Sono molte le imprese della moda e del tessile che, durante il primo lockdown, hanno messo a disposizione le loro competenze per aiutare la comunità nazionale, convertendo le produzioni tradizionali in quelle di mascherine o di altri dispositivi di protezione individuale per aiutare le istituzioni a colmare la carenza di disponibilità in un periodo di emergenza.

CNA Federmoda da subito ha chiamato all’appello le aziende del tessile-moda per convertire la produzione. Un’azione intrapresa anche grazie ai 50 milioni stanziati con il decreto CuraItalia che riguardava gli incentivi per la produzione e la fornitura di dispositivi medici e, in particolare, per la produzione di mascherine chirurgiche e dispositivi di protezione individuale.

Dopo aver ottenuto il sostegno pubblico alla conversione della produzione, le imprese italiane, però, ora sono in affanno a causa della concorrenza, non si sa quanto sleale, della produzione estera di mascherine. Con imprese piegate da una corsa al ribasso dei prezzi, con ricadute sull’occupazione, ancora più significative in un momento storico particolarmente delicato per l’economia.

CNA ha subito segnalato il pericolo di saturazione del mercato – spiega Antonio Franceschini, responsabile CNA Federmoda – c’è stata una fase iniziale di grande richiesta, a causa della carenza dei dispositivi di protezione individuali. Ora i costi di produzione gravano sui bilanci delle imprese, perché sappiamo quale sia in Italia il costo del lavoro. Poi, con il passare dei mesi, è stata riaperto il discorso di importazione, con prezzi diciamo molto competitivi.”

Dopo l’iniziale ricorso a prodotti Made in Italy, certificati e di qualità, l’acquisto ora di prodotti a basso costo provenienti dall’estero, che spesso non rispettano le norme di sicurezza, sta mettendo in crisi le aziende italiane, già indebolite dalle conseguenze socio-economiche della pandemia

“È importante – sottolinea Franceschini – proporre una riflessione su come un Paese non si possa trovare sguarnito su alcune produzioni, su tutte quelle a tutela di sicurezza e salute. Abbiamo suggerito al Governo – conclude – un intervento per incentivare, magari attraverso il credito di imposta, una produzione italiana su queste tipologie di prodotto”.

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