CNA Agroalimentare condivide appieno il Disegno di legge recante “Disposizioni in materia di divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi sintetici”.

Ad affermarlo di fronte ai membri delle commissioni IX e X del Senato, il rappresentante di CNA Agroalimentare, Gabriele Rotini. In mancanza di una specifica normativa europea in materia di alimenti e cibi sintetici, CNA Agroalimentare ritiene giusto che l’Italia intervenga precauzionalmente per tutelare gli interessi legati alla salute e al patrimonio culturale.

Bisogna procedere a un’attenta valutazione prima della loro immissione sul mercato e infatti il Ddl sancisce il divieto di impiegare, nella preparazione di alimenti o bevande, vendere, detenere per vendere, importare, produrre per esportare, somministrare o comunque distribuire per il consumo alimentare, cibi o mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o tessuti derivanti da animali vertebrati.

Sul cibo sintetico c’è una precisa strategia delle multinazionali che con abili operazioni di marketing puntano a modificare stili alimentari naturali fondati sulla qualità e la tradizione. La verità è che non si tratta di carne, ma di un prodotto sintetico e ingegnerizzato, che non salva l’ambiente perché consuma più acqua ed energia di molti allevamenti tradizionali, non aiuta la salute perché non c’è garanzia che i prodotti chimici usati siano sicuri per il consumo alimentare e, inoltre, non è accessibile a tutti poiché è nelle mani di grandi multinazionali.

Dal 1970, le dimensioni dell’economia mondiale sono triplicate e la popolazione è aumentata di oltre 3 miliardi di abitanti.

Tale crescita, è stata accompagnata, come ben sappiamo e registriamo, da inquinamento ambientale e sfruttamento delle risorse naturali.

Sotto questo aspetto, gli allevamenti intensivi rappresentano sicuramente una questione che suscita grande attenzione ma, pur condividendo le priorità climatiche e ambientali, riteniamo che il dibattito in corso abbia colpevolmente tralasciato di considerare il modello di zootecnia “estensiva”, magari biologica, una modalità più vicina alle normali abitudini del bestiame, a partire dal pascolo libero, garantendo vero benessere animale con un impatto ambientale decisamente ridimensionato.

Inoltre, l’allevamento estensivo, che comporta la presenza umana e animale su aree ancora marginali, contribuisce a limitare l’erosione dei terreni, un fattore importante nell’ottica della protezione del paesaggio e del controllo degli spazi rurali. Tale modello è la perfetta sintesi tra aspetti ecologici, salutistico-nutrizionali, sociali e culturali.

Il tema del cibo sintetico, la carne coltivata insomma, rappresenta una minaccia che porterebbe per assurdo a ipotizzare un’alimentazione senza agricoltura e senza quelle pratiche di trasformazione della materia prima, tradotte nel saper fare italiano, che vedono il nostro Paese leader nel mondo agroalimentare e allo stesso tempo tra i più copiati.

 

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