Il costo per la costruzione delle opere pubbliche in Sardegna è tra i più alti in Italia: inferiore solo a quello della Basilicata e del Trentino Alto Adige. Stante il gap infrastrutturale della nostra regione, l’analisi della spesa per gli investimenti pubblici in Sardegna esclude che questo deficit storico dipenda da un minore sforzo di investimenti sul territorio: negli ultimi quindici anni la spesa media per le infrastrutture in Sardegna è stata infatti sempre di gran lunga superiore a quella nazionale. Ma, nonostante una spesa quasi doppia rispetto alla media nazionale, la Sardegna non è riuscita a superare la scarsa dotazione infrastrutturale che – secondo gli indici dell’Istituto Tagliacarne – riguarda nella nostra regione soprattutto strade, ferrovie, reti di distribuzione energetica e idrica, scuole ed ospedali. E’ necessaria dunque una urgente riflessione sulle modalità con cui vengono spesi i finanziamenti pubblici.

E’ quanto si evince da uno Studio sulla dotazione infrastrutturale delle regioni italiane condotto dalla CNA utilizzando una stima del valore economico di tutte le opere pubbliche che insistono sul territorio regionale (il cosiddetto stock di capitale fisso pubblico) e gli indici di dotazione Tagliacarne (indice di dotazione fisica e di funzionamento delle infrastrutture).

Posto il dato medio italiano pari a 100, la Sardegna mostra infatti un indice di costo pari a 209, inferiore solo a quanto misurato per Basilicata (344) e Trentino Alto Adige (234).

Il deficit infrastrutturale in Sardegna

È noto il deficit nella dotazione infrastrutturale della Sardegna rispetto al resto del Paese. Facendo riferimento agli indici di dotazione Tagliacarne del 2012, questo deficit appare evidente sia per quanto riguarda le infrastrutture economiche sia per quelle sociali, facendo emergere elementi di forte criticità soprattutto nell’ambito dei trasporti a rete (strade e ferrovie). Molto meno marcato appare invece il divario nel caso delle cosiddette infrastrutture di trasporto puntuale (porti e aeroporti, su cui la Regione ha investito tanto negli anni in un’ottica di riduzione del gap da insularità). Indicazioni particolarmente negative emergono anche per le altre infrastrutture economiche, come le reti bancarie o le reti di distribuzione energetica e idrica (la rete di distribuzione dell’acqua regionale appare un colabrodo, basti dire che nel 2012 appena il 45% dell’acqua immessa in rete risultava effettivamente erogata, record negativo tra le regioni italiane), mentre deficitaria appare anche la dotazione di infrastrutture sociali e di capitale umano (come scuole o ospedali).

La spesa per le infrastrutture in Sardegna

Negli ultimi quindici anni la Sardegna è stata la quarta regione italiana sia in termini di spesa per infrastrutture pro-capite (oltre 1.240 euro all’anno per residente, contro una media nazionale di 764) sia per incidenza media annua degli investimenti in infrastrutture sul Pil (circa il 6%, rispetto al 3% nazionale).

L’analisi della spesa per investimenti esclude che l’esistente deficit infrastrutturale sia dipeso da un minore sforzo di investimento sul territorio. Nella media degli ultimi quindici anni, infatti, la quota regionale sul totale nazionale degli investimenti in infrastrutture è stata di circa il 4,5%, superiore sia alla quota media di Prodotto Interno Lordo (2,2%) che di popolazione (2,8%). In altre parole, la spesa pro-capite per infrastrutture è stata, in Regione, regolarmente superiore al dato medio nazionale, e lo stesso vale per quanto riguarda la spesa in rapporto all’economia.

Piras e Porcu : bisogna analizzare la qualità della spesa

«Questi dati dimostrano come sia assolutamente necessaria una attenta riflessione su quelle che sono le caratteristiche e la qualità della spesa per opere pubbliche in Sardegna», evidenziano Pierpaolo Piras e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della CNA Sardegna. «E’ necessaria un’analisi approfondita che sia in grado di individuare quei fattori critici in grado di incidere sui costi finali delle opere realizzate e sulla loro qualità. Sono molti gli elementi in grado di incidere sull’efficienza della spesa per infrastrutture – proseguono Piras e Porcu -: alcuni comprimibili, altri strutturali. Tra questi ci sono anche elementi direttamente collegabili con l’inefficienza della gestione e dell’organizzazione del processo di spesa: la qualità della programmazione , l’assenza di valutazione dei costi e benefici dei progetti, la frammentarietà delle fonti di finanziamento e il conseguente ricorso al finanziamento parziale delle opere e soprattutto le carenze nell’attività di monitoraggio che non consente di controllare lo stato di avanzamento degli interventi e di formulare valutazioni generali sull’efficienza nel processo di realizzazione delle opere.».