuttavia, come stabilito al punto 1(d) dell’allegato X del regolamento (UE) n.1169/2011, l’indicazione del termine minimo di conservazione non è richiesta per il vino.

Operazioni business to business

Ciò significa che nei casi delineati ai punti a) e b), cioè per il trasporto da un operatore all’altro, è sufficiente riportare sull’imballaggio esterno del vino, cioè il cartone, le indicazioni (a), (g) e (h) dell’articolo 9(1) del regolamento (UE) n.1169/2011.

Tutte le informazioni obbligatorie dovranno tuttavia figurare sui documenti commerciali che accompagnano i cartoni di vino o che sono stati inviati prima della consegna o contemporaneamente alla consegna.

Consumatore finale

Invece, nel caso di cartoni contenenti bottiglie di vino destinati al consumatore finale, per esempio da vendersi in supermercati, tutte le indicazioni obbligatorie devono figurare sul cartone.».

Non avendo la Commissione fatto menzione, nella sua risposta, dell’applicazione del disposto di cui all’art.56, par.6 del Reg.(CE) 607/2009 nei casi specifici che ricadono sotto la disciplina dell’art.8, par.7, se ne deduce che ad essi il citato disposto dell’art.56, par.6 non si applichi.

 

Artt. 12 e 13 del regolamento – Imballaggi esterni, regalistica stagionale e confezioni apribili

L’art.14, comma 7-bis del D.lgs. 109/92 prevedeva: “Gli imballaggi di qualsiasi specie, destinati al consumatore, contenenti prodotti preconfezionati, possono non riportare le indicazioni prescritte all’articolo 3, purché esse figurino sulle confezioni dei prodotti alimentari contenuti; qualora dette indicazioni non siano verificabili, sull’imballaggio devono figurare almeno la denominazione dei singoli prodotti contenuti e il termine minimo di conservazione o la data di scadenza del prodotto avente la durabilità più breve”.

L’art.14 del D.Lgs. n. 109/1992, relativo alle “Modalità di indicazione delle menzioni obbligatorie dei prodotti preconfezionati”, è superato dal paragrafo 7 dell’articolo 8 “Responsabilità”, nonché dagli articoli 12 “Messa a disposizione e posizionamento delle informazioni obbligatorie sugli alimenti” e 13 “Presentazione delle indicazioni obbligatorie” e dall’Allegato IV – “Definizione di altezza della x” del regolamento. Dunque l’intero articolo 14 non è più applicabile, ivi compreso il suo comma 7-bis.

Poiché il regolamento non prevede deroga espressa analoga, l’Italia ha chiesto alla Commissione di poter preservare la deroga almeno per l’industria della regalistica stagionale.

La Commissione ha risposto che il regolamento non prevede deroghe, tuttavia se l’imballaggio esterno è trasparente e le informazioni obbligatorie sugli alimenti confezionati contenuti al suo interno sono visibili dall’esterno, allora la Commissione ritiene questa soluzione in linea con il regolamento, anche senza che all’imballaggio esterno trasparente siano applicati gli obblighi informativi previsti dal regolamento stesso.

In modo analogo viene considerato il caso di alimenti confezionati posti in vendita al consumatore in una confezione apribile (es: bottiglie di vino vendute in una scatola di legno apribile), ove il consumatore abbia modo di leggere, prima dell’acquisto, le etichette degli alimenti confezionati contenuti al suo interno. In questo caso la Commissione non obietta che le autorità nazionali considerino non applicabili alla confezione esterna apribile gli obblighi informativi previsti dal regolamento.

 

Art. 14 del regolamento – Distributori automatici

L’art.15 del D.lgs. 109/92 reca “Distributori automatici diversi dagli impianti di spillatura”. L’art.14 del regolamento reca “Vendita a distanza”. Il raccordo tra la normativa nazionale in materia di distributori automatici e l’art.14 del regolamento è stato oggetto di dibattito in seno al Gruppo di Lavoro “Etichettatura” a Bruxelles oltre ché del documento di lavoro afferente le tematiche della “vendita a distanza”.

In particolare, alla domanda su quali fossero gli obblighi informativi applicabili agli alimenti messi in vendita tramite distributori automatici o locali commerciali automatizzati, il Gruppo di Lavoro e la Commissione hanno concordato la seguente risposta:

“Come indicato all’art.14, par.3 del regolamento, agli alimenti messi in vendita tramite distributori automatici o locali commerciali automatizzati non si applica il disposto sulla vendita a distanza di cui all’art.14, par.1, lettera a). Dunque non è richiesto che le informazioni obbligatorie sugli alimenti siano fornite prima della conclusione dell’acquisto. Questo principio si applica sia agli alimenti preimballati che a quelli non preimballati. Tuttavia, data la particolarità di questo mezzo di distribuzione degli alimenti e la natura degli alimenti non preimballati, gli Stati membri possono prevedere, tramite disposizioni nazionali di cui all’art.44 dello stesso regolamento, modalità specifiche attraverso le quali debbano essere veicolate le informazioni sugli allergeni ed eventuali altre informazioni obbligatorie sugli alimenti non preimballati. Tali modalità possono anche implicare che le informazioni obbligatorie debbano essere fornite prima della conclusione dell’acquisto (es: informazioni sugli allergeni di alimenti non preimballati venduti tramite distributori automatici veicolate tramite un cartello apposto presso il distributore automatico)”

Alla luce di quanto sopra esposto, rimane dunque vigente ed applicabile l’art. 15 del D.lgs. 109/92, in particolare gli obblighi informativi disposti al comma 2 e afferenti la “distribuzione di sostanze alimentari non preconfezionate poste in involucri protettivi ovvero di bevande a preparazione estemporanea o ad erogazione istantanea”.

 

 

1.       Art. 17 del regolamento – Nome generico dell’ingrediente utilizzato in denominazione di vendita

Il D.lgs. 109/92, all’art.4, comma 5-bis (introdotto con D.lgs 181/2003) prevedeva la seguente specificazione in materia di denominazione: “I prodotti alimentari, che hanno una denominazione di vendita definita da norme nazionali o comunitarie devono essere designati con la stessa denominazione anche nell’elenco degli ingredienti dei prodotti composti nella cui preparazione sono utilizzati […]. Tuttavia nella denominazione di vendita e nell’etichettatura in generale del prodotto finito, può essere riportato il solo nome generico dell’ingrediente utilizzato”.

Con l’applicazione del regolamento e la conseguente disapplicazione dell’art.4 (superato, come già ricordato, dall’articolo 17 “Denominazione dell’alimento” e dell’Allegato VI “Denominazione degli alimenti e indicazioni specifiche che la accompagnano” del regolamento), l’Italia ha chiesto conferma che nella denominazione del prodotto finito possa essere riportato il solo nome generico dell’ingrediente utilizzato, in continuità con il disposto del D.lgs. 109/92 (es: “biscotto al cioccolato” in luogo di “biscotto al cioccolato al latte e alle nocciole gianduia”).

La Commissione ha risposto che non esiste una regola generale e che ogni caso va considerato a sé, valutando se il consumatore possa o meno essere tratto in inganno e tenendo in considerazione gli standard commerciali impostisi nel tempo.

Sulla base di questa risposta, si ritiene dunque che nella denominazione del prodotto finito possa essere riportato il solo nome generico dell’ingrediente utilizzato, posto il rispetto degli articoli 7 “Pratiche leali d’informazione” e 17 “Denominazione dell’alimento” del regolamento, nonché, ove richiesto, il rispetto dell’art. 22 “Indicazione quantitativa degli ingredienti” dello stesso regolamento.

1.       Artt. 18, 19 e 20 del regolamento – Denominazione degli ingredienti utilizzati in forma concentrata o disidratata e ricostituiti al momento della fabbricazione

Nel recepire le varie Direttive succedutesi in materia di etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale, il D.lgs. 109/92 aveva aggiunto alcune specificazioni e chiarimenti. Nel caso di specie, al disposto relativo all’ordine di indicazione degli ingredienti (“gli ingredienti utilizzati in forma concentrata o disidratata e ricostituiti al momento della fabbricazione possono essere indicati nell’elenco in base al loro peso prima della concentrazione o della disidratazione”), il D.lgs. 109/92 aveva aggiunto la specificazione “con la denominazione originaria” (D.lgs. 109/92, art.5, comma 6).

Con l’applicazione del regolamento e la conseguente disapplicazione dell’art.5 (superato, come già ricordato, dagli articoli 18 “Elenco degli ingredienti”, 19 “Omissione dell’elenco degli ingredienti”, 20 “Omissione dei costituenti di un prodotto alimentare dall’elenco degli ingredienti”, e 21 “Etichettatura di alcune sostanze o prodotti che provocano allergie o intolleranze” e dagli Allegati II “Sostanze o prodotti che provocano allergie o intolleranze” e VII “Indicazione e designazione degli ingredienti” del regolamento), l’Italia ha chiesto conferma che gli ingredienti utilizzati in forma concentrata o disidratata e ricostituiti al momento della fabbricazione potessero essere indicati nell’elenco degli ingredienti con la denominazione originaria, in continuità con il disposto del D.lgs. 109/92.

 

Seppure in un primo momento la Commissione non avesse sollevato obiezioni (riunione del gruppo di lavoro “Etichettatura” del 27.06.2014), nella sua risposta ufficiale la Commissione ha invece ritenuto che la denominazione originaria non possa essere usata nell’elenco degli ingredienti avendo l’ingrediente in questione (utilizzato in forma concentrata o disidratata e ricostituito al momento della fabbricazione) subito una alterazione che non corrisponde più alla denominazione originaria.

 

2.       Artt. 19 e 20 del regolamento – Acqua nella produzione dell’aceto

Nel recepire le varie Direttive succedutesi in materia di etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale, il D.lgs. 109/92 aveva aggiunto alcune specificazioni e chiarimenti. Nel caso di specie, all’elenco dei casi in cui l’indicazione dell’acqua non è richiesta, all’art.7 “Esenzioni dall’indicazione degli ingredienti”, comma 3 era stato aggiunto anche il caso di cui alla lettera c) “per l’aceto, quando è indicato il contenuto acetico e per l’alcole e le bevande alcoliche quando è indicato il contenuto alcolico” [D.lgs. 109/92, art.7, comma 3, lettera c)], intendendo con ciò fare chiarezza sulla corretta interpretazione del comma 2, lettera f) dello stesso art.7, il quale prevede deroga all’obbligo di indicazione degli ingredienti “negli aceti di fermentazione, provenienti esclusivamente da un solo prodotto di base e purché non siano stati aggiunti altri ingredienti” [deroga confermata dall’art.19 “Omissione dell’elenco degli ingredienti”, par.1, lettera c) del regolamento].

Con l’applicazione del regolamento e la conseguente disapplicazione dell’art.7 (superato, come già ricordato, dagli articoli 19 “Omissione dell’elenco degli ingredienti”, 20 “Omissione dei costituenti di un prodotto alimentare dall’elenco degli ingredienti” e dall’Allegato VII, parte E “Designazione degli ingredienti composti” del regolamento), sembrava essere venuta meno la deroga espressa di cui al comma 3, lettera c).

Interpellata sulla questione, la Commissione ha risposto sottolineando che il regolamento non ha introdotto alcuna modifica in materia rispetto alle precedenti Direttive e che dunque gli operatori del settore possono continuare ad etichettare l’aceto in assoluta continuità con la prassi precedente. Ha inoltre ricordato che la questione dell’indicazione dell’acqua nell’aceto è stata oggetto della riunione del gruppo di lavoro “Etichettatura” del 10.06.2015, in occasione del quale è stato chiarito che, negli aceti di fermentazione, l’acqua utilizzata nel processo produttivo per ridurre il volume alcolico e standardizzare l’acidità, è considerata parte del “solo prodotto di base” di cui all’art.19, par.1, lettera c) del regolamento. Dunque in questo caso l’acqua non deve essere intesa come un “altro ingrediente aggiunto”, pertanto non è necessario indicare l’acqua nell’etichetta degli aceti di fermentazione.

 

3.       Art. 26 del regolamento – Applicazione del regolamento esecutivo (UE) 1337/2013

La Commissione conferma che il regolamento (UE) di esecuzione n.1337/2013 non si applica agli alimenti di cui all’art.44 del regolamento.(  il regolamento di esecuzione n. 1337/2013 che fissa le modalità di applicazione del regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda l’indicazione del paese di origine o del luogo di provenienza delle carni fresche, refrigerate o congelate di animali della specie suina, ovina, caprina e di volatili.)

Allegato V, punti 1 e 2 del regolamento – Deroga all’indicazione della dichiarazione nutrizionale

Si intendono fornire alcuni chiarimenti in merito ai punti 1 e 2 dell’allegato V del regolamento CE 1169/2011, partendo da una osservazione che la Commissione europea ha reso sul tema.

Al punto 1 dell’allegato V trovano esonero dal suddetto obbligo “I prodotti non trasformati che comprendono un solo ingrediente o una sola categoria di ingredienti”.

I “prodotti non trasformati” come previsto dal Reg. (UE) n. 1169/2011, all’art. 2, 1 (b), sono i prodotti  di cui alla definizione del Reg. CE 852/2004, art. 2, paragrafo 1, lettera n), “prodotti alimentari non sottoposti a trattamento, compresi prodotti che siano stati divisi, separati, sezionati, affettati, disossati, tritati, scuoiati, frantumati, tagliati, puliti, rifilati, decorticati, macinati, refrigerati, congelati, surgelati o scongelati”.

E’ compresa in tale deroga, ad esempio, la farina che, come chiarito dalla Commissione europea nella Q&A 3.6, non contiene alcun ingrediente aggiunto, come additivi, vitamine, minerali e non ha subito alcun trattamento diverso dalla fresatura e dalla mondatura.

Sono, altresì, compresi in tale deroga i prodotti di IV gamma ortofrutticoli (ortofrutta fresca, lavata, confezionata e pronta al consumo) che non hanno subito alcun trattamento o alcuna aggiunta di ingredienti all’infuori della stessa categoria, ortaggi o frutta, ad esempio un mix di ortaggi freschi lavati, tagliati e confezionati.

Nella medesima deroga possono ricomprendersi i preparati ittici preparati e congelati (quindi non trasformati) per fritto e per sugo che sono ottenuti tramite pulizia, taglio, assemblaggio di prodotti ittici freschi e decongelati. Dal momento che questi prodotti sono composti da singoli ingredienti altamente variabili nella composizione e nella quantità diverrebbe molto difficile assolvere al requisito della dichiarazione nutrizionale.

 

 

Non possono beneficiare, invece, della deroga di cui al punto 1 dell’Allegato V gli oli vegetali che, come precisato dalla Commissione europea: Gli oli vegetali sono prodotti trasformati e, pertanto, non possono beneficiare della deroga per i prodotti non trasformati che comprendono un solo ingrediente o una sola categoria di ingredienti.”. Tali prodotti, infatti, hanno subito un trattamento come definito dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera m) del Regolamento CE 852/2004 (estrazione). Quali prodotti trasformati, inoltre, non rientrerebbero neanche nel successivo punto 2 dell’Allegato V, in quanto non sottoposti a “maturazione”.

Al punto 2 dell’allegato V trovano esonero “i prodotti trasformati che sono stati sottoposti unicamente a maturazione e che comprendono un solo ingrediente o una sola categoria di ingredienti”.

In tale deroga possono essere ricompresi i prodotti la cui maturazione avvenga attraverso un  trattamento, quale affumicatura, salagione, stagionatura, essiccazione, marinatura, quali ad esempio il prosciutto crudo, i filetti di cefalo affumicato o in salamoia, l’uva passa essiccata, purché non siano stati aggiunti altri ingredienti.

Artt. 32 e 33 del regolamento – Indicazione delle “Assunzioni di riferimento” (Reference intakes)

Relativamente alla modalità di indicazione delle «Assunzioni di riferimento di un adulto medio (8 400 kJ/2 000 kcal)» (di cui agli artt.32 e 33 e all’Allegato XIII del regolamento), la Commissione ritiene che possa essere usata anche una sigla, in luogo della dicitura per esteso, accompagnata da un asterisco o altro richiamo che permetta poi di esporre la dicitura completa in nota all’etichetta. Ritiene invece che non possa essere usato il solo asterisco o altro richiamo in luogo della sigla.

 

Art. 54 del regolamento – Cambio di indirizzo o ragione sociale e stock degli alimenti etichettati

Con riferimento alle disposizioni dell’articolo 54, par.1 del regolamento: “1. Gli alimenti immessi sul mercato o etichettati prima del 13 dicembre 2014 che non soddisfano i requisiti del presente regolamento possono essere commercializzati fino all’esaurimento delle scorte.”, la delegazione italiana ha chiesto alla Commissione quali regole debbano applicarsi alle scorte di etichette o imballaggi nei casi in cui cambino alcune delle informazioni tra quelle richieste all’art.9.1.h (es: cambio di indirizzo o di natura giuridica).

L’Italia ha proposto che, nel caso di cambio di indirizzo o natura giuridica, non debbano essere applicate sanzioni agli operatori che commercializzino le scorte di alimenti etichettati con le vecchie informazioni, purché essi possano dimostrare che la stampa delle etichette o dei preimballaggi sia stata ordinata prima del cambio di indirizzo o di natura giuridica.

La Commissione ha risposto che la questione afferisce misure amministrative di transizione di competenza degli Stati membri.

Si ritiene, pertanto, di poter confermare che, ferma restando la possibilità di correggere tali informazioni, laddove sia fattibile, con steakers adesivi, le diciture superate dell’indirizzo della sede legale e della ragione sociale non debbano essere sanzionate qualora si possa dimostrare che la stampa delle etichette o dei preimballaggi sia stata ordinata prima del cambio di indirizzo o di natura giuridica.

 

Allegato X, punto 1 del regolamento – Deroghe dall’obbligo del TMC

Tra le deroghe dall’obbligo di indicazione del termini minimo di conservazione (TMC), il D.lgs 109/92, prevedeva, all’art.10, comma 5, lettera i), “i prodotti di confetteria consistenti quasi unicamente in zuccheri e/o edulcoranti, aromi e coloranti quali caramelle e pastigliaggi”. Tale formulazione è più estensiva di quella originariamente prevista nelle Direttive dell’Unione e successivamente trasposta nell’Allegato X, punto 1. lettera d) del regolamento, che invece prevede deroga solo per i “prodotti di confetteria consistenti quasi unicamente in zuccheri aromatizzati e/o colorati”. La deroga italiana si estendeva dunque anche agli edulcoranti.

Le autorità italiane hanno chiesto la possibilità di mantenere l’estensione della deroga agli edulcoranti. La Commissione ha però risposto che ogni deroga aggiuntiva rispetto a quelle espressamente previste dall’Allegato X deve essere adottata nel contesto del regolamento, sulla base di una pronuncia dell’EFSA.

Con l’applicazione del regolamento e la conseguente disapplicazione dell’art.10, decade dunque la formulazione estesa della deroga di cui al D.lgs. 109/92 e si applica invece quella di cui all’Allegato X del regolamento.

 

Allegato X, punto 1, lettera d) del regolamento – Esenzione dal TMC per i “vini, vini liquorosi, vini spumanti, vini aromatizzati e prodotti simili ottenuti a base di frutta diversa dall’uva, nonché delle bevande del codice NC 2206 00 ottenute da uva o mosto di uva” (All.X.1.d)

In linea con le note della DG AGRI Ref. Ares(2015)10025–05/01/2015 inviata al Segretario Generale del COPACOGECA, Ref.Ares(2014)3929511–25/11/2014 inviata al Segretario Generale del CEEV e Ref.Ares(2014)4121392–09/12/2014 inviata al FIVS, le autorità italiane hanno chiesto conferma alla Commissione che l’esenzione dal TMC per i “vini, vini liquorosi, vini spumanti, vini aromatizzati e prodotti simili ottenuti a base di frutta diversa dall’uva, nonché delle bevande del codice NC 2206 00 ottenute da uva o mosto di uva” [Allegato X, punto 1, lettera d) del regolamento] si intenda riferita anche ai prodotti vitivinicoli elencati nell’Allegato VII, lettere d 4 a 9, del Reg.(UE) 1308/2013.

In risposta, la Commissione si è così espressa:

“Per ciò che concerne la data di conservazione, una esenzione era stata stabilita, per i “vini, vini liquorosi,

vini spumanti,

vini aromatizzati e prodotti simili ottenuti a base di frutta diversa dall’uva”,

dalla Direttiva 79/112/CEE concernente l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale, nonché la relativa pubblicità. Questa esenzione è stata mantenuta nella Direttiva 2000/13/CE che ha abrogato la Direttiva 79/112/CEE. Questa regola continua ad applicarsi, immutata, con l’applicazione del regolamento (UE) 1169/2011, che abroga la Direttiva 2000/13/CE dal 13 dicembre 2014.

E’ utile sottolineare che quando questa regola fu stabilita nel 1979, la categoria dei “vini frizzanti” [“semi-sparkling wines”] venne definita, nell’Allegato II del regolamento (CEE) 816/70 relativo a disposizioni complementari in materia di organizzazione comune del mercato vitivinicolo, come “vini da pasto” che ricomprendeva vini generici. Può essere dunque assunto che i “vini frizzanti”, definiti come “vini da pasto”, fossero ricompresi nell’esenzione dall’indicazione della data di conservazione.

La definizione di “vini frizzanti” è stata modificata prima dal regolamento (CEE) 822/87, diventando “… prodotto ottenuto da vino da pasto …”, e poi dal regolamento (CEE) 479/2008, diventando “… prodotto ottenuto da vino …”.

La definizione “vino da pasto” è scomparsa con la riforma del settore del 2008 ed è stata sostituita dalla definizione generica di “vino”.

Alla luce di quanto sopra descritto, si può assumere che l’assenza dei vini frizzanti tra le esenzioni dalla data di conservazione citate nell’Allegato X del regolamento (UE) 1169/2011 è dovuta meramente al copia-incolla delle regole della Direttiva 79/112/CEE, senza tenere in considerazione le nuove classificazioni delle categorie di vino introdotte a partire dal 1987.

Ciò premesso, la Commissione intende esplorare con gli Stati membri soluzioni pragmatiche a questo problema”.

 

Allegato X, punto 2 del regolamento – Data di scadenza e condizioni di conservazione (All.X.2.b, ultimo comma)

L’allegato X del regolamento, al punto 2, recita:

“2. La data di scadenza è indicata nel modo seguente:

a)è preceduta dai termini «da consumare entro …»;

b)l’espressione di cui alla lettera a) è seguita:

  • dalla data stessa, oppure
  • dall’indicazione del punto in cui essa è indicata sull’etichetta.

Tali indicazioni sono seguite dalla descrizione delle condizioni di conservazione da rispettare”.

Le autorità italiane hanno chiesto alla Commissione chiarimenti sull’ultimo passaggio, con particolare attenzione al raccordo tra il disposto di cui all’art.9, par.1, lettera f) (“il termine minimo di conservazione o la data di scadenza”) e quello di cui all’art.9, par.1, lettera g) (“le condizioni particolari di conservazione e/o le condizioni d’impiego”), nonché sull’interpretazione della frase “sono seguite”.

Per quello che attiene la prima richiesta, la Commissione ha risposto che, quando si applica la regola della data di scadenza di cui al punto 2 dell’Allegato X del regolamento, devono obbligatoriamente essere fornite anche le indicazioni sulle condizioni di conservazione.

Quanto alla frase “sono seguite”, la Commissione ne dà una interpretazione stringente, intendendo con ciò che la data di scadenza deve precedere le indicazioni sulle condizioni di conservazione.

 

Appendice. Tabelle di concordanza

Nell’ ultima parte della circolare sono presenti le tabelle di concordanza, nelle quali sono riportati: gli articoli e gli allegati del D.Lgs. n. 109/1992 che sono disapplicati, ai sensi dell’articolo 38 del regolamento, perché afferenti materie armonizzate da corrispondenti articoli ed allegati del regolamento, le disposizioni del D.Lgs. n. 109/1992 che risultano implicitamente abrogate da norme successive, nonché quelle che restano in vigore e per le quali sono stati forniti chiarimenti di raccordo con il regolamento.