Sette anni dopo lo scoppio di una bolla creditizia globale che ha portato alla peggiore crisi finanziaria dai tempi della Grande Depressione, il debito continua a crescere. Invece di ridursi, l’indebitamento di tutte le principali economie ha livelli sempre più elevati rispetto al PIL, di quanto non fossero nel 2007.

Il debito globale in questi anni è infatti cresciuto di 57.000 miliardi dollari, portando il rapporto mondiale tra debito e PIL ad accrescersi di oltre 17 punti percentuale. Questo è il risultato della ricerca del McKinsey Global Institute che evidenzia nuovi rischi per la stabilità finanziaria e la crescita economica globale.

Il rapporto esamina l’evoluzione del debito tra 47 paesi: 22 avanzati e 25 in via di sviluppo e valuta le implicazioni di una maggiore leva nell’economia mondiale e nei settori e paesi specifici.

Si concentra sul debito complessivo dell'”economia reale”, considerando quindi quello pubblico, quello afferente alle imprese non finanziarie, oltre al debito delle famiglie. L’Istituto rileva un dato particolarmente preoccupante nell’evidenziare che i rapporti debito complessivo-PIL sono aumentati in tutte le 22 economie avanzate nel campione e in molti casi di oltre 50 punti percentuali.

Tre le aree di rischio emergente: l’enorme aumento del debito pubblico, che in alcuni paesi ha raggiunto livelli doppi rispetto al 2007, il continuo aumento dell’indebitamento delle famiglie, oltre alla quadruplicazione del debito della Cina, alimentato soprattutto dal mercato immobiliare.

Il debito pubblico è dunque insostenibilmente elevato in alcuni paesi. Dal 2007 è cresciuto di 25.000 miliardi dollari  a causa principalmente della crisi, della recessione e di una troppo debole ripresa, e continuerà ad aumentare in molti paesi per finanziare salvataggi e programmi di stimolo. L’indebitamento delle famiglie sta raggiungendo nuovi picchi soprattutto in quei paesi già in crisi prima del 2008 comprese alcune economie avanzate come l’Australia, il Canada, la Danimarca, la Svezia e Paesi Bassi, mentre è in netto calo in paesi come gli Stati Uniti che avevano dei livelli di indebitamento delle famiglie molto elevati rispetto alla media mondiale. Un caso a se è il debito totale della Cina che è quasi quadruplicato, passando da 7 mila miliardi di dollari prima del 2007 a 28.000 miliardi dollari del 2014 ma che risulta ancora gestibile se lo si relaziona al PIL del grande paese asiatico, infatti il debito complessivo appare al 282% del PIL

Non analizzando soltanto il debito pubblico ma ragionando in termini di debito complessivo, quindi della somma del debito dello Stato e di quello dei cittadini e delle imprese, l’Italia è più virtuosa (col 259% del PIL) di paesi come la Francia (280%), la Spagna (313%) e il Giappone (400%) ed è dodicesima in una ipotetica classifica dei peggiori. Il debito complessivo italiano in rapporto col PIL è così distribuito: 139% il debito pubblico, 77% quello delle imprese e 43% del PIL quello delle famiglie, con un aumento di 55 punti in sette anni in linea con gli aumenti delle principali economie globali e comunque quasi tutto riconducibile alla crescita del debito statale.  

Il problema, semmai, è che la crisi sta erodendo la ricchezza privata degli italiani. Questa, in fondo, è la vera minaccia di questi anni: che l’Italia non solo non tragga da questi motori la forza di ripartire, ma che addirittura finisca per spegnerli. I timidi segnali di ripresa di questi ultimi due mesi fanno però ben sperare.

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