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CNA: “Le dimensioni aziendali? Oggi conta più essere connessi alla rete”

“Non sono importanti i settori di intervento, né la dimensione delle singole imprese per creare ricchezza e occupazione: ciò che conta maggiormente è essere connessi alla rete globale”.

È stato questo il leit motive che ieri a Terni, in un teatro Secci gremito come alla prima di uno spettacolo di prosa, è aleggiato negli interventi di tutti gli invitati all’evento sui temi dell’innovazione, organizzato da Cna Umbria e coordinato da Marco Brunacci. Aperti dai saluti dell’assessore comunale al Commercio, Daniela Tedeschi e da quelli di Eros Giombolini e Gianluca Bellavigna, rispettivamente past e attuale presidente territoriale della Cna a Terni nel processo che ha condotto alla regionalizzazione dell’associazione, i lavori sono entrati subito nel merito del tema della giornata.

“Per competere bisogna innovare, ne siamo fermamente convinti – ha affermato Renato Cesca, presidente di Cna Umbria -. E la crisi lo ha dimostrato ancora più chiaramente. Per questo sul territorio occorre attivare politiche industriali a sostegno dei progetti di sviluppo e innovazione che vengono dal sistema delle imprese, a prescindere dalla loro dimensione o dal settore di appartenenza: ciò che conta è che siano in grado di produrre ricchezza e nuova occupazione”.

Ne è convinto anche Andrea Di Benedetto, vice presidente nazionale della Cna con delega all’innovazione, fondatore e amministratore delegato di un’impresa digitale. “L’eterna discussione sulla necessità di aumentare la dimensione delle nostre imprese oggi è stata superata dai tempi. Non dico che non serva crescere, anzi, ma abbiamo visto che nemmeno le imprese più grandi sono state immuni dalla crisi. In realtà in questi anni la vera differenza la sta facendo la capacità, o meno, di essere connessi alle reti globali. Quindi dobbiamo puntare innanzitutto a rendere efficienti le imprese, e solo dopo a come farle crescere in un mercato globale che chiede prodotti sempre più personalizzati”.

Enzo Rullani, presidente del Centro Tedis della “Venice International Economy” e membro, tra gli altri, del comitato scientifico di Rete Imprese Italia, è ricorso a una metafora suggestiva per spiegare la sfida cui le imprese devono far fronte. “Bisognerà essere capaci di fare surfing sulle principali onde che stanno plasmando il mondo: l’automazione, la globalizzazione, la ripersonalizzazione dei prodotti, la capacità di essere connessi alle reti globali e il worldmaking, cioè la creazione di mondi quale nuovo orizzonte del marketing. Non possiamo pensare che la crisi sia stata una malattia dopo la quale tutto possa ritornare uguale a prima. Il mondo si è trasformato radicalmente: dobbiamo prenderne atto e reagire, sfruttando i migliori talenti”.

Anche Stefano Micelli, docente all’Università Ca’ Foscari di Venezia e autore di numerosi libri, tra i quali “Futuro artigiano”, ha puntato sulle capacità di connessione delle imprese. “Fondamentale, in questo senso, sarà l’apporto delle nuove generazioni. Bisogna puntare sulla scuola, sull’istruzione tecnica e professionale. Lo stiamo facendo? Non ne sono molto sicuro”. Per Micelli occorre puntare anche sul ritorno della manifattura negli spazi urbani, affinché “si contamini con altre attività, ricreative, culturali. Il C.A.O.S di Terni potrebbe essere un luogo ideale per un esperimento di questo tipo”.

La constatazione che nella crisi il settore o la dimensione d’impresa hanno avuto poco peso nel determinare il successo o meno delle singole attività imprenditoriali è tornata anche nell’intervento della presidente della Giunta regionale, Catiuscia Marini. “Sebbene l’area di Terni mantenga la sua specificità nei settori della metallurgia, della plastica e dell’energia, esiste anche una realtà fatta di imprese, spesso molto piccole, attive nei settori più tradizionali del made in Italy, che sta vincendo le sfide della globalizzazione. Come Regione quindi attiveremo strumenti differenziati per sostenere sia le une che le altre”.

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