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Definite le prove per i collaboratori restauratori che aspirano a diventare restauratori

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Modificate le caratteristiche della prova di selezione, la composizione della commissione di valutazione e introdotta la limitazione a due settori in cui i nuovi restauratori possono essere abilitati

La conferenza unificata ha approvato nella riunione del 13 febbraio, in allegato,  lo schema di decreto che reca la disciplina delle modalità per lo svolgimento della prova di idoneità, con valore di esame di Stato abilitante, finalizzata al conseguimento della qualifica di restauratore dei beni culturali. Nel nuovo testo sono stati recepiti gli emendamenti proposti dalla Regione Toscana e condivisi dal coordinamento delle Regioni.

La bozza dello schema di decreto è stata modificata secondo le indicazioni emerse nella riunione tecnica dello scorso 4 febbraio. La Commissione incaricata di approfondire i punti più delicati era intervenuta andando a modificare la parte relativa alle caratteristiche della prova di selezione, alla composizione della commissione di valutazione e alla limitazione a due settori in cui i nuovi restauratori possono essere abilitati.

IL REGOLAMENTO

Il regolamento in questione è quello previsto dal Codice dei Beni culturali (articolo 182, comma 1-quinques) che affida al Mibac, di concerto con il Miur, il compito di emanare un decreto (avrebbe dovuto farlo entro il 31 dicembre 2012), d’intesa con la Conferenza unificata, che disciplini le modalità di riconoscimento della professione di restauratore per quanti abbiano ottenuto la qualifica di ‘collaboratore restauratore di beni culturali’ in basi a requisiti maturati prima del 2012.

LA PROVA ABILITANTE

La prova teorica consisterà in un test articolato in sessanta quesiti a risposta multipla su materie specifiche e sulla legislazione dei beni culturali. La prova tecnico-pratica si articolerà in relazione ai 12 diversi ambiti di competenza e prevede la progettazione dettagliata, in materiali e metodi, di un intervento di restauro avente ad oggetto un manufatto, un complesso di manufatti o un bene architettonico decorato. La valutazione della progettazione come atto critico dovrà verificare la formazione e competenza interdisciplinare del restauratore.

La traccia per l’elaborato progettuale su un manufatto, un complesso di manufatti o un bene architettonico decorato da analizzare per lo svolgimento della prova tecnico-pratica è proposta dall’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro, dall’Opificio delle Pietre Dure e dall’Istituto Centrale per il Restauro e Conservazione del Patrimonio Archivistico e Librario. La prova teorica è proposta dalle Università, dalle Scuole di alta formazione del Ministero dei Beni culturali e dalle Accademie accreditate per la classe LMR/02.

In questi giorni abbiamo assistito ad una serie di articoli allarmati, di stampa e sul web, sul numero incredibile di possibili collaboratori restauratori che aspirano a diventare restauratori. Sarebbero circa 11.000, in realtà sono molti meno perchè al bando del 2014 che riguardava unicamente i tecnici del restauro, hanno partecipato molti restauratori , per il timore che il bando a loro riservato non avrebbe mai visto luce.

Molti luminari si dimenticano, che dietro questi numeri, ci sono persone in carne e ossa che hanno operato sui beni culturali e nessuno si è mai preoccupato del numero. Oggi che andiamo invece a certificare il possesso di un titolo per poter esercitare, ecco che nascono i timori e al libero mercato si preferisce il “mercato protetto quasi esclusivo”.

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