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Xylella, cronaca di una minaccia annunciata

Xylella, cronaca di una minaccia annunciata

Xylella, cronaca di una minaccia annunciata

È la domanda che gli olivicoltori pugliesi, di sicuro, hanno fatto e si sono posti più volte negli ultimi 6 anni: esiste una cura per la Xylella fastidiosa, il batterio responsabile del disseccamento rapido degli olivi, che ha messo in ginocchio l’olivicoltura pugliese? A rispondere è l’ultima valutazione effettuata dal gruppo di esperti scientifici dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) sulla salute dei vegetali, che è stata pubblicata lo scorso 15 maggio: “Non esiste ancora un modo conosciuto per eliminare il batterio da una pianta malata in reali condizioni di campo”, si legge nel rapporto. Come se ciò non bastasse, le simulazioni effettuate al computer dagli scienziati hanno evidenziato che è quasi tutto il territorio dell’UE a essere a rischio contagio da Xylella fastidiosa, anche se le aree maggiormente a rischio sono quelle nell’Europa meridionale.

La lotta alla Xylella, sottolineano gli esperti EFSA nei documenti con cui aggiornano la precedente valutazione del rischio pubblicata nel 2015, è complicata dal ritardo con cui si manifestano i sintomi. Allo stato attuale, quindi, risultano decisivi sia il controllo degli insetti vettori, come la sputacchina media (una specie di cicalina), sia la corretta e tempestiva applicazione delle misure di emergenza attualmente in vigore a livello Ue, come il taglio delle piante infette e di quelle suscettibili di infezione nel raggio di 100 metri. Ma le simulazioni condotte dal panel di esperti EFSA suggeriscono che l’eradicazione potrebbe essere ottenuta anche con un raggio di taglio inferiore ai 100 metri (ci si riferisce a un raggio di 50 metri), ma solo in caso di una diagnosi precoce della malattia con conseguente rimozione immediata delle piante, e in presenza di un controllo degli insetti vettori davvero efficiente. Al contrario, se il vettore è scarsamente controllato e ci sono ritardi nel rilevamento e/o negli interventi, anche l’eradicazione nel raggio di taglio di 100 metri potrebbe rivelarsi inutile. Secondo i ricercatori, inoltre, ridurre le zone cuscinetto, quelle che separano l’area infetta dall’area indenne, aumenta drasticamente la probabilità di espansione dell’epidemia.

La Xylella fastidiosa e la sua diffusione in Italia e in Europa

La Xylella fastidiosa, purtroppo, è uno dei batteri delle piante più pericolosi al mondo, alla base di un’estesa varietà di malattie, che comportano ingenti danni economici. Il batterio è stato identificato per la prima volta in Europa nel 2013, sugli ulivi del Salento, in Puglia. Nell’ottobre dello stesso anno, le autorità italiane hanno notificato alla Commissione Europea il primo focolaio di Xylella fastidiosa in provincia di Lecce. A maggio del 2015 la zona infetta è stata dichiarata area di contenimento. Da allora, la zona delimitata è stata aggiornata in diverse occasioni, per affrontare la diffusione del batterio nelle province limitrofe di Taranto e Brindisi. Tuttavia, tra ricorsi amministrativi e inchieste giudiziarie, la rimozione degli ulivi contagiati è andata a rilento.

Nel marzo del 2018, le autorità italiane hanno notificato la presenza della Xylella in diverse parti della zona cuscinetto istituita all’epoca e, in particolare, un gran numero di focolai negli ultimi 20 km di banda della zona infetta, adiacente proprio alla zona cuscinetto. Il numero di questi focolai ha portato alla conclusione che l’eradicazione della Xylella nella zona cuscinetto non fosse più possibile. Pertanto, a causa dei notevoli ritardi nella rimozione di quelle piante infette e del rischio di un’ulteriore diffusione verso il nord della Puglia, alla fine di giugno dello stesso anno la Commissione ha esteso la zona delimitata di 20 km verso il nord della Regione, superando così il confine della provincia di Bari. Ma non è solo la Puglia ad essere stata colpita dalla Xylella, in Europa. Il batterio patogeno, infatti, in questi anni è stato segnalato anche in Francia (Corsica e Provenza-Alpi-Costa Azzurra), Spagna (Baleari, Valencia, Madrid), Italia centrale (Toscana) e Portogallo (Porto).

Il Decreto Emergenze in Agricoltura: le misure contro la Xylella

Il 15 maggio, nello stesso giorno in cui l’EFSA ha pubblicato il suo aggiornamento sulla Xylella, il Senato ha approvato in via definitiva il disegno di legge di conversione del cosiddetto decreto Emergenze in Agricoltura, che prevede anche misure contro la Xylella. Il provvedimento, in particolare, prevede un ‘Piano straordinario per la rigenerazione olivicola della Puglia’, stanziando dal Fondo per lo sviluppo e la coesione 150 milioni di euro annui, sia per il 2020 che per il 2021. La nuova legge, inoltre, punta a sburocratizzare gli abbattimenti di olivi situati in una zona infetta dalla Xylella fastidiosa (con l’esclusione di quelli presenti nella zona di contenimento) per favorire il reimpianto di cultivar (varietà) resilienti all’infezione. Vengono introdotte anche sanzioni specifiche per chi non rispetta gli ordini di abbattimento.

Le nostre proposte riguardo all’emergenza Xylella

Il problema della Xylella ha ormai raggiunto un livello di gravità tale da temere la scomparsa dell’olivicoltura italiana nell’arco di un paio di decenni, a meno che non si intervenga pesantemente per bloccarne il contagio”. A dichiararlo è Francesca Petrini, portavoce nazionale CNA Agricoltori e frantoiana, che lancia un ulteriore monito: “Sono ancora pochi i controlli sullo stato di salute degli uliveti italiani nelle varie aree del Paese”. Secondo Petrini, quindi, bisognerebbe innanzitutto prevedere delle azioni risolutive per contrastare l’avanzata in campo aperto del batterio patogeno e, al contempo, convocare una sorta di stati generali sul problema della Xylella, che coinvolga tutti gli attori interessati: dal Ministero alle Regioni, dalle associazioni di categoria del settore agro-alimentare ai principali istituti di ricerca italiani ed esteri, perché il problema non riguarda solo l’Italia e il disseccamento degli olivi. Nota importante: questo tavolo dovrebbe seguire un fitto calendario di incontri.

C’è poi la questione della ricerca, alla quale bisognerebbe destinare risorse economiche più consistenti. Del resto, è lo stesso presidente del gruppo di lavoro EFSA sulla Xylella fastidiosa, Stephen Parnell, a ritenere “fondamentale continuare a investire in ricerche che possano aiutarci non solo a controllare i focolai epidemici, ma a prevederli“. Petrini, inoltre, indica la necessità di aumentare enormemente la capacità produttiva, piantando più ulivi, anche per evitare le fortissime oscillazioni degli ultimi 5 anni. “L’olivicoltura, a parte la Xylella, sta vivendo una pessima stagione e ha urgente bisogno di un rilancio vero, concreto, di qualità”, sostiene la portavoce nazionale. “Ormai tutti parlano in questi termini, ma sono ancora poche le azioni reali, concrete, a partire dall’attuazione del piano olivicolo nazionale: basti pensare che alcune misure di quello vecchio non sono mai partite”.

È proprio a partire da queste premesse che la CNA sostiene il pragmatismo e la visione del Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, Gian Marco Centinaio. In particolare, quando afferma che “l’agricoltura italiana può e deve diventare protagonista del rilancio dell’economia del nostro Paese, anche a livello internazionale“. Il Ministro lo ha dichiarato in un commento della conversione in legge del decreto Emergenze in Agricoltura. La CNA, inoltre, non può che trovarsi sulla stessa lunghezza d’onda del Ministro Centinaio anche quando sottolinea, sempre nella stessa occasione, che “dobbiamo continuare a valorizzare e sostenere il nostro made in Italy, e promuovere sempre di più le nostre eccellenze in tutto il mondo”.

Il rilancio deve partire dalle scuole, dagli ospedali e, soprattutto, dai media, con la promozione di una corretta educazione alimentare. A questo proposito, dovrebbe essere rilanciata la cultura dell’olio italiano, che è senza alcun dubbio migliore rispetto agli oli degli altri Paesi, distinguendosi per le sue qualità nutrizionali intrinseche. I nostri oli, infatti, hanno livelli nettamente superiori di polifenoli e di tante altre sostanze dall’azione positiva sulla salute. Non solo. Vengono lavorati seguendo elevati standard igienici e sono sottoposti a controlli molto rigorosi da parte delle autorità preposte. Insomma, sottolinea Petrini, “quando promuoviamo il nostro olio, sia in Italia che all’estero, non dovremmo soffermarci solo sull’origine, ma dovremmo far emergere anche la sua qualità, che è di gran lunga superiore a quella di qualsiasi altro olio”.

 

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