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Fsba, un sistema di welfare alternativo. E indispensabile

Fsba, un sistema di welfare alternativo. E indispensabile

Fsba, un sistema di welfare alternativo. E indispensabile

Riforma degli ammortizzatori sociali e politiche attive sono stati i temi al centro del seminario organizzato dal dipartimento Relazioni sindacali CNA su “Salario e formazione continua, Bilateralità e welfare”. All’incontro hanno partecipato, tra gli altri, Gino Sabatini, vicepresidente nazionale CNA, Valter Recchia, direttore del Fondo di solidarietà bilaterale dell’artigianato (Fsba), Maurizio De Carli e Giuseppe Vivace, rispettivamente responsabile dipartimento Relazioni sindacali e direttore Fondazione Ecipa CNA. Le attività sono state accompagnate dagli interventi di docenti universitari esperti di politiche del lavoro e consiglieri del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.

Come introdotto da Sabatini, “la riforma in atto procede al riordino della normativa sugli ammortizzatori sociali alla luce del principio dell’universalismo differenziato, con cui viene fortemente estesa la platea dei destinatari del sostegno al reddito, ma viene anche riconosciuta la specificità dei vari settori produttivi”. Questa riforma – che si è resa necessaria anche alla luce dell’emergenza pandemica – valorizza l’esperienza di Fsba, “uno dei migliori strumenti di sostegno al reddito, che in questi difficili mesi di pandemia si è distinto per efficienza e reattività”, ha sottolineato Sabatini.

Dal canto suo, De Carli ha ricordato la specifica attenzione dedicata al tema degli ammortizzatori sociali e degli strumenti della bilateralità: “Fsba ha sempre garantito la protezione di tutti i lavoratori, a partire dagli apprendisti, e ha anticipato il legislatore prevedendo tutele per tutte le imprese, anche per quelle che hanno un solo dipendente. Oggi la bilateralità è pronta a evolversi ulteriormente e la pandemia ci ha dimostrato ancora una volta come essa sia un sistema alternativo di welfare, indispensabile, soprattutto nei momenti di transizione.  Per questo motivo – ha concluso De Carli – occorre poi dedicare maggiori risorse agli strumenti e garantire continuità alle prestazioni”.

Quanto ai numeri, Recchia ha ricordato l’immenso sforzo fatto dal Fondo: “Ci siamo trovati a dover reggere un’onda d’urto inimmaginabile: basti pensare che siamo passati da un regime ordinario di prestazioni per 30-50 milioni l’anno nel triennio 2017-2019 ai 2,3 miliardi di prestazioni solo nel 2020. Abbiamo agito per mettere a regime le necessarie procedure per dare una risposta immediata e tempestiva alle imprese e ai lavoratori”.

Tutte queste azioni dovranno ora essere sostenute dalle politiche attive del lavoro, che sono al centro delle riforme del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), e che, come ha chiarito Sabatini, “devono assumere una funzione sempre più sistematica, saper conciliare le varie esperienze del territorio ed essere in grado di intercettare in modo sempre più capillare i destinatari delle politiche formative.”

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