I professionisti che svolgono la propria attività in forma associata sono tenuti a pagare l’IRAP. È quanto emerge dalla sentenza 14 aprile 2016, n. 7371, resa dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite. Secondo i giudici della Suprema Corte, infatti, l’esercizio in forma associata di un’attività professionale costituisce di per sé presupposto dell’imposta regionale sulle attività produttive, a prescindere dal requisito dell’autonoma organizzazione, la cui sussistenza, quindi, non dovrà essere dimostrata in quanto insita nella forma associativa con cui viene svolta l’attività professionale.

La posizione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, conseguentemente, conferma che la dimostrazione dell’assenza di un’autonoma organizzazione è, al contrario, concessa ad imprese individuali e professionisti. Il passo successivo, richiesto a gran voce dalla Confederazione e che auspichiamo venga compiuto in tempi brevi, è quello di individuare attraverso parametri oggettivi le condizioni che valgono ad escludere la presenza di una autonoma organizzazione, al fine dare ai di contribuenti maggiori certezze sulla debenza o meno del tributo.

Il caso rimesso dall’Agenzia delle entrate al giudizio della Suprema Corte riguarda uno studio professionale, esercitato in forma di società semplice, esercente attività di amministrazione di condominio, a cui la Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna aveva riconosciuto il rimborso dell’IRAP versata per diverse annualità, poiché era stata provata e documentata nel ricorso introduttivo, lo svolgimento dell’attività “senza l’ausilio di personale dipendente e/o di ingenti cespiti“, vale a dire, senza autonoma organizzazione.

La questione è stata sottoposta al giudizio delle Sezioni Unite a causa delle diverse interpretazioni scaturite da varie pronunce dei giudici di legittimità. In particolare, secondo alcuni, per quanto l’esercizio di un’attività professionale in forma associata possa far presumere l’esistenza di un’autonoma organizzazione, è, tuttavia, riconosciuta la possibilità di dimostrare che il valore aggiunto è derivato dal solo lavoro personale dei singoli associati.

Dello stesso avviso non è la Suprema Corte che, con la sentenza in oggetto, chiarisce che il requisito della autonoma organizzazione dell’attività non è richiesto in relazione all’attività delle società e degli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato, in quanto l’attività esercitata da tali soggetti, a mente dell’art. 2, comma 1, secondo periodo del D.Lgs 446/1997 (istitutivo dell’IRAP), costituisce in ogni caso presupposto dell’imposta. Inoltre, il successivo art. 3 del medesimo decreto legislativo, annovera espressamente tra i soggetti passivi dell’imposta le società semplici esercenti arti e professioni e quelle ad esse equiparate, vale a dire, le associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni, (studi associati).

Ne consegue che, con riferimento a questi soggetti, la natura giuridica prescelta costituisce ex lege presupposto d’imposta, dovendosi perciò escludere la necessità di accertare, caso per caso, la sussistenza di un’autonoma organizzazione.

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