I 25 anni di Amazon e l’allergia di Bezos alla concorrenza

Amazon compie 25 anni e la sua storia inizia dalla lettura di una statistica. Jeff Bezos lavorava a Wall Street e nella primavera del 1994 resta colpito da uno dei tanti report che invadono la sua scrivania. L’utilizzo del web registrava tassi di crescita del 2.300% l’anno. Il giovane broker si pone una semplice domanda: Quale business può avere senso su internet? In due giorni stila un elenco di 20 prodotti che potevano essere venduti sul web e alla fine decide di puntare sui libri per due considerazioni: costano poco ed esiste una domanda mondiale. Lascia Wall Street, passa l’estate nel garage (nelle storie di successo americane c’è sempre un garage) del ranch di famiglia e lancia Amazon.com.

Dopo appena due mesi le vendite di libri generano un giro d’affari di 20mila dollari a settimana. L’anno successivo il fondo Kleiner Perkins investe 8 milioni di dollari in Amazon e nel 1997 Jeff Bezos porta la sua creatura a Wall Street a 18 dollari per azione ma dopo tre settimane il valore precipita a 1,50 dollari con una capitalizzazione di appena 32 milioni di dollari. Da allora Amazon è una delle più clamorose storie di successo. Oggi il titolo vale oltre 1.900 dollari e la capitalizzazione di Amazon supera i 950 miliardi di dollari facendo di Jeff Bezos l’uomo più ricco del mondo. I libri sono ormai una parte marginale dell’impero. Ha acquistato il prestigioso Washington Post, è sbarcato a Hollywood con la fondazione degli Amazon Studios per fare concorrenza a Netflix e Hulu. E’ anche protagonista nella corsa allo spazio con Blue Origin. In mezzo il grande colpo con l’acquisizione per 14 miliardi di dollari della Whole Foods, gigante della grande distribuzione.

Amazon e gli altri giganti del web come Google e Facebook hanno profondamente modificato abitudini ma hanno anche ridisegnato l’assetto del sistema economico. Quasi il 40% del Pil americano è generato da aziende che 30 anni fa non esistevano. Ma questo grande successo provoca anche preoccupazioni e allarmi. Le big dell’hi-tech realizzano monopoli, chi vince prende tutto. Non c’è spazio per la concorrenza. Accumulano un enorme potere e tendono a ignorare le norme che regolano i mercati e la trasparenza. Iniziano ad essere percepiti come un pericolo per le democrazie. Per lo scandalo di Cambridge Analytic, Facebook ha accantonato 5 miliardi di dollari per le sanzioni che arriveranno. Google in appena tre anni ha accumulato tre multe dall’Unione Europea per un totale che supera gli 8 miliardi di euro. Amazon deve restituire 250 milioni al Lussemburgo per tasse aggirate, briciole rispetto agli oltre 14 miliardi che Apple ha dovuto versare all’Irlanda per lo stesso motivo.