Come vi sarà ormai noto, l’Osservatorio CNA sulla tassazione delle piccole imprese, ha prodotto un nuovo studio dal titolo: “Nuovi forfettari alla ricerca delle opportunità perdute”. Come è già chiaro dal titolo, il lavoro è volto ad effettuare della valutazioni di efficacia ed efficienza del nuovo regime fiscale destinato alle microattività economiche e professionali stabilito dalla legge di stabilità 2015. Ovviamente, trattandosi di un regime fiscale, le valutazioni sono state effettate focalizzando l’attenzione sui risvolti economici derivanti dall’accesso al regime. Risvolti economici inerenti per un verso dai risparmi di oneri burocratici e per altro verso dal differenziale di tassazione che emerge dall’accesso al nuovo regime fiscale.

E’ bene sottolineare che i confronti e le valutazioni di efficacia non sono poste in essere con il precedente regime dei minimi, ora abrogato, che prevedeva una tassazione sostituta del 5% per imprese ed autonomi con ricavi inferiori a 30 mila euro. Il confronto con il vecchio regime, per così dire, del 5%, a nostro avviso, non è possibile per due ordini di ragioni:

  • Il regime abrogato del 5% si applicava solamente per chi inizia l’attività e per soli 5 anni o al compimento del 35° anno di età, mentre il nuovo regime si applicati per tutti e per sempre;
  • Il vecchio regime del 5% non consentiva agli imprenditori o professionisti di decidere di ridurre volontariamente i contributi previdenziali dovuti, mentre il nuovo regime concede questa facoltà, tuttavia escludendo solo i professionisti.

Il confronto è stato, quindi, realizzato con riferimento alla tassazione ordinaria, ossia alla tassazione che le stesse imprese sarebbero costrette a subire decidendo di non entrare nel regime fiscale “di favore”.

Ebbene, dallo studio emerge che i risparmi di oneri amministrativi, nella generalità dei casi sono completamente annullati dai maggiori tributi dovuti. Addirittura in molti casi i maggiori tributi pagati sonno anche superiori ai risparmi degli oneri burocratici. In sostanza dal decreto emerge che la semplificazione deve  essere pagata attraverso il pagamento di maggiori tributi.

La possibilità di ridurre i contributi previdenziali concessa per chi entra nel nuovo regime dei minimi in questo ragionamento non può entrare. Infatti, in tal caso, l’incremento del reddito disponibile sarebbe compensato dalla decurtazione della pensione futura.

Si allega lo studio nella versione definitiva ed i principali articoli sui quotidiani economici sperando di farvi cosa gradita