La Strategia Energetica Nazionale 2017 ufficialmente presentata dai Ministri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente la scorsa settimana, continua a non convincere completamente per la sua visione generale che stenta a distaccarsi dal modello di economia tradizionale, pur avendo optato per la scelta coraggiosa dell’uscita anticipata dal carbone. Tale visione privilegia la realtà delle grandi imprese industriali, ignorando quasi del tutto il mondo diffuso, innovativo e dinamico delle PMI, di cui si ignora volutamente il ruolo potenziale per l’affermazione “di sistema” del cambiamento di paradigma energetico all’interno del tessuto economico e sociale del paese.

CNA plaude alla scelta di anticipare al 2025 il phase out dal carbone, scelta che sottende un maggiore rafforzamento della produzione di energia rinnovabile e nell’efficienza energetica; tuttavia mantiene forti perplessità circa gli obiettivi settoriali definiti e le modalità previste per realizzare la decarbonizzazione, primo fra tutti il ricorso al gas quale risorsa di transizione. Una decisione che implica a nostro avviso diverse criticità, a partire da una certa disattenzione agli impatti emissivi che l’uso del gas comporterà per il sistema; inoltre la previsione del gas come fonte principale per la transizione richiede necessariamente investimenti consistenti in questo settore che, a tendere, dovrebbe ridursi in favore di un modello maggiormente incentrato su rinnovabili ed efficienza energetica.

Le scelte operate, infatti, pur avendo come necessario punto di partenza i principi definiti nell’Accordo sul clima sottoscritto a Parigi nel 2015, non ne colgono appieno gli obiettivi, prevedendo interventi a nostro avviso limitati e non in grado di stimolate il grande potenziale di sviluppo ancora insito nelle rinnovabili e nell’efficienza energetica. Due ambiti che, al contrario, dovrebbero trainare la fase di transizione.

Sotto il profilo degli obiettivi, giudichiamo timidi gli interventi di innalzamento, in particolare per le rinnovabili (28%), nonostante il processo di consultazione pubblica abbia evidenziato la necessità di scelte più coraggiose.

Riteniamo che il settore possa ancora dare un importante contributo alla crescita, sia in termini di sostenibilità ambientale che economica, purché adeguatamente sostenuto. Ciò potrebbe verificarsi, a nostro avviso, attraverso un sistema di incentivazione più razionale, organico e neutrale rispetto alle diverse tecnologie impiegate ed il cui finanziamento non gravi sulla collettività. Un riordino che stimolerebbe più efficacemente gli investimenti, favorendo al contempo l’affermazione di quella filiera nazionale di cui la stessa SEN ha riconosciuto l’assenza. Le fonti rinnovabili, infatti, sono a nostro avviso ancora lontane dal raggiungimento della market parity, in particolare per gli impianti di più piccola dimensione, sebbene i costi di generazione abbiano subito un calo nel corso degli ultimi anni; pertanto hanno ancora bisogno di politiche e strumenti incentivanti.

Se si considerano gli obiettivi settoriali (55% per le FER elettriche, 30% per le FER Termiche e 21% per le FER trasporti), ciò è ancor più evidente ad esempio in relazione ai trasporti, tuttora responsabili del maggior livello di emissioni. Si tratta del settore per cui la SEN prevede l’obiettivo importante del 21% al 2030, a fronte di un punto di partenza che vede l’attuale penetrazione delle rinnovabili al 6%; tale impegno non potrà essere affrontato senza la previsione di strumenti di sostegno specifici e tali da modernizzare un settore significativo per la competitività del paese.

Inoltre, ci duole constatare che le politiche per l’efficientamento del trasporto previste dalla SEN non si concentrino particolarmente sulle possibilità insite nello sviluppo della mobilità elettrica all’interno del nostro paese se non come evento che si produrrà entro il 2030 più per assorbimento di tendenze in corso a livello globale, piuttosto che come conseguenza di strategie di implementazione programmate a livello nazionale. Registriamo di nuovo l’assenza di pianificazione, sia per quanto riguarda la sostituzione del parco veicoli che per quanto attiene alla predisposizione di infrastrutture adeguate allo sviluppo della mobilità elettrica. Pur condividendo le intenzioni della SEN circa il potenziamento del trasporto pubblico locale ed il sostegno alla sharing mobility, crediamo che la mobilità elettrica, se opportunamente guidata, possa rappresentare un’occasione importante per l’abbattimento delle emissioni nel settore, sia nei trasporti privati che in quelli commerciali.

Riteniamo inoltre che la SEN abbia mancato l’occasione di rivedere le modalità di finanziamento degli incentivi alle rinnovabili attraverso la riforma equa ed equilibrata della struttura degli oneri generali di sistema che presiedono alla bolletta energetica. L’opportunità della riforma risiede nella necessità di alleggerire in particolare il peso della componente A3, arrivato a contare circa 16 miliardi gravanti in massima parte sulle micro e piccole imprese, a fronte di consumi assai più contenuti rispetto a quelli delle imprese energy intensive.

Le PMI continueranno a subire gli alti costi dell’energia; né la riforma degli oneri generali di sistema né quella dei c.d. “energivori”, già presenti all’interno della Legge Europea 2018 approvata qualche tempo fa dal Parlamento in attuazione di quanto nel frattempo previsto dalla SEN, sono orientate ad una redistribuzione del peso della contribuzione sulla base dei consumi effettivi di energia, privilegiando piuttosto l’impresa industriale in spregio al principio del “chi inquina paga”.

Inoltre, in piena contraddizione con gli obiettivi della SEN, la riforma degli oneri generali di sistema rischia di penalizzare fortemente la spinta all’autoconsumo/autoproduzione, proprio per la prevista applicazione – seppur in maniera attenuata, dopo la modifica introdotta in merito dalla Legge Europea 2018 – di criteri che prediligono le componenti tariffarie fisse rispetto a quelle variabili, sacrificando i benefici connessi all’immissione della sola energia non necessaria al fabbisogno dell’autoproduttore.

Sotto il profilo dell’efficienza energetica, accogliamo positivamente l’intento di rafforzarne il ruolo; lamentiamo tuttavia il fatto che gli interventi previsti siano declinati a livello generale, senza l’individuazione di programmi di medio-lungo periodo con obiettivi e step intermedi verificabili.

L’efficientamento del parco immobiliare privato, inoltre, avrebbe dovuto a nostro avviso comportare il rafforzamento dell’ecobonus quale strumento principale per favorire interventi ed investimenti; tuttavia, siamo ancora ben lontani dalla sua stabilizzazione – chiesta con forza dalla gran parte dei soggetti che hanno partecipato alla consultazione – e assistiamo anzi in questi giorni ad un primo tentativo di ridimensionamento dello strumento, con l’abbassamento della soglia di detrazione per alcune tipologie più frequenti di interventi (sostituzione di infissi e di caldaie a condensazione), proprio in attuazione di quanto previsto dalla SEN. Ciò in barba ai risultati importanti che sono stati raggiunti nel corso degli anni e che hanno contribuito a ridurre il livello di intensità energetica del paese. Riteniamo necessario pertanto che il Governo mantenga l’ecobonus al centro delle politiche di efficienza energetica, privilegiandolo per la sua accessibilità e facilità di fruizione.

Ci sembra altrettanto improvvida la marcia indietro circa la necessità di implementare le verifiche ed i controlli sugli impianti di riscaldamento e di raffrescamento, al fine di tenere costantemente sotto controllo l’efficienza di caldaie e condizionatori, oltre che il livello emissivo e la salubrità dell’aria. Tali interventi, infatti, avrebbero contribuito in maniera significativa al monitoraggio della vetustà degli impianti e della loro sostenibilità ambientale ed energetica, favorendo al contempo la possibilità di sostituire quelli più datati e non più efficienti con altri di ultima generazione ed eco-sostenibili.

CNA condivide invece la decisione di non adottare un regime obbligatorio di efficienza energetica anche per i venditori di energia. Già in fase di consultazione avevamo segnalato il rischio, insito in tale possibilità, che le imprese verticalmente integrate operanti sia come distributori che come venditori di energia potessero approfittare anche di questa possibilità per estendere il proprio margine di azione nell’ambito dei servizi post-contatore (servizi diversi dalla fornitura di energia), da sempre conteso alle piccole e medie imprese di installazione grazie ai vantaggi competitivi che le imprese verticalmente integrate hanno a disposizione proprio per la duplice natura che le caratterizza.

Per quanto riguarda l’obiettivo di maggiore competitività dei mercati dell’energia – rispetto a cui abbiamo già segnalato la criticità connessa al rallentamento del sostegno all’autoproduzione – le ipotesi di maggiore integrazione in rete della generazione distribuita ed un ruolo rinnovato della trasmissione e della distribuzione consentiranno, in prospettiva, di gestire in modo flessibile le diverse esigenze dei consumatori. Tuttavia si tratta di obiettivi ancora in fieri; al momento, ciò che è certo è l’avvio della definitiva liberalizzazione del mercato retail dell’energia, a seguito del quale circa venti milioni di utenti dovranno trovare collocazione nel mercato libero. In tal senso, auspichiamo che l’apertura del mercato avvenga garantendo la massima trasparenza e concorrenza tra gli operatori, per tutelare il diritto di scelta del consumatore, non solo in relazione alla vendita dell’energia.

In questa prospettiva, CNA accoglie con favore l’intenzione manifestata dalla SEN di rafforzare le regole di unbundling, suggerendo al contempo di implementare anche la vigilanza circa la loro effettiva applicazione. Ciò emerge con maggior evidenza se si considera l’attenzione che la SEN ha dedicato agli strumenti di misurazione intelligenti e di monitoraggio dei consumi; strumenti necessari alla migliore capacitazione del cliente finale circa le proprie caratteristiche di consumo e le possibilità di efficientamento energetico, ma attraverso i quali possono passare attività distorsive del mercato dei servizi energetici che minano la possibilità di scelta del consumatore e rischiano di compromettere la qualità del servizio erogato.

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