Nel 2017 l’occupazione italiana è tornata sui livelli del 2007. La ripresa della base occupazionale pre-crisi è stata realizzata in un periodo relativamente breve: quattro anni, nei quali ogni giorno sono stati recuperati in media circa 570 posti di lavoro.

 

 

L’occupazione di fine 2017 ha però caratteristiche che la differenziano rispetto a quella di dieci anni prima. Il recupero dei posti di lavoro perduti complessivamente è stato infatti determinato dalla crescita dal lavoro dipendente, aumentato di 998mila unità nel quadriennio 2014-2017, ma non da quello indipendente che, tra il 2007 e il 2017 è diminuito invece continuamente lasciando sul campo 668mila posti di lavoro (di cui 166mila solo nell’ultimo quadriennio).

 

 

Per effetto di questi andamenti divergenti, l’incidenza del lavoro indipendente si è ovviamente ridotta, passando dal 26,1% del 2007 al 23,2% del 2017.

Nonostante il calo complessivo registrato dell’ultimo decennio, anche all’interno del lavoro indipendente è possibile apprezzare andamenti differenziati. Da un lato, è aumentato il numero dei liberi professionisti (+274mila unità pari a +24,3%); dall’altro sono diminuiti i collaboratori (-217mila unità pari a -45,5%) e i lavoratori in proprio (-507mila unità pari a -14,1%).

In definitiva, quindi, la crisi oltre a ridurre la dimensione del lavoro indipendente ne ha cambiato i connotati. Rispetto a dieci anni fa si tratta di una realtà lavorativa nella quale oggi vi sono più studi professionali e meno consulenti, micro imprese e laboratori artigiani.

 

 

La riduzione dei collaboratori è un dato positivo dovuto in parte all’assunzione alle dipendenze di molti lavoratori che precedentemente operavano come consulenti per le imprese. Tale processo è il frutto delle molte riforme introdotte negli ultimi anni volte ad agevolare lo sviluppo del lavoro dipendente sia a tempo determinato (il decreto Poletti) che a tempo indeterminato (il Jobs Act e le decontribuzioni sulle nuove assunzioni previste nelle Leggi di Stabilità per il 2015 e il 2016).

Il crollo del lavoro in proprio appare invece assai preoccupante e ci ricorda che, passata la crisi, c’è un pezzo di Italia, fatta di micro e piccole imprese, per il quale le difficoltà non sono venute meno.

In questa situazione, è evidente che c’è bisogno di una politica economica che restituisca produttività al sistema economico italiano fatto di micro e piccole imprese, intervenendo su burocrazia e efficienza della amministrazione pubblica, fisco e credito. Senza, Il rischio non è solo quello di perdere il patrimonio di conoscenze, creatività, di qualità e di eccellenza di cui oggi le micro e piccole imprese e l’artigianato sono portatrici, ma in più generale è di impoverire l’intera economia italiana di cui rappresentano la parte maggiore sia in termini di creazione di ricchezza che di occupazione.

 

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