“La situazione del settore moda è allarmante. Ritardi nei pagamenti, perdita di manodopera specializzata, mancanza di ricambio generazionale, delocalizzazione della produzione all’estero da parte dei maggiori brand, e alti costi produttivi in Italia, sono i 5 motivi alla base della crisi della nostra filiera, troppo a lungo ignorata, e che adesso mette a rischio l’attività di migliaia di piccole imprese nel distretto di eccellenza Carpi-Correggio”.

Donatella Lodi, imprenditrice e presidente provinciale di CNA Federmoda, analizza le problematiche che affliggono la filiera in occasione di un evento di CNA Federmoda nazionale che si conclude oggi a Carpi.

Le attività della filiera che si concentrano nel distretto Carpi-Correggio, che nella nostra provincia comprende i Comuni della Bassa reggiana (come Correggio, San Martino in Rio, Rio Saliceto, Reggiolo, Fabbrico, Novellara), sono sostanzialmente quelle che caratterizzano la fase iniziale: ricerca e sviluppo dei prototipi, commercializzazione e marketing. I brand più importanti hanno delocalizzato la produzione all’estero, riducendo il lavoro per i conto terzisti, che rappresentano l’80% delle piccole imprese che operano sul nostro territorio.

Le fasi della manifattura che ancora resistono sono quelle che danno al prodotto un valore un aggiunto: tessitura, ricamo, applicazioni e le produzioni di capi esclusivissimi, ovvero quelle principalmente coinvolte nella creazione dei campionari.

“Una grande mano agli imprenditori – continua Donella Lodi – lo darebbe il riconoscimento del campionario come investimento di ricerca. Nel nostro settore gravano tantissimo i costi del campionario, composto con ore e ore di ricerca sui tessuti, passamaneria, accessori, a cui segue l’acquisto delle prove dei tessuti, il lavoro dei modellisti, il confezionamento. E considerando che sui circa 1200 capi che compongono un campionario oltre il 10% non va in produzione, la vendita della produzione effettiva ammortizza solo in parte minima il suo costo. Il primo passo per aiutare le nostre aziende è, dunque, farci riconoscere un accredito, come avviene per le case farmaceutiche che fanno ricerca”.

“Siamo molto preoccupati – continua la presidente CNA Federmoda – perché con un panorama che propone tempi giuridici biblici, burocrazia intricatissima per aprire un’azienda, gli imprenditori che vanno in pensione non hanno un ricambio perché i giovani non vedono un futuro in questo settore e preferiscono vendere l’azienda di famiglia. In questo modo richiamo seriamente di perdere la filiera e tutte le competenze specializzate”.

L’iniziativa voluta da CNA Federmoda Nazionale si è resa necessaria per sensibilizzare la politica sui temi strategici per il rilancio di un settore che ha reso famoso il Made in Italy in tutto il mondo. Infatti, tra gli altri, erano presenti anche Benedetta Francesconi del Ministero Sviluppo Economico e Palma Costi Assessore alle Attività produttive Regione Emilia Romagna.

“E’ indispensabile che i nostri politici proteggano il Made in Italy – conclude Lodi – in sede europea per primo. Chi ha interesse a difendere i piccoli imprenditori, gli unici a produrre tutto in Italia secondo la vera tradizione artigiana e a dare occupazione sul territorio, se non i politici italiani?”