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Donne e ICT: la partecipazione delle imprenditrici nell’economia digitale è ancora in ritardo

Come se fossero inaffidabili. Semplicemente perché donne. Questa la sensazione, espressa da CNA, dopo aver analizzati i risultati di due tipi di indagini: “La partecipazione delle donne nell’economia digitale” e “Donne, imprenditoria e accesso al credito”.

La prima è stata svolta dalla Commissione europea. Il quadro di valutazione ha analizzato le prestazioni dei paesi dell’UE nei settori dell’uso di internet e delle competenze degli utenti di internet, nonché le competenze specialistiche e l’occupazione, sulla base di 13 indicatori. La partecipazione delle donne nel campo digitale è risultata in ritardo in diversi settori. Solo 1 su 6 specialisti in ICT e solo 1 su 3 laureati in STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) è donna. Il divario di genere è risultato palese in tutti i 13 indicatori a livello europeo, più ampio nell’area delle competenze specialistiche e dell’occupazione nelle ICT (76% per gli specialisti ICT e 47% per i laureati STEM). La differenza nella partecipazione digitale tra donne e uomini nella fascia d’età più giovane (da 16 a 24 anni) è minore in termini relativi (55% delle donne rispetto al 60% degli uomini).

“E’ una questione che probabilmente dipende da un mix di situazioni generazionali e strutturali”, dichiara Loredana Morici, imprenditrice jesina nel campo della comunicazione visiva e dirigente CNA.

“Da un lato – dice – i dati rispecchiano i nostri onnipresenti problemi di pari opportunità e conciliazione dei tempi di vita/lavoro. Un paese che non offre soluzioni e adeguati sistemi di sostegno welfare, avrà sempre questo gap. Non dimentichiamoci infatti che la donna ancora oggi è il pilastro su cui, nella maggior parte dei casi, poggia l’organizzazione familiare, proprio perché mancano decisive politiche di welfare e che esistono ancora alcuni preconcetti culturali su cosa sia più idoneo ad una donna. Dall’altro lato però, i normali processi di cambio ed innovazione generazionale, probabilmente faranno sì che, pur restando i problemi di cui sopra, parte del gap possa essere positivamente recuperato da nuove generazioni con meno preconcetti rispetto l’impiego femminile nei settori ICT e STEM”.

“E’ anche quindi una questione culturale – dice l’imprenditrice CNA – che sta molto lentamente cambiando. Chiaro però che per cambiare il futuro, la differenza sta nella risoluzione, o meno, dei più generali problemi di sostegno e sviluppo del lavoro femminile”.

Anche sul fronte credito, le cose non migliorano. Un sondaggio affidato da CNA a Swg a livello nazionale fa emergere con chiarezza che le imprenditrici donne,  nel 50% dei casi, sono trattate dalle banche peggio degli uomini, anche a parità di condizioni.

Pregiudizi, quelli verso le donne che fanno impresa, duri a morire. Sempre secondo il sondaggio CNA, alla morte del titolare di un’impresa di famiglia capita spesso che a succedere nella guida dell’azienda siano i figli maschi. Secondo il 39% del campione di cittadini intervistato da Swg per conto della CNA “questo avviene perché i figli maschi sono indirizzati fin da piccoli, a prendere in mano il futuro dell’azienda” e per il 23% “le donne sono ritenute meno imprenditrici rispetto agli uomini”.

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