Tra gennaio e dicembre le Marche hanno perso 1.763 imprese attive, 703 delle quali artigiane.  Il conto più pesante lo hanno pagato le imprese del commercio (-861 imprese), del settore primario (agricoltura pesca ed estrazioni: -508 imprese), delle manifatture (-403), dell’edilizia (-288). Ma sono cresciute di numero le imprese del terziario, sia quelle dei servizi più avanzati e legati al turismo e all’intrattenimento, sia quelli più tradizionali a famiglie e persone. I dati Movimprese elaborati dal Centro Studi CNA.

Marche, nel 2018 forte calo del tessuto di imprese del commercio, dell’agricoltura e delle manifatture. Crescono invece di numero  le imprese dei servizi e l’economia della regione si rinnova.

Si rafforzano le attività legate ai servizi più avanzati quali le attività professionali e di consulenza (+95 imprese), le attività immobiliari (+78), quelle per servizi alle imprese ( +73 imprese), le attività artistiche e sportive (+27), i servizi della sanità e altri servizi sociali (+16 ), i servizi di informazione e comunicazione (+20 imprese). Cresce ancora il numero delle imprese dei servizi di alloggio e ristorazione (+26).

Cambia ancora l’economia delle Marche che tende ad allinearsi alle economie più evolute del Paese, dove il numero di imprese attive in agricoltura, manifatture e costruzioni diminuisce a favore di quello dei servizi, non di tutti i servizi (il commercio perde quasi 900 imprese) ma quelli più avanzati, come anche quelli legati all’intrattenimento e al turismo o destinati alle famiglie e alle persone.

Secondo le elaborazioni condotte dal centro studi CNA Marche sulla base diei dati Unioncamere – Movimprese, la componente artigiana cala ancora di peso sul totale perché perde imprese ad un ritmo (-1,5% ) leggermente superiore a quello del complesso delle imprese (-1,2%). Ma non costituisce più il grosso delle perdite di imprese attive: l’artigianato perde infatti nel corso del 2018 qualcosa come 703 imprese attive, cioè il 40% delle perdite complessive in termini di imprese attive (pari a -1.763). Nel corso dell’anno prima, il 2017, le perdite tra le imprese artigiane attive erano state inferiori (-562) ma erano andate in controtendenza al resto delle imprese attive, che invece erano cresciute di numero (+306 unità). Dunque, secondo la CNA Marche, non è più l’artigianato la pietra al collo dell’evoluzione numerica del tessuto regionale di imprese”. E anche questa è una novità interessante rispetto agli anni precedenti, quando invece era l’artigianato che subiva i maggiori effetti della selezione tra le imprese. Questa connotazione, dell’artigianato come componente che si ridimensiona assai più rapidamente del settore a cui appartiene, rimane vera per le costruzioni, dove le perdite di imprese attive sono tutte da imputare all’artigianato (al netto delle imprese artigiane il settore vedrebbe accrescersi il numero di imprese di una unità) e per i trasporti, dove le imprese non artigiane crescono di 11 unità). 

Nelle Marche non tutti i territori perdono imprese: fa eccezione la provincia di Ascoli Piceno il cui tessuto di imprese attive cresce di 88 imprese (+0,4%) in controtendenza con le dinamiche delle altre province, in particolare di quella fermana (-2,3%).

Le Marche risultano, tra le regioni a maggior peso di micro e piccole imprese, quella dove le perdite di imprese attive sono maggiori in termini relativi. Mentre Emilia Romagna, Veneto, Toscana e Umbria limitano le perdite, l’Abruzzo al contrario registra una crescita, seppur leggera, delle proprie imprese attive. E il dato italiano complessivo registra una tenuta del numero di imprese rispetto alla quale lo stillicidio delle nostre imprese risalta ancora di più.   

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