Dalla “Fabbrica degli imprenditori”, ai componenti per i treni. L’impresa a “co-induzione familiare

Era il 1990 quando l’Italia ospitava i mondiali di calcio e le partite, per la prima volta al mondo, furono trasmesse in digitale grazie ad un progetto della RAI con una delle industrie più importanti del settore all’epoca: la Telettra.

Ponti e ripetitori radio, standard di compressione audio video, la prima tv digitale, una sorta di avanguardia tecnologica che aveva il suo braccio operativo a Rieti, si proprio il territorio laziale, insieme ad altri tre insediamenti in Italia, poteva essere considerato il centro delle telecomunicazioni. La Telettra, prima di esser venduta dalla Fiat ai francesi di Alcatel, è stata una fucina di alta tecnologica e fiore all’occhiello dell’Italia nel mondo e, come scritto da Enzo Pontarollo ne “La fabbrica degli imprenditori”, è stata una vera e propria fucina di imprenditori. Perché ben 83 ex-dipendenti di Telettra, hanno realizzato una propria attività d’impresa con un discreto successo.

Tra loro c’è Vincenzo Boncompagni, 74 anni e non vederli, per amore, dedizione, competenza! Imprenditore per passione e quel pizzico di “ambizione di fare qualcosa nella vita” senza la quale nessuna azienda sarebbe mai nata.

Una vita per l’elettronica, già a 12 anni, quando la tecnologia era solo una radio da riparare per hobby, poi l’Istituto Professionale e il militare. L’università resta un miraggio, per un giovane nato in una famiglia contadina, e le opportunità di lavoro si riducono a riparare radio e televisioni, ma improvvisamente lo scenario e la prospettiva cambiano quando a Rieti arriva appunto la Telettra, “una madre di formazione e indirizzo”, dice Vincenzo che viene assunto nel 1970 e lì lavora per 17 anni.

Collaudi, assistenza tecnica, qualità, produzione componenti magnetiche e avvolgenti, responsabile linee montaggio. “Un ingegnere autodidatta”, lo definisce sua figlia Claudia, che da lui ha ereditato la passione di una famiglia interamente coinvolta nell’impresa, la Tecmil.

Claudia impegnata nella produzione, l’altra figlia Laura in amministrazione, ma è la moglie di Vincenzo, Ivana, ad aver iniziato l’avventura imprenditoriale con una ditta individuale, la Elte, poi divenuta Tecmil che possiamo definire, considerando l’attività, un’impresa a “co-induzione familiare”. “Noi teniamo sempre a mente che – ci racconta Vincenzo – mia moglie per 20 anni ha aperto l’azienda ogni mattina ed è amata dai dipendenti”.

Quando Vincenzo lascia il suo impiego per dedicarsi all’impresa di famiglia, rivolge la sua attenzione alla costruzione e montaggio di cellulari civili, quelli che si istallavano nelle auto blu per intenderci, e le cose all’inizio vanno benissimo. Il distacco infatti è avvenuto in accordo con Telettra che fornisce loro molte commesse, alle quali si aggiungono quelle della Urmet sud e della Elmel, il settore militare di Finmeccanica.

Ma in agguato ci sono fenomeni che cambiano lo scenario: delocalizzazione, diffusione di nuove tecnologie e la riorganizzazione di Finmeccanica. In altre parole crollo delle commesse! “In quel momento di grande cambiamento ci siamo reinventati – ci dice Vincenzo – orientandoci nel settore ferroviario: in Italia AnsaldoBreda poi Itaci, in Francia Alstom”.

Per loro direttamente o per i fornitori di componenti, Tecmil fa trasformatori, induttanze, avvolti per compatibilità elettromagnetica, oltre che farli li progetta su linee guida. Perché l’impresa di Vincenzo e della sua famiglia è una delle poche, due o tre in Italia, omologate, cioè autorizzate a quelle produzioni dai potenziali committenti.

“E’ proprio questo – ci dice Vincenzo – che ci ha consentito di andare avanti. Certo di treni non se ne fanno tanti, non se ne fanno tutti i giorni, li fanno anche i giapponesi, ma noi siamo in quel circuito e i nostri prodotti sono apprezzati”.

Non è stato tutto rose e fiori per la Tecmil, perché in questi anni molte aziende hanno chiuso o sono fallite e rientrare di certi crediti non è stato affatto semplice, troppo spesso è stato impossibile.

“Noi abbiamo tenuto perché siamo piccoli e con una gestione oculata” e adesso se su un treno di quelli veloci come di quelli che portano a casa milioni di pendolari, possiamo perfino ricaricare il nostro cellulare in una presa è grazie anche al lavoro di Vincenzo che è riuscito a trasformare in tecnologia, decenni di esperienza.