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Tiene l’occupazione ma si addensano le nubi sui prossimi mesi

Tiene l’occupazione ma si addensano le nubi sui prossimi mesi

Occupazione stabile a settembre per le imprese artigiane, micro e piccole rispetto a un anno fa anche per effetto del blocco dei licenziamenti. In termini congiunturali invece il numero di occupati registra una contrazione dello 0,7% nei confronti di agosto, una dinamica legata alla chiusura della stagione estiva. E’ quanto emerge dall’Osservatorio lavoro CNA, curato dal Centro Studi della Confederazione che analizza mensilmente le tendenze dell’occupazione dal dicembre 2014. Con la ripresa dei contagi e le conseguenti misure di contenimento, tuttavia, cresce l’incertezza sulle prospettive dell’ultimo trimestre dell’anno.

Anche a settembre si conferma il trend dello stesso mese del 2019, le assunzioni e le cessazioni sono diminuite su base tendenziale e l’occupazione si è ridotta a causa della domanda di lavoro da parte delle imprese, in flessione rispetto a un anno fa.

Le assunzioni mostrano un calo del 15,8% rispetto al settembre 2019 mentre le cessazioni sono diminuite del 3,8% in termini tendenziali. Questa variazione, in linea con quelle osservate nel mese di settembre degli ultimi anni, interrompe una serie di cinque diminuzioni molto ampie determinate con ogni probabilità dagli ammortizzatori sociali.

In maniera simile a quanto osservato negli altri mesi della stagione estiva, l’esigenza delle micro e piccole imprese a gestire la manodopera in maniera flessibile si riflette in un aumento dell’occupazione inquadrata con tipologie contrattuali non permanenti. Rispetto a un anno fa, infatti, è aumentata l’occupazione a tempo di determinato e di apprendistato (rispettivamente +8,8% e +8,0%) nonché di lavoro intermittente (+2,9%).

In diminuzione invece le posizioni a tempo indeterminato (-5,5%) il cui calo nel mese di settembre è ormai una costante degli ultimi sei anni. Questa diminuzione si è riflessa, come in passato, in una erosione della quota di lavoratori a tempo indeterminato che in sei anni sono passati dall’85,4% al 55,6% del totale.

 

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