È sempre di attualità la discussione sulla vulnerabilità sociale del lavoro povero e la necessità di adeguare gli stipendi dei lavoratori dipendenti.

E l’occasione si presenta propizia con questo mese di ottobre che vede l’apertura della piattaforma per il rinnovo del Contratto collettivo nazionale di lavoro di logistica, trasporto merci e spedizione in scadenza il 31 marzo 2024.

Le parti sociali, sicuramente, apriranno la piattaforma con una rivendicazione economica per cercare di contribuire a migliorare il potere d’acquisto dei salari degli autisti.

Anche la controparte, le imprese di autotrasporto, è sensibile a questo tema perché riconosce che, tra le molteplici concause della carenza di autisti, c’è anche un difetto di proporzionalità tra stipendio dell’autista, livello di impegno e qualità della vita.

Nello stesso tempo però, passa inesorabilmente inosservato l’irrefrenabile aumento dei costi che da tempo stanno subendo le imprese di autotrasporto e che, leggende metropolitane a parte, quasi sempre rimane sopra le spalle delle imprese.

Per la gestione di un autoarticolato, in otto anni, dal 2015 a settembre 2023, i costi di esercizio delle imprese di autotrasporto pubblicati dal Ministero delle Infrastrutture e del Trasporti, evidenziano incrementi complessivi che vanno da un minimo del 20 a un massimo del 119%.

Il costo del lavoro è aumentato da un minimo del 28 a un massimo del 41,5%.

L’atra principale voce di costo che incide sulla gestione dell’impresa di autotrasporto è quella relativa al gasolio. Il gasolio alla pompa registra un incremento di 48 centesimi al litro tra il 23 febbraio 2015 (euro 1,44/litro) e il 18 settembre 2023 (euro 1,924/litro). Un maggior costo del 33% in cinque anni. Quasi 16mila euro l’anno per ogni mezzo pesante di cui dispone l’azienda; sedici centesimi in più a chilometro.

Tra i costi patiti dalle imprese ci sono anche quelli relativi ai forzati allungamenti dei percorsi stradali a causa della diffusa e contemporanea apertura dei cantieri.

Ulteriore e pesante ammenda è il continuo lievitare dei noli marittimi che subiscono le imprese sarde e siciliane nonché tutte le imprese con destinazione le isole. A esso fa eco un contributo, il “marebonus”, che per i pagamenti relativi all’anno 2022 è soltanto un impegno di spesa, mentre le attese e condivise innovazioni annunciate dal Governo, ci risulta che devono ancora passare per il consiglio dei ministri.  

I forzati fermi dei mezzi causati dai lunghi tempi di risposta degli Uffici della motorizzazione civile, oltre che una limitazione alla libertà di impresa, rappresentano sicuramente un’altra pesante fonte di costo.

Nel prossimo rinnovo contrattuale, c’è pertanto un tema comune da condividere con i sindacati dei lavoratori dipendenti: rivendicare un nuovo e migliore paradigma dell’autotrasporto.

 

A cura di Patrizio Ricci

Presidente nazionale CNA Fita