Senza grandi riforme la Sardegna condannata a un lento declino

Servono grandi riforme o la Sardegna è condannata a un lento ma inesorabile declino. E’ l’allarme lanciato dalla CNA Sardegna che ha realizzato una ricerca dal titolo “La competitività della Sardegna alle soglie del terzo decennio del millennio: economia, innovazione, welfare, infrastrutture, turismo”. Il report compara le performance dell’isola rispetto alle altre regioni competitor nel bacino Mediterraneo. Il quadro che emerge sollecita l’adozione di una serie di misure. L’87% delle regioni d’Europa è più competitiva della Sardegna; 243 regioni fanno meglio dell’Isola in termini di performance per quanto riguarda sviluppo economico, innovazione, welfare, infrastrutture e turismo
L’Isola appare in difficoltà anche nel confronto con i suoi competitor nel Mediterraneo: preceduta dalle isole Baleari, Malta, Cipro, Corsica, Croazia, Adriatica, Algarve e Creta.
La Sardegna cresce meno dei suoi competitor nel Mediterraneo e della maggior parte delle altre regioni europee registrando un preoccupante gap nella capacità di innovare il proprio sistema economico e i propri livelli di produttività.

“A trent’anni dall’avvio del primo ‘Quadro comunitario di sostegno’ (1989) – dichiarano Pierpaolo Piras e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale CNA – la Sardegna arretra e viene superata da sistemi territoriali un tempo molto indietro nella scala dello sviluppo. Senza una forte discontinuità con quanto fin qui realizzato negli ultimi vent’anni, la Sardegna è destinata ad un lento declino”.
Secondo CNA Sardegna serve “un accordo bipartisan tra le forze politiche per impostare un lavoro condiviso sulle grandi riforme, capaci di rimettere in moto dinamiche nuove in grado di scuotere l’assetto conservativo su cui si è adagiata la società sarda”.
Le scelte da compiere su ambiti strategici, come lo sono il confronto con lo Stato su entrate, insularità, energia, infrastrutture, la riforma della Regione e l’efficientamento della Pubblica amministrazione, il riordino amministrativo-istituzionale (Regione, Autonomie locali, Enti intermedi), un modello sanitario che coniughi controllo della spesa con la qualità dell’offerta, una legge che regoli il governo del territorio e infine l’esigenza di ripensare in forme più funzionali ed efficaci l’intera architettura che governa l’utilizzo e la spesa delle risorse europee, richiedono una visione di lungo periodo. E realizzare un processo di condivisione delle forze politiche da ‘spirito costituente’ che sottragga questi temi dalla ricerca del facile consenso che, come osserviamo da tempo, a fasi alterne premia soggetti diversi ma lascia sul campo irrisolti i problemi”.

La ricerca evidenzia un forte collegamento tra competitività, innovazione, crescita e sviluppo economico e livello di istruzione. In Sardegna soltanto il 14,5% dei residenti tra 25 e 64 anni risulta in possesso di un titolo di studio universitario, dato che colloca la regione tra le dieci peggiori e paragonabile alle medie delle realtà più arretrate dell’Est Europeo. La scarsissima propensione all’innovazione viene amplificata da una spesa in ricerca e sviluppo ampiamente al disotto dei già bassi standard nazionali, da livelli di disoccupazione giovanile superiori rispetto alla stragrande maggioranza delle regioni europee che penalizzano la parte più dinamica e creativa della società sarda, da una bassissima produzione di brevetti e da una scarsa percentuale di occupati in aziende ad alto contenuto tecnologico, elementi che dimostrano come il sistema regionale si trovi oggi ad affrontare un gravissimo ritardo in tutti gli aspetti legati alle capacità di produrre e assorbire innovazione.