Silvestrini su Il Foglio: “Il Recovery Fund non basta più (forse)”

L’impatto durissimo sul sistema economico e sociale e sulla tenuta psicologica delle persone derivato dalla pandemia dovrebbe orientare analisi e scelte politiche volte a superare una crisi che non ha precedenti nel mondo moderno.  Un approccio che vale per l’Italia ma anche per le istituzioni europee. E’ quanto scrive Sergio Silvestrini, Segretario Generale della CNA, in un intervento pubblicato su Il Foglio evidenziando che “dobbiamo abbandonare l’idea della politica del piccolo cabotaggio, della sequenza di provvedimenti che rincorrono gli effetti del virus, sia sul piano delle misure di contenimento e sia su quello del sostegno ai redditi”.

Il deterioramento della congiuntura è un dato di fatto, l’interrogativo riguarda soltanto l’ampiezza del rallentamento del ciclo economico nell’ultimo trimestre dell’anno che incide in modo rilevante sulla dinamica del Pil nella prima parte del 2021 e di conseguenza sull’entità delle risorse pubbliche che saranno necessarie per sostenere l’economia.

Alla fine di maggio scorso la Commissione Europea elaborò la proposta che poi è diventata il Next generation EU stimando in 750 miliardi la dotazione di risorse finanziarie necessarie per riparare i giganteschi guasti provocati dalla diffusione del virus. Giustamente le risoluzioni di luglio del Consiglio europeo sono state accolte come il riscatto dell’Europa, finalmente uscita da un lungo letargo. Qualcuno ha accostato il Next Generation EU all’istituzione del debito federale proposto da Alexander Hamilton che segnò in modo irreversibile il percorso che culminò con la nascita degli Stati Uniti d’America. Ma il salto evolutivo dell’Unione Europea non è un risultato acquisito. Ancora deve essere completato il processo di approvazione delle risoluzioni del Consiglio Europeo mentre è altamente probabile che andrebbero potenziata la dotazione del bazooka comunitario e rivisti il perimetro e la redistribuzione. L’andamento della pandemia ci sta urlando che le risorse del Recovery Fund e l’architettura istituzionale europea non bastano per una risposta adeguata. Rischiamo di ripetere errori del passato recente (2008 e 2011), ignorando che viviamo un tempo con repentini cambiamenti e dobbiamo rivedere radicalmente i meccanismi di governance delle crisi. Ad esempio la possibilità per l’Europa di indebitarsi senza chiedere ogni volta il permesso al Consiglio, di avere risorse proprie magari attraverso la web tax. Ma oltre alle risorse è necessario che le istituzioni comunitarie abbiano un mandato chiaro e univoco sulle raccomandazioni agli Stati per la gestione delle emergenze continentali e globali.

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