L’artigiano delle protesi “da campioni”. A partire da Bebe
Bebe, raggiante, che stringe tra i denti la medaglia d’oro appena conquistata agli ultimi Giochi Parolimpici di Rio de Janeiro nella prova di fioretto individuale. C’è tutta una storia di sofferenze, sacrifici, tenacia, talento e gioia in quell’immagine emblematica che, con il selfie con Barack Obama, ha fatto il giro del mondo.
Una storia che Paolo Landini, 62 anni, conosce bene. Perché dal 1993 è uno dei soci/artigiani di Arte Ortopedica impresa dell’importante distretto biomedicale di Budrio, e Beatrice Vio, nel 2010, insieme al padre, si è rivolta alla loro struttura. “Beatrice è una persona straordinaria. E il sogno che ha coronato, il risultato fantastico che ha conseguito, sono il giusto frutto della sua determinazione” dice Paolo. Bebe si è rivolta all’impresa di Paolo tre anni dopo aver subito l’amputazione degli arti a seguito di una terribile meningite. Il suo corpo da tredicenne era in piena crescita e le protesi che aveva al tempo, necessitavano di aggiustamenti per consentirle di svolgere al meglio l’attività agonistica. E’ stato l’inizio di un percorso, che prosegue anche oggi, Bebe e Paolo insieme studiano ed elaborano le nuova e avanzate protesi da scherma per il braccio che usa per ‘tirare’. “E’ il nostro contributo al suo successo” – afferma Paolo.
Una struttura ampia, 1.500 mq, con attrezzature e laboratori all’avanguardia, un’impresa di cui andare fiero e che risolve i problemi di circa settecento persone all’anno, con età che variano dagli 8 mesi ai 90 anni, e dona loro speranza di una vita migliore, di ritrovare se stessi. Ciascuno ha una storia diversa, che va conosciuta, si comincia con un colloquio ci spiega Paolo, cosa è successo, cosa sente la persona, e, ovviamente, cosa è scritto nella sua cartella medica. “E’ insieme a loro che elaboriamo il progetto e realizziamo le protesi”.
Nessuna storia è uguale all’altra anche se trattano della stessa protesi, perché ad indossarla sono persone diverse, con bisogni e voglie diverse. In genere, Paolo e i suoi, in un giusto tempo riescono a donare alle persone, ove possibile, l’autosufficienza e la possibilità di vivere in maniera più che dignitosa. Il tempo evolve i materiali e le tecnologie che consentono di fare oggi cose impensabili solo dieci anni fa, ma è la componente psicologica l’elemento più importante: “il far comprendere alle persone che le protesi non fanno i miracoli e che la qualità della vita migliora grazie ad un corretto e graduale percorso, sforzi, tenacia e convinzione nei propri mezzi”.