DOVE VA IL LAVORO: le lunghe derive degli ultimi vent’anni

Veniamo da tre anni d’eccezione, molto difficili da interpretare. Sappiamo che il nostro Paese ha reagito bene alla sospensione dettata dalla pandemia: la ripartenza è stata forte e il Pil e l’occupazione si collocano oggi a livelli più elevati rispetto 2019. Sappiamo anche che così non era stato dopo la grande recessione iniziata nel 2008. In tema di lavoro, però, è necessario analizzare i dati attuali (tendenzialmente positivi) guardando anche al passato. Oggi l’attenzione è schiacciata sul presente e tende ad appuntarsi sull’ultimo dato disponibile. Questo però può alimentare il rischio di perdere di vista i macro-trend, e conseguentemente di concentrarsi sulle “increspature” di breve periodo piuttosto che sulle “onde lunghe” sulle quali il Paese si muove. Oggi prevale un certo ottimismo perché è stato raggiunto il picco di 23,3 milioni di occupati, perché il tasso di occupazione ha toccato un valore di 60,5%, perché – forse per la prima volta – l’offerta di lavoro per alcune specifiche professioni sembra aver recuperato quote di “potere” sulla domanda. Però non si può sottacere che i 23 milioni erano già stati superati prima della pandemia e che si è ridotta numericamente la classe d’età 15-65, ossia quella che si utilizza per calcolare il tasso di occupazione. Un tasso che, è bene non dimenticarlo, continua a collocare l’Italia saldamente all’ultimo posto in Europa, molto distante dalla media UE (70%) e dai grandi Paesi con cui ha senso effettuare confronti (Germania 77,6%, Francia 68,0%, Spagna, 64,8%). Allo stesso modo non si può sottacere la questione salariale, strettamente connessa a quella della perdurante bassa produttività. Infine, non possiamo non considerare l’inflazione a due cifre, che erode il potere d’acquisto di tutti noi, ma che colpisce in particolare coloro che traggono sostentamento da un reddito fisso di livello basso o medio-basso.

I dati riportati nei paragrafi che seguono consentono di adottare una logica di “lunga deriva” per esaminare alcuni dei fenomeni su cui oggi ci si interroga:

1) la tendenza all’invecchiamento del nostro “parco lavoratori” e la penuria di occupati giovani;

2) il peso crescente del lavoro “instabile”;

3) il mismatch tra domanda e offerta e l’aumento delle dimissioni volontarie

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