Il report dell’Ismea registra nel primo semestre del 2017 segnali positivi da occupazione, investimenti, giovani ed export, ma volatilità dei mercati e andamento meteorologico pesano sulla fiducia delle imprese.

L’agroalimentare italiano, nei primi sei mesi del 2017, continua a crescere, registrando segnali positivi sul fronte dell’occupazione, degli investimenti, degli scambi internazionali e della presenza di giovani agricoltori. La fiducia degli imprenditori è però condizionata dal timore per la volatilità dei mercati e dai rischi legati ai rischi climatici. 
A fotografare lo stato del settore è il report AgrOsserva realizzato dall’Istituto che segnala come elementi di maggiore dinamicità la crescita degli occupati in agricoltura (+1,3%% nel primo trimestre) – trainati dalla componente dei dipendenti (+6,7%) – e delle imprese agricole giovanili (+ 9,3% su base tendenziale nello stesso periodo). 
Le imprese agricole under 35 in Italia raggiungono così le 50.000 unità circa, pari al 6,6% del totale. I dati evidenziano anche un incremento delle erogazioni di prestiti oltre il breve termine (+33,3% nel primo trimestre) – spinti dall’entrata a regime dei bandi Psr – che potrebbero favorire una crescita degli investimenti nel prossimo biennio, così come avvenuto nel 2016 (+3,1%).

Per quanto riguarda l’industria alimentare e delle bevande, a incidere positivamente è ancora la crescita dell’export (+5,5% nei primi 4 mesi del 2017). Un ulteriore segnale positivo viene dagli investimenti, spinti da una maggiore richiesta di prestiti da parte delle imprese (+2,1% a marzo 2017 su base annua).

 

Le imprese alimentari – circa 70.000 di cui quasi il 70% artigiane, gli under 35 sono 5.400  – aumentano su base tendenziale anche nel primo trimestre dell’anno (+0,5%).

Infine, un altro segnale positivo viene dagli acquisti domestici che nel periodo gennaio-giugno crescono del 2,5% su base annua.

Tra i fattori di incertezza che condizionano la fiducia delle imprese nel breve termine, gli operatori segnalano la volatilità dei mercati, l’incertezza delle politiche economiche globali, il timore di eventuali iniziative di protezione commerciale e, soprattutto per le aziende dei comparti delle coltivazioni, l’andamento meteorologico.

 

Le tendenze
Il settore agricolo, dopo aver chiuso il 2016 in negativo soprattutto a causa di un rilevante calo dei prezzi, nel corso della prima metà del 2017, evidenzia il report, “vede una tendenza di fondo di miglioramento dei prezzi, che lascia tuttavia alta l’incertezza a causa dell’elevata volatilità dei mercati e di un andamento meteo-climatico che, dopo aver influenzato la prima metà dell’anno, potrebbe condizionare anche i raccolti alla fine dell’estate e in autunno. Come riflesso, peggiora il clima di fiducia delle aziende dei comparti delle coltivazioni, mentre le aziende zootecniche sono relativamente più ottimiste”.

Diverso il discorso per l’industria alimentare che, sebbene abbia fatto registrare risultati meno brillanti rispetto a quelli dell’industria nel suo complesso, mostra una serie di segnali positivi: la crescita dell’occupazione e delle imprese, la crescita delle esportazioni che prosegue saldamente nei primi mesi del 2017, l’aumento dello stock dei prestiti alla fine del primo trimestre, rispetto a marzo dell’anno scorso.

L’aumento degli scambi con l’estero di prodotti agroalimentari, anche in entrata, è un segnale di nuovo dinamismo, considerato che l’aumento delle importazioni di materie prime e semilavorati agroalimentari può riflettere un’intensificazione dell’attività produttiva dell’intera filiera. Infine, dal lato dei consumi interni, si avvertono in primi segnali di uscita dalla crisi che aveva colpito la spesa delle famiglie per i prodotti alimentari, che finalmente segna una crescita evidente nel primo semestre rispetto all’anno precedente. Malgrado questi elementi, anche per le imprese della trasformazione alimentare, a fine giugno, non c’è ancora spazio per un recupero di ottimismo. Cresce l’occupazione e diminuiscono le imprese agricole, ma non quelle dei giovani 

Nel primo trimestre del 2017 l’occupazione agricola ha segnato un incremento dell’1,3% su base annua, alimentata dalla componente dei dipendenti (+6,7%), mentre quella relativa agli indipendenti è risultata in flessione (-3,6%). 

Secondo l’analisi Ismea le imprese agricole presenti nel Registro delle imprese, fotografate negli archivi Infocamere a fine marzo 2017, sono circa 751mila unità (12% del totale delle imprese italiane) e risultano in lieve calo su base annua (-0,3%), con un dato simile a quelli registrati anche nei trimestri del 2016. Tra i dati positivi, vanno evidenziati invece i progressivi aumenti delle imprese agricole giovanili rispetto all’anno precedente, registrati a partire dal secondo trimestre 2016, arrivando a segnare un +9,3% a marzo 2017; analizzando l’andamento dello stock di imprese giovanili, esso ha raggiunto un picco a dicembre 2016, per poi ridursi nel primo trimestre di quest’anno; nel complesso si tratta di circa 49 mila imprese di giovani agricoltori, pari al 6,6% delle imprese agricole totali.

Al contrario delle agricole, le imprese dell’industria alimentare e delle bevande (circa 70 mila) sono leggermente aumentate su base tendenziale sia a marzo 2017 (+0,5%), sia nei precedenti trimestri del 2016. Le imprese giovanili sono circa 5.400, con un’incidenza sul totale leggermente più elevata rispetto alle agricole (7,7%); nel primo trimestre, anche le imprese giovanili dell’alimentare hanno però registrato una riduzione sia congiunturale sia tendenziale. 

 

La dinamica dei prezzi: rallentano le commodity e crescono i prodotti agricoli
Partendo dallo scenario internazionale dei prezzi delle materie prime, a giugno si è arrestata la graduale risalita delle quotazioni del petrolio, avviatasi a partire dall’ultimo scorcio dello scorso anno in seguito all’accordo tra i principali Paesi aderenti all’OPEC e altri produttori indipendenti sul taglio alla produzione del greggio. La quotazione del Brent, infatti, dopo aver superato la soglia di $50/barile a dicembre 2016 – toccando il picco massimo a febbraio 2017 ($54,87/barile) – è tornata a $46,37/barile, registrando una flessione su base annua del 3,9%. 

Ciò ha influenzato anche l’andamento dei listini delle commodity agricole che, pur continuando il progressivo recupero, iniziato nell’estate del 2016, a partire da marzo 2017 hanno avviato un percorso in decelerazione, come testimoniato dall’andamento dell’indice dei prezzi FAO che a giugno 2017 si è attestato sui 175 punti, segnando un +6,9% su base annua. In particolare, continuano a crescere i listini di carni e lattiero-caseari, mentre si dimostrano più fluttuanti quelli dei cereali. Segni negativi si registrano, invece, per i prezzi di oli e grassi in ragione dell’indebolimento della domanda di olio di palma e delle previsioni di abbondanti raccolti di soia in Sud America e in Nord America; in diminuzione anche i listini relativi allo zucchero, dopo la vertiginosa crescita percorsa nel 2016, a causa delle grandi disponibilità per l’esportazione del Brasile e della persistente debolezza della domanda globale. 

Sui mercati nazionali, dopo una fase di prezzi bassi, i prezzi dei prodotti agricoli hanno ripreso a crescere a partire dall’estate del 2016, con una vera e propria impennata tra la fine del 2016 e i primi mesi del 2017. In tutta Europa, l’andamento meteo-climatico dalla primavera 2016 in poi ha generato una situazione di instabilità. In Italia la prima metà del 2017 è stata caratterizzata da nevicate a inizio anno, gelate primaverili, assenza di piogge e prolungarsi di temperature elevate del secondo trimestre. L’indice dei prezzi agricoli ha registrato una crescita del 21% nel primo trimestre del 2017 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e, nel trimestre successivo, un ridimensionamento congiunturale (-10,7%), che lascia i prezzi comunque su livelli superiori di oltre 8 punti rispetto all’anno precedente. Questo andamento altalenante è principalmente attribuibile ai prodotti stagionali, mentre la tendenza di fondo, evidenziata attraverso l’indice core, rimane quella di una progressiva crescita dei prezzi su base annua. Stessa tendenza in ripresa, sebbene con variazioni più moderate, riguarda i prezzi dei mezzi correnti di produzione, che sono cresciuti dell’1,7% nel primo trimestre e dello 0,8% nel secondo rispetto al trimestre precedente e, dopo oltre due anni di riduzioni tendenziali, anche su base annua da febbraio in poi. Gli aumenti dei costi correnti sono stati spinti dai prodotti energetici e dagli animali da allevamento, mentre i prezzi dei mangimi hanno avuto un recupero congiunturale, ma restano più bassi dei livelli dello scorso anno. 

 

La produzione industriale in aumento
Nel complesso, la produzione dell’industria alimentare, delle bevande e del tabacco tra gennaio e maggio è cresciuta dell’1% su base tendenziale (la variazione è calcolata sull’indice mensile corretto dagli effetti di calendario), a fronte dell’1,3% del totale delle attività manifatturiere. In particolare, l’attività industriale nel mese di gennaio 2017 ha registrato una forte contrazione, sia congiunturale dell’indice destagionalizzato sia tendenziale, mostrando poi una dinamica positiva nei mesi successivi. Rispetto all’anno precedente l’industria alimentare ha registrato qualche difficoltà anche nel mese di aprile, mentre a maggio si è registrato un livello dell’indice superiore di 4 punti.
La spesa alimentare cresce del 2,5% ma soprattutto per l’aumento dei prezzi
Passando alla domanda finale nazionale, la spesa delle famiglie per i prodotti alimentari – rilevata attraverso il monitoraggio Ismea-Nielsen – registra nel primo semestre 2017 un incremento del 2,5% rispetto allo stesso semestre 2016. Il segno positivo, seppure in molti casi legato più alla crescita dei prezzi che a quella dei volumi, è indice comunque di un lento e graduale processo di uscita dalla crisi. 
Dopo la lieve contrazione del 2016 (-0,6%), la ripresa della spesa per l’agroalimentare nel primo semestre 2017 è sostenuta non più solo dai prodotti confezionati (+3,2%), ma anche dai freschi (+1,1%). 
Gli scambi commerciali vicini ai 13 mld di euro (+5,3% rispetto al 2016)
Dopo il +4% registrato nel 2016, evidenzia AgrOsserva, nei primi quattro mesi dell’anno le esportazioni nazionali di prodotti agroalimentari hanno sfiorato la soglia dei 13 miliardi di euro, in aumento del 5,3% rispetto all’analogo periodo del 2016. La variazione è sintesi di un +5,5% delle esportazioni dell’industria alimentare (che rappresenta l’82% dell’export agroalimentare) e di un +4,6% dell’agricoltura. 
L’import agroalimentare ha evidenziato, nel medesimo riferimento temporale, un incremento tendenziale del 5,1%, dopo aver chiuso il 2016 sullo stesso livello dell’anno precedente. Questa situazione ha determinato una riduzione del deficit di 61 milioni di euro nel primo quadrimestre. 

La dinamica delle esportazioni risulta positiva per quasi tutti i comparti; da evidenziare in particolare il +11% per il comparto latte e derivati. Si discostano dall’andamento generale quelli relativi alle “foraggere” (-8%), agli “oli e grassi” (-5,6%) e alla “frutta fresca e trasformata” (-0,6%). Nel dettaglio, la dinamica negativa nel comparto degli oli e grassi deriva dalla voce degli “oli extravergini e vergini di oliva” che, rappresentando circa il 60% del valore complessivo all’export del comparto, hanno subito un significativo calo dei volumi esportati in ragione del crollo produttivo registrato in Italia lo scorso anno. Nel comparto frutticolo ha pesato la flessione di entrambi i segmenti, fresco e trasformato.

Guardando alla geografia delle esportazioni, i principali mercati di sbocco europei, che esprimono il 65% del valore complessivo dei prodotti agroalimentari esportati, nei primi quattro mesi del 2017 hanno evidenziato una crescita del 3,8%. La performance è positiva in Francia (+5,2%), Paesi Bassi (+3,8%), ma soprattutto Spagna (+12,1%); battuta d’arresto, invece, per i flussi diretti verso la Germania (-0,7%) dove hanno pesato le minori esportazioni di ortofrutta, oli e pasta. In flessione anche le esportazioni italiane di prodotti agroalimentari verso il Regno Unito (-0,5%). 

Più dinamiche le esportazioni dirette verso i paesi extra-UE, che nel periodo in esame sono cresciute dell’8,4% su base annua, con incrementi particolarmente consistenti per il Giappone (+35,1%), un mercato dal peso ancora relativo ma con dei margini di crescita esponenziali anche alla luce dell’accordo di massima di partenariato economico, teso a eliminare le barriere commerciali raggiunto a inizio luglio con l’UE. 

 

Diminuisce la fiducia delle imprese
Dopo il progressivo miglioramento del sentiment delle aziende agricole avvenuto nel corso del 2016, a partire dal secondo trimestre dell’anno scorso, il primo trimestre del 2017 si caratterizza per una nuova caduta della fiducia, proseguita anche nel secondo trimestre. Il peggioramento riguarda sia le percezioni sulla situazione corrente dell’azienda, fortemente in terreno negativo, sia le attese per l’evoluzione della situazione a 2-3 anni. 
Nel primo trimestre 2017, l’indice di clima di fiducia Ismea dell’agricoltura, pari a -3,3, è risultato in calo di 3,3 punti rispetto al trimestre precedente; tuttavia, va evidenziato il progresso su base tendenziale di 5,9 punti, derivante da un maggiore ottimismo degli operatori sia sugli affari correnti dell’azienda, sia su quelli futuri, rispetto al primo trimestre dello scorso anno quando l’indice era sceso quasi a -10. 
Sui giudizi espressi dagli operatori – con intensità diverse a seconda del comparto di appartenenza – ha pesato certamente l’andamento meteorologico anomalo dei primi sei mesi del 2017. Nel primo trimestre, infatti, il 30% degli operatori intervistati ha dichiarato di aver riscontrato problemi in modo rilevante o molto rilevante, riconducibili in primo luogo alle condizioni meteorologiche (64%), alla diminuzione dei prezzi agricoli (45%), all’incremento dei costi correnti (39%) e alla pressione concorrenziale estera (27%). Nel secondo quarto dell’anno, la quota di aziende in difficoltà sale al 40% e di queste la maggioranza indica come fattore di problematico quello relativo alle condizioni meteorologiche (71%).

 

 

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