Come far risplendere l’oreficeria italiana

Sabato 7 settembre prenderà il via la rassegna fieristica Vicenza Oro, a valorizzazione di uno dei comparti manifatturieri di punta del Made in Italy, nonché tra i più vocati all’export, con una propensione pari ad oltre l’80% del fatturato.

Produzione ok, export così così

Secondo i dati Istat, nel 2018 la produzione e il fatturato di oreficeria e bigiotteria sono rimasti in forte crescita, rispettivamente dell’8,4% e del 4,6%. Tra i Paesi più interessati dall’export tricolore solo gli Stati Uniti segnano un valore positivo (+2%) conquistando il secondo posto dopo la stabile Svizzera. Calano invece le esportazioni verso Hong Kong (-4,3%), Emirati Arabi Uniti (-16,1%) e Francia (-5,8%) che nel 2017 aveva registrato un boom di vendite dall’Italia. .
Il trend delle esportazioni nell’ultimo quinquennio è stato altalenante, con un lieve aumento nel 2013, seguito da una diminuzione nel 2014. Stessa dinamica nel biennio successivo 2014-2015 per poi segnare un nuovo calo nel 2016, prima dei risultati positivi nell’export di oreficeria e settori collegati del 2017, che andranno poi confermati con i dati degli ultimi tre mesi del 2017.
Sul fronte dei consumi interni, i valori negativi sono riconducibili alla debolezza economica degli ultimi anni ed al perdurare pluriennale del periodo di crisi. Oltre all’instabilità politica, tra i principali fattori critici per l’oreficeria e settori collegati  ritroviamo anche l’incertezza nel futuro e l’alto tasso di disoccupazione che influisce sensibilmente sul potere d’acquisto della popolazione, in particolare per i beni non essenziali, come la gioielleria.
Il fenomeno è parzialmente compensato dalla forte domanda di beni in materiali preziosi, inclusi oro e diamanti, visti sempre più come un investimento. Da segnalare che a sostegno delle vendite di fine jewellery c’è la grande richiesta di gioielleria Made in Italy in particolare dei turisti cinesi, che spendono una media di mille euro al giorno.
A fronte dei cambiamenti nella situazione economica interna e internazionale degli ultimi anni, del rallentamento dei consumi e dei cambiamenti negli acquisti, i fattori che hanno contribuito alla tenuta del settore in Italia sono gli stessi che continuano a rappresentare un’opportunità per le ditte nazionali: l’abilità degli artigiani, l’accuratezza della lavorazione, l’originalità del manufatto che personalizza l’estetica senza snaturarne gli elementi formali, le proporzioni, i cromatismi che appartengono al gusto dominante, lo stile, la qualità, la tecnica.

Meno imprese, più addetti

Le imprese italiane del settore dell’oreficeria e dell’argenteria sono circa 7.500 e occupano più di 31.300 addetti. Nel 2018 le aziende attive denunciano una flessione dell’1,5%, ma la platea degli addetti si è ampliata dello 0,7%. Le aziende italiane innovano continuamente la gamma dei loro prodotti, privilegiando i segmenti di produzione a più alto valore aggiunto e con un forte contenuto creativo e di moda, e spingendo verso un continuo aggiornamento tecnologico.
Nel processo di gestione e pianificazione aziendale, l’attenzione ai fattori di marketing, a strategie aziendali innovative basate sul rapporto prezzo/qualità, alla affidabilità dei servizi al cliente, nonché alle politiche riguardanti i canali della distribuzione, sono elementi aggiuntivi che contribuiscono a determinare l’identità del “Made in Italy”.

La forza dei distretti

L’organizzazione in distretti, o in poli di produzione, consente di superare il limite rappresentato dalla piccola dimensione nel momento in cui le aziende si proiettano sui mercati esteri e sono un punto di forza per le piccole imprese.
Negli anni i confini distrettuali si sono allargati andando oltre i luoghi originari e inglobando le province delle città limitrofe. Così il polo vicentino ha assorbito le vicine città di Treviso, Padova e Verona; il distretto di Arezzo si è esteso sino a Firenze e Lucca; Valenza Po (Alessandria) a Torino ed Asti; Milano a Como e Varese; Napoli si è estesa sino a Caserta; Roma si è ampliata fino a Frosinone. Senza contare, per l’argenteria, Padova, Firenze, Palermo e le Marche. Sotto il profilo territoriale le prime due province per valore di export di settore sono Alessandria con il 30,6% e Arezzo con il 27,6% davanti a Vicenza e a Milano rispettivamente con quote del 19,2% e dell’11,2%. Su base annua Alessandria cresce, Arezzo arretra lievemente; più consistenti i ripiegamenti di Vicenza (-4,6%) e di Milano (-9%).
Nei distretti, il motore è il “genius loci”: recupera il passato di una cultura tradizionale, si tesse nel presente delle relazioni locali tra imprese e contesto territoriale, matura nel reciproco beneficio a venire. Gli acceleratori: la ricerca, l’investimento, l’organizzazione distributiva e, soprattutto, la diversificazione dei mercati di sbocco. È quest’ultima, unitamente all’attenzione ai cambiamenti economici e culturali che riguardano il consumatore, a rimanere elemento cruciale nella sfida del prossimo futuro dell’oreficeria e dei settori collegati.

Nuove strategie cercansi

Certamente in un periodo di contrazione della domanda nei mercati tradizionali, bisogna individuare nuove destinazioni. Alcuni Paesi, in precedenza considerati come concorrenti potenziali o come tendenziali riproduttori di idee e di design, sono invece cresciuti progressivamente sul piano dei redditi e dei consumi.
È necessario attrezzarsi rispetto a nuovi, e vecchi, concorrenti. Ecco perché – come afferma il portavoce nazionale di CNA Orafi, Arduino Zappaterra – “bisogna chiedere maggiori risorse in favore di Vicenza Oro al ministero dello Sviluppo economico, per essere ancora più competitivi. Faremo questo insieme alle altre associazioni orafe, a Ieg e all’Ice. Perché comprendere per tempo l’evoluzione de nuovi mercati, cogliere il cambiamento, a fianco delle imprese, rappresenta un valore aggiunto a supporto del mondo italiano del fare”.