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Le polemiche intorno all’introduzione del green pass sono il segnale che insieme alla variante Delta si sta diffondendo il pericoloso virus dell’intolleranza. Un ostacolo insidioso che rischia di complicare la costruzione della risposta alla pandemia. E’ quanto scrive in un editoriale sul quotidiano Il Foglio Sergio Silvestrini, Segretario Generale della CNA, osservando che “il virus dell’intolleranza non fa distinzioni e alimenta due distinte fazioni”. Karl Popper disse che “dovremmo rivendicare, nel nome della tolleranza, il diritto a non tollerare gli intolleranti” e liquidare così la questione. “Ma dall’autore della società aperta dovremmo recuperare un prezioso insegnamento: adottare la coerenza e il metodo scientifico verso gli argomenti e non verso le parole. Calarlo nella lotta alla pandemia significa mantenere il timone sulla rotta per tutelare la salute delle persone e salvaguardare le attività produttive e la vita sociale. Alla CNA siamo convinti sulla necessità di compiere ogni sforzo per scongiurare che una nuova ondata di contagi obblighi il Paese a rivivere devastanti chiusure, sotto il profilo economico, sociale e psicologico”.

Il green pass introduce la distinzione, che tuttavia non è sinonimo di discriminazione, i costi della libertà di scelta non sono più uguali per tutti. In questa nuova fase contemperare diritti e libertà individuali con quelli collettivi (la libertà di ciascuno finisce dove inizia quella degli altri) diventa un esercizio più delicato ma l’innalzamento delle difficoltà deve rappresentare uno stimolo a costruire strumenti e soluzioni coerenti con l’obiettivo principale di debellare il virus.

Il green pass offre un duplice vantaggio: ridurre in modo consistente il rischio di contagio nei luoghi a maggiore densità di persone e a più lunga permanenza, e la possibilità di allentare se non eliminare le misure restrittive che ancora penalizzano un lungo elenco di attività e luoghi (stadi, teatri, cinema, palestre, trasporti collettivi). Un altro beneficio dell’autorizzazione verde è che rappresenta un forte incentivo a vaccinarsi evitando di arrivare all’obbligo universale.

I benefici tuttavia necessitano di alcune condizioni, a partire da un contesto in cui il green pass non sia percepito come uno strumento punitivo nei confronti di coloro che, in modo legittimo, non intendono vaccinarsi. Non deve essere una creatura misteriosa, un ibrido poco comprensibile tra obbligo e raccomandazione. Occorrono chiarezza e coerenza sui criteri, sull’ampiezza del perimetro di applicazione, limitare al massimo gli oneri e le responsabilità a carico degli operatori economici che non possono essere chiamati a garantire funzioni che appartengono alla sfera del servizio pubblico.

Sarebbe utile nell’interesse del Paese, replicare l’esperienza dei protocolli per la sicurezza nei luoghi di lavoro con un tavolo di confronto dove individuare le modalità più efficaci con il pragmatismo degli argomenti, tenendo fuori l’ideologia delle parole.  Invece sembra prevalere il desiderio della prova muscolare da parte di minoranze chiassose.

Clicca qui per leggere l’articolo de Il Foglio del 31 luglio.

Qui è possibile leggere l’articolo de Il Foglio del 2 agosto.