L’ex informatico diventato fotografo. Dai matrimoni al network internazionale

Trasformare la propria passione più grande in un lavoro e avere successo. Carlo Parrinello ci è riuscito. Lui che è nato informatico, dopo aver aperto un laboratorio di fotografia a Forlì e aver accumulato esperienza nelle cerimonie, viene selezionato dall’Associazione internazionale Wedding photojournalist association, l’organizzazione professionale che comprende i migliori professionisti del settore a livello mondiale. E oggi, a 40 anni, è docente di Fotografia all’Accademia di Belle arti di Rimini.

“Lavoravo per alcune software house della zona, poi ho deciso di seguire la mia passione – racconta -. La mia prima esperienza risale al 1998, poi sono diventato professionista”.

Carlo lavora come fotografo e nel frattempo decide di iscriversi all’Accademia di Belle arti di Rimini, “per colmare quelle che ritenevo essere le mie lacune”, realizzando nel frattempo progetti come il tour virtuale interattivo del Museo Civico di Rimini e il libro fotografico ‘Autoritratto’, che verrà poi esposto alla Biblioteca Gambalunga. Senza mai perdere di vista gli studi: “ho concluso l’Accademia – precisa – con una tesi sul confronto-scontro tra Kafka e Muhammad Alì”.

Poi nel 2001 il grande salto: Carlo apre il suo laboratorio ‘Friendstudio’ e comincia ad accumulare esperienza. “Ogni giorno mi alzo dal letto con la gioia di andare a lavorare – racconta – Le mie specialità? I servizi: cataloghi, company profile o brochure per le aziende, cerimonie per i privati”.

Nel mezzo il passaggio dall’analogico al digitale tra gli anni Novanta e i Duemila. “L’unico freno era l’investimento da fare per rinnovare l’attrezzatura – spiega Parrinello -. Allora nessuno poteva sapere se l’analogico sarebbe diventato veramente il passato nel giro di qualche anno. In fondo il digitale poteva rivelarsi una bolla di sapone. Non è stato così…”.

“Il digitale consente grande rapidità nell’esecuzione e nello sviluppo. Il ‘contro’ è che ora la fotografia è accessibile a tutti. Ma il professionista è sempre un gradino più in alto – sottolinea Carlo -. Ci sono anche dei bravi dilettanti, certo, ma chi vuole qualcosa in più deve rivolgersi a chi è del mestiere”.

“La pellicola aveva il vantaggio della morbidezza, la naturalezza dell’immagine. In alcune cerimonie – confessa – scatto ancora delle foto con una macchina del 1946”.

Ma è vero che un tempo i fotografi guadagnavano di più?

“Forse sì. Ma non è questo che mi ha spinto a cambiare lavoro: da informatico guadagnavo bene. È l’amore per la fotografia che fa la differenza. È per questo che ho deciso di investire nella cultura, otto anni fa, iscrivendomi all’Università. In questo, come in altri lavori, non si smette mai di imparare e migliorare”.