Frenano nel terzo trimestre i listini dei cereali, della frutta, dei semi oleosi e del vino, ma l’inflazione nelle campagne non accenna ancora a rallentare. È quanto emerge dal Report AgriMercati pubblicato ieri dall’ISMEA.

Sul fronte dei costi, secondo le rilevazioni di Ismea, si colgono i primi segnali di un rallentamento della tendenza alla crescita, sulla scia della flessione dei listini energetici (-4,6% rispetto al secondo trimestre), per la prima volta dopo le fiammate degli scorsi mesi. L’incremento congiunturale dei prezzi dei mezzi correnti di produzione è stato infatti inferiore a quello dei trimestri precedenti.

L’inasprimento dei costi a carico delle aziende agricole rispetto allo scorso anno rimane però comunque rilevante (+27% per le produzioni vegetali e +26% per quelle zootecniche). In aumento soprattutto prodotti energetici (+67,2%), fertilizzanti (+41,6%) e mangimi (+35,9%).

Per quanto concerne, invece, le quotazioni dei prezzi agricoli all’origine, l’indice ISMEA indica un aumento su base congiunturale del 3,8%, a causa dei persistenti rincari degli ortaggi, colture industriali e prodotti zootecnici ma è il confronto su base annua a mettere in luce ancora di più la spinta inflattiva.

In 12 mesi i prezzi agricoli sono aumentati del 22%, sintesi di un +29% per il comparto zootecnico e del 16,2% di quello delle coltivazioni. L’aumento dei prezzi, tuttavia, non compensa completamente i maggiori costi dei produttori e l’ISMEA prevede una lieve diminuzione su base congiunturale del valore aggiunto agricolo, così come indicano le stime preliminari Istat sul Pil del terzo trimestre.

L’indice della produzione industriare del Food & Beverage ha segnato un calo congiunturale (-0,6%) ma i primi nove mesi del 2022 registrano una crescita del +3,3%, rispetto al l’1,2% del settore manifatturiero nel suo complesso.

Nel suo report Ismea ha poi analizzato il mercato delle principali filiere agroalimentari nel terzo trimestre del 2022.

Latte, calano le consegne e continua l’aumento dei prezzi

Non si arresta nel terzo trimestre la crescita dei listini, a causa della scarsa disponibilità di prodotti lattiero caseari. L’aumento dei costi e le difficoltà di approvvigionamento dei mangimi hanno indotto anche gli allevatori nazionali a frenare la produzione di latte. Le consegne di latte, dopo due anni di forti aumenti (+4,5% nel 2020 e +3,3% nel 2021), nei primi sette mesi del 2022 hanno registrato una battuta d’arresto (+0,1% tendenziale). La minore disponibilità di latte e il significativo incremento dei costi sia a livello nazionale che a livello di UE ha fatto aumentare anche i prezzi alla stalla, che entro fine anno potrebbero arrivare a 60 euro/100 litri.

Anche nel segmento del latte ovino nel terzo trimestre 2022 è proseguita la dinamica fortemente positiva per i prezzi del Pecorino Romano, arrivato a superare i 12 euro al chilo nel mese di set-tembre (+35% su base annua), anche come conseguenza di una minore produzione (-5% nell’an-nata casearia chiusa nel mese di luglio) e di una minore disponibilità di materia prima. Incremento dei costi e ridotta disponibilità di pascolo sono le principali difficoltà che stanno fronteggiando gli allevatori, mentre il prezzo alla stalla del latte ovino ha superato nel mese di settembre i 106 euro/100 litri (iva inclusa) in Sardegna, i 113 euro/100 litri in Toscana e i 117 euro/litro nel Lazio.

Stabili mais e orzo ma buone notizie per la soia

L’andamento di breve termine del mercato per la campagna 2022/23 dovrebbe configurarsi con il mantenimento dei prezzi di mais e orzo su livelli ancora sostenuti, mentre per la soia i fondamentali indicano un calo dei listini. Più in dettaglio, nel caso del mais, la contrazione dell’offerta e delle esportazioni degli USA (primo produttore e fornitore globale) potrebbe creare fenomeni tensivi, ancor più evidenti in considerazione della maggiore domanda che perverrà dall’UE che secondo le stime più recenti potrebbe perdere il 24% dei propri raccolti a causa delle elevate temperature e della siccità. Per la soia invece le indicazioni sono attualmente positive, sia in termini di raccolti che di export e scorte; è da attendersi quindi nei prossimi mesi un andamento ribassista delle quotazioni grazie soprattutto al contributo del Brasile (primo produttore ed esportatore) che andrebbe a controbilanciare abbondantemente il lieve calo dell’offerta stimata per gli USA.

Volumi d’offerta in calo e prezzo alle stelle per le carni bovine

I prezzi delle carni sono risultati in sensibile rialzo in tutte le fasi di scambio nel terzo trimestre per l’azione congiunta di una ripresa della domanda, spinta dalla ripartenza del turismo e quindi dell’Horeca, e dell’aumento dei costi di allevamento.

Nel settore delle carni bovine si sta assistendo a una limitazione dei volumi d’offerta, per il rallentamento delle attività di ingrasso e di macellazione necessario per far fronte al forte aumento dei prezzi delle materie prime destinate all’alimentazione del bestiame. I prezzi all’origine dei vitelloni hanno toccato a settembre il culmine, con incrementi su base annua superiori al 21%; notevole anche l’incremento del prezzo per le vacche (+28%) malgrado l’incremento di offerta nazionale dovuta alla maggior attività di riforma nelle stalle da latte. Per quanto riguarda gli ovicaprini, dopo il picco pasquale, il mercato degli agnelli si è normalizzato nel corso dei mesi estivi, ma con listini assestati su livelli ben più elevati rispetto allo scorso anno come conseguenza di una minore offerta (macellazioni -7,4% nel periodo gennaio-settembre 2022).

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