Quello è capitato ad una azienda impiantistica del nord è una storia che va raccontata anche perchè testimonia quanto il rispetto delle regole sia un obbligo per le imprese, ma solo una facoltà per la pubblica amministrazione.

L’impresa in questione partecipa ad una gara avente come oggetto la manutenzione degli impianti di condizionamento e raffrescamento di una azienda pubblica. Date le caratteristiche dei lavori da eseguire, l’impresa chiede chiarimenti alla stazione appaltante in merito alla necessità di avere la certificazione aziendale f-gas unitamente a quella del proprio personale (tutto peraltro certificato) e se tali certificati debbano essere allegati alla documentazione di gara.

L’incredibile risposta della stazione appaltante conferma, e non potrebbe essere altrimenti, la necessità che il personale che lavorerà sugli impianti debba essere in possesso di certificazione, ma che nella documentazione amministrativa di gara non viene richiesta la presentazione della certificazione f-gas “per permettere la più ampia partecipazione alla gara in oggetto”. Altra “perla” del bando di gara la richiesta di “garantire la piena osservanza della L. 46/90 in materia di sicurezza degli impianti”: probabilmente a chi ha scritto il capitolato è sfuggito il fatto che nel 2008 (ben 7 anni fa, mica ieri) è stato approvato il DM 37 che ha sostituito la L. 46/90.

Inutile dire che, con queste regole, l’appalto l’ha vinto con il 30% di ribasso una azienda edile, non in possesso di certificazione, che con ogni probabilità subappalterà le operazioni sugli impianti di condizionamento e raffrescamento  ad una impresa certificata, o più probabilmente a singole persone in possesso di certificazione, a prezzi ulteriormente ribassati, con buona pace della qualità del lavoro da svolgere.

Poi c’è chi, tra politici ed amministratori pubblici, si chiede meravigliato come mai solo un numero estremamente limitato di imprese si sia certificato in via definitiva (sul Regolamento 303/2006 solo 13.000 su 45.000 hanno convertito il loro certificato provvisorio in definitivo, con un tasso di conversione pari al 29%, dati Ecocerved – Unioncamere gennaio 2015) chiedendo l’elenco delle imprese che si erano iscritte al Registro F-Gas, ma che non si sono poi più certificate, per avviare severi controlli che, a quanto ci risulta, non sono mai partiti.

Innumerevoli volte CNA Installazione Impianti ha denunciato come il DPR 43/2012 abbia introdotto un sistema di certificazione obbligatoria concepito senza aver preso in considerazione la realtà imprenditoriale del settore impiantistico, fatta da piccole imprese, alle quali è stato imposto un aggravio di procedure operative, di burocrazia e di costi decisamente non compatibili con una procedura di certificazione cogente. Alle imprese individuali, spesso composte dalla sola figura del titolare, è stato inoltre imposto di certificarsi sia come persona che come impresa, aggiungendo in tal modo al danno anche la beffa.

Nonostante ciò abbiamo svolto una difficile opera di sensibilizzazione nei confronti delle aziende accompagnando loro, ed i loro dipendenti, durante tutto il percorso di certificazione.

Molte volte ci siamo sentiti dire: “Ma servirà?”,Non sarà l’ennesimo ed inutile obbligo al quale ci si chiede di adeguarci salvo poi consentire a chi non si certifica di continuare imperterrito a fare il proprio comodo?” A queste obiezione noi, poveri ingenui, abbiamo sempre risposto che la certificazione era necessaria per poter continuare ad installare e riparare impianti contenenti f-gas (lo dice la legge) e che i controlli avrebbero fatto giustizia dei soliti furbi e dei disonesti.

Come si è evoluta la situazione è sotto gli occhi di tutti; imprese non certificate che continuano a lavorare sugli f-gas come se nulla fosse, megastore e distributori al dettaglio di materiale idrotermosanitario che vendono f-gas ed impianti che lo contengono a tutti senza alcun tipo di verifica, stazioni appaltanti che nei bandi di gara si guardano bene dall’indicare la certificazione f-gas quale pre-requisito indispensabile per partecipare all’appalto, politica latitante nel prendere provvedimenti reali per far rispettare la legge, controlli inesistenti.

Come ogni storia, anche questa ha una sua morale, benchè amara: siamo in Italia e la legge la rispettano solo i poco furbi. Perché è così che si sentono, di fronte ad una situazione grottesca, che chi deve non fa nulla per cambiare, gli imprenditori onesti, che rispettano le regole anziché aggirarle, che investono nella crescita della propria impresa e che credono, nonostante tutto, di dare un futuro al paese con il loro lavoro.