Aumenta anche a Treviso il peso del fisco sulle Pmi, pur mantenendosi sotto la media nazionale. Nel 2017 il Total tax rate previsto è del 56,9% (nel 2016 era stato il 56,7%) contro però una media nazionale del 61,2%.

Gli imprenditori trevigiani finiranno di pagare le tasse il 25 luglio e il 26 luglio potranno festeggiare il Tax free day (che nel 2016 era caduto un giorno prima). La liberazione fiscale in Italia arriverà solo il 10 agosto (come l’anno scorso), arretrando al 30 luglio per le piccole imprese che abbiano optato per l’Iri (vedi nota sotto).

A dare questi numeri è “Comune che vai, fisco che trovi 2017”, il rapporto annuale dell’Osservatorio permanente CNA sulla tassazione delle Pmi, giunto alla 4ª edizione, che analizza l’andamento della tassazione sulle piccole imprese in 135 città italiane, tra le quali tutti i capoluoghi di provincia.

L’Osservatorio calcola il Total tax rate (Ttr) e individua il Tax free day (Tfd), il giorno della liberazione dalle tasse, la data cioè fino alla quale l’imprenditore deve lavorare – tutti gli anni – per produrre il reddito necessario ad assolvere gli obblighi fiscali e contributivi. A differenza di altri organismi, anche di autorevoli istituzioni internazionali, l’Osservatorio CNA basa la sua analisi sull’impresa tipo italiana, con un laboratorio e un negozio, ricavi per 431mila euro, un impiegato e quattro operai di personale, 50mila euro di reddito.

La città di Treviso rimane uno dei Comuni italiani in cui le imprese pagano meno tasse collocandosi al 16º posto nella graduatoria dei Comuni presi in esame (v. allegato).

Il Comune peggiore per tassazione rimane Reggio Calabria, con un Ttr del 73,2%, e il migliore quest’anno è Trento (nel 2016 era stata Gorizia) con un Ttr del 53,9%.

Tra i capoluoghi di provincia veneti Treviso si colloca al terzo posto, superato solo da Belluno (54,8%) e Vicenza (56,2%) e seguito da Padova (57,6%) e Rovigo (57,8%), Verona (60,1%) e Venezia (62,4%). 

«Nel 2016 il bis dell’anno precedente non c’è stato e non ci sarà nel 2017. Non ha infatti avuto seguito il sensibile calo della pressione fiscale registrato nel 2015, che era dovuto al riconoscimento della deducibilità completa del costo dei lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato dall’IRAP – spiega Giuliano Rosolen, direttore della CNA provinciale di Treviso -. La pressione fiscale in Italia è troppo elevata, se la confrontiamo con quella degli altri Paesi europei. Ma il vero problema risiede nella iniqua distribuzione del carico: la tassazione dei redditi prodotti dalle persone fisiche non può essere diversa a seconda della differente modalità con cui si genera reddito. È arrivato il momento di intervenire su un sistema fiscale evidentemente squilibrato per raggiungere tre obiettivi di utilità generale: ridurre la pressione fiscale garantendo, nel contempo, maggiore equità nel prelievo tra diversi redditi da lavoro; invertire sensibilmente la tendenza del trasferimento alle imprese degli oneri sui controlli e usare in modo intelligente la leva fiscale per aumentare la domanda interna».

Ma cosa accade nel resto d’Europa? Quest’anno la quarta edizione dell’Osservatorio CNA sulla tassazione della piccola impresa si è allargato oltre i confini nazionali e – costruita un’impresa tipo per struttura e dimensione – ha analizzato l’incidenza fiscale in alcuni capitali europee, principali concorrenti dell’Italia.

Londra è la più conveniente per le piccole imprese, con un Total tax rate del 32,5% e il Tax free day al 27 aprile. Varsavia segue con il 43,2% di Total tax rate e la liberazione fiscale al 5 giugno, tallonata da Madrid con il Total tax rate al 46,6% e il 18 giugno data da festeggiare. Molto distanti seguono Berlino (66% e 28 agosto), Roma (69,3% e 9 settembre) e Parigi: 70,8% e 14 settembre. (La scarsa distanza tra Roma e Parigi è dovuta alla maggiore produttività delle imprese francesi rispetto a quelle italiane, +21%, che permette, nella capitale transalpina, di spalmare i tributi su un reddito più consistente).

«La CNA ha elaborato, e presentato al Governo – conclude Rosolen – proposte precise per ridurre e rendere equa la pressione fiscale senza oneri aggiuntivi, tra cui rendere l’Imu pagata sugli immobili strumentali delle imprese completamente deducibile dal reddito d’impresa, la revisione della tassazione Irpef delle imprese personali e degli autonomi, la neutralità fiscale delle cessioni di azienda e altre misure da poter implementare in tempi rapidi».

Estesamente, le proposte di CNA sono:   

1.         Ridurre la tassazione sul reddito delle imprese personali e sul lavoro autonomo, utilizzano le risorse provenienti dalla spending review e dalla lotta all’evasione

2.         Rendere l’Imu pagata sugli immobili strumentali delle imprese completamente deducibile dal reddito d’impresa

3.         Rivedere la tassazione Irpef delle imprese personali e degli autonomi, prevedendo delle riduzioni automatiche all’aumentare del reddito dichiarato rispetto al reddito ideale suggerito attraverso i nuovi Indicatori sintetici di affidabilità

4.         Trasformare le detrazioni relative a spese per lavori edili in crediti d’imposta cedibili agli intermediari finanziari

5.         Definire il concetto di insussistenza di autonoma organizzazione per non assoggettare i soggetti all’Irap e aumentare la franchigia Irap ad almeno 30 mila euro

6.         Rivedere al più presto i criteri per l’attribuzione dei valori catastali degli immobili, al fine di allinearli periodicamente ai valori di mercato a invarianza di gettito

7.         Agevolare il passaggio generazionale delle imprese individuali tramite la completa neutralità fiscale delle cessioni di azienda, al pari di quanto è previsto in caso di conferimenti

8.         Evitare di spostare sulle imprese gli oneri dei controlli attraverso un uso intelligente della fatturazione elettronica, eliminando nel più breve tempo possibile tutti i regimi Iva del reverse change previsti attualmente, lo split payment, la ritenuta dell’8% sui bonifici relativi a spese per le quali sono riconosciute detrazioni fiscali.

La scheda complea di Treviso

 

Nota sull’IRI

L’IRI, acronimo di Imposta sul reddito d’impresa, è un regime fiscale opzionale introdotto dalla Legge 11 dicembre 2016, n. 232, commi da 547-548 (Legge di Bilancio per il 2017) e disciplinato dal nuovo articolo 55-bis del TUIR – DPR 917/86.

 

Si tratta di un regime fiscale che consente anche a chi ha una ditta individuale o una società di persone, ad un commerciante o ad un artigiano, di pagare le tasse separando il reddito dell’impresa da quello personale, come avviene già per i soci delle società di capitali.

 

Il regime IRI, in termini pratici, suddivide il reddito d’impresa in due fattispecie: il reddito prodotto e lasciato in azienda ed i prelievi effettuati dai soci o dell’imprenditore. La prima componente, al netto delle somme prelevate e destinate a finalità personali, è tassata alla medesima aliquota prevista ai fini IRES per le società di capitali che, come è noto, dal 2017 è stata ridotta dal 27,5% al 24%; la seconda componente, costituita dalle somme prelevate a titolo di remunerazione per il lavoro svolto, continueranno ad essere assoggettate ad IRPEF e a scontare la progressività propria di tale tributo che, come è noto, prevede aliquote che crescono all’aumentare del reddito complessivo*.

 

Possono optare per il regime IRI le imprese individuali e le società di persone in contabilità ordinaria, anche per opzione, nonché le società a responsabilità limitata a ristretta base proprietaria, con un numero di soci non superiore a 10, ovvero 20 nel caso di società cooperativa e con ricavi annui non superiori a quelli previsti per l’applicazione degli studi di settore (5.164.569 euro).

 

La finalità della nuova imposta è quella di rendere più neutrale ed equa la tassazione del reddito d’impresa, a prescindere dalla forma societaria adottata, così da mitigare le differenze d’imposizione esistenti tra le società di capitali e le società di persone; inoltre, giacché la parte di reddito non prelevata e lasciata in azienda sconta una tassazione più leggera (24%), si favorisce per tale via anche la patrimonializzazione delle piccole imprese, in continuità con la normativa sull’aiuto alla crescita economica (ACE).

 

L’opzione per il nuovo regime IRI ha durata pari a 5 periodi d’imposta, è rinnovabile e deve essere esercitata nella dichiarazione dei redditi, con effetto dal periodo d’imposta cui è riferita la dichiarazione. Per il 2017, l’opzione IRI andrà quindi indicata in UNICO 2018.

 

 

*Per scaglioni di reddito fino a 15 mila euro annui, l’aliquota IRPEF è del 23%, sale al 27% nella fascia di reddito compresa tra 15 mila e 28 mila euro annui, fino a raggiungere un massimo del 43% nello scaglione sopra i 75 mila euro.

 

 

 

Tag: