Crisi d’impresa, il Decreto correttivo non risolve alcune criticità

Il Decreto legislativo correttivo sulla crisi d’impresa varato dal Consiglio dei ministri lascia irrisolte alcune criticità sollevate dalla CNA che riguardano in particolare il rafforzamento del ruolo dell’imprenditore attraverso le associazioni di categoria nell’OCRI (Organismo di composizione della crisi d’impresa) e l’esigenza che sia un soggetto terzo a costruire gli indicatori di crisi.

Va nella giusta direzione che sia l’impresa a rischio di crisi a indicare tre nominativi tra i quali l’Ocri sceglie il terzo componente del gruppo di esperti chiamato ad aiutare l’impresa ad uscire dalla situazione di crisi. Tuttavia sono stati introdotti alcuni vincoli (solamente alleggeriti dal decreto correttivo ma non eliminati) che rendono di fatto impossibile assicurare la presenza di candidati appartenenti alle associazioni di riferimento dell’impresa. Nel dettaglio, infatti, è richiesta l’iscrizione all’Albo, per la quale è necessario essere stati nominati in almeno due procedure negli ultimi quattro anni, in qualità di curatori fallimentari, commissari o liquidatori giudiziali. Requisito che, peraltro, per il mantenimento dell’iscrizione prevede l’aggiornamento biennale.

Inoltre il Decreto non risolve il problema centrale della terzietà del soggetto deputato alla costruzione degli indicatori dello stato di crisi. Il provvedimento, infatti, conferma che l’elaborazione degli indici economici in grado di far ragionevolmente presumere la sussistenza di uno stato di crisi dell’impresa, sia demandata al Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili. Gli indicatori così elaborati dovranno essere approvati con decreto del Ministero dello Sviluppo Economico.

Si tratta, quindi, di indicatori che non vengono fissati dal Codice bensì dovranno essere elaborati e aggiornati periodicamente dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili. Un tale meccanismo introduce, di fatto, una nozione di pre-crisi affidata a fonti esterne rispetto al Codice e senza alcuna possibilità di sperimentazione per verificare l’efficacia degli indicatori nella prima fase di applicazione.

Al contrario, per CNA è opportuno un coinvolgimento delle associazioni di categoria in quanto soggetti in grado di cogliere le molteplici caratteristiche delle imprese e dei diversi settori di appartenenza (dimensionali, attività, know-how).  Per la costruzione degli indicatori si potrebbe replicare quanto realizzato con gli studi di settore e poi con gli indici di affidabilità fiscale (ISA), designando un soggetto terzo che, avvalendosi anche dell’esperienza dell’ordine dei dottori commercialisti, preveda la partecipazione delle associazioni di rappresentanza delle imprese.

Infine CNA apprezza la novità che la dichiarazione attestata da un professionista dell’inadeguatezza degli indicatori di crisi non debba essere ripetuta ogni anno, ma valga per tutti gli anni seguenti se non cambiano le condizioni.