Gli ultimi dodici mesi di crisi hanno spazzato via 25mila imprese artigiane.  Un nuovo, secco impoverimento per il Made in Italy. Il censimento realizzato da Movimprese riporta le lancette indietro di molti anni, a 1.382.773 imprese artigiane in attività, il livello più basso del nuovo millennio. A lanciare l’allarme è la Cna in un comunicato.

La riduzione rispetto al 2013 è stata dell’1,8%. Un calo particolarmente pesante soprattutto se comparato a quello dell’intero sistema produttivo che invece è stato praticamente nullo (-0,3%). La diminuzione ha interessato tutti i territori, ma è stata particolarmente forte nelle regioni del Mezzogiorno, accomunate al Piemonte (-2,5%) da variazioni negative superiori alla media nazionale. Le regioni nelle quali l’artigianato è stato falciato senza risparmio sono l’Abruzzo (-3,2%), il Molise (-3,3%), la Basilicata (-3,0%), la Sicilia (-2,8%) e la Sardegna (-2,8%).

La decimazione si è accanita principalmente  su tre settori: le costruzioni, che con una diminuzione di 15.646 imprese (-2,8%) sono il comparto in cui l’artigianato continua a pagare il prezzo più alto alla crisi; la manifattura (-6.708 imprese pari al -2%) e i trasporti (-2.830 imprese pari al  -3%).

Sono cifre che debbono far riflettere tutti – conclude la nota della Cna – dopo otto anni di crisi la fiducia delle imprese e delle famiglie, secondo i più grandi e recenti indicatori, appare in crescita. Per fortuna. Un <clima>positivo può aiutare molto la ripartenza dell’economia e delle imprese. E’ altrettanto evidente, però, che, senza rapidi e incisivi interventi  di riforma su fisco, credito e burocrazia, progettati e tagliati su misura per le piccole imprese, rischiamo un altro anno durissimo.