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Senza un serio coinvolgimento delle PMI gli obiettivi climatici italiani al 2030 non saranno raggiunti. Secondo uno studio che abbiamo condotto in collaborazione con la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e presentato oggi nel corso di un webinar, le piccole e medie imprese italiane sono responsabili del 60% delle emissioni di gas serra dei settori manufatturiero e costruzioni, ma rischiano di rimanere indietro nella transizione ecologica per l’eccesso di burocrazia e la mancanza di strumenti incentivanti a loro dedicati. Alla presentazione dello studio “Non senza le PMI Il ruolo delle piccole imprese nella transizione energetica” erano presenti il presidente nazionale CNA, Daniele Vaccarino, la vicepresidente nazionale Elena Calabria, Barbara Gatto, responsabile del Dipartimento Politiche Ambientali CNA. Collegati anche Edo Ronchi e Andrea Barbabella, presidente e responsabile Energia e Clima della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile. Alla tavola rotonda hanno partecipato Gianni Pietro Girotto, presidente della Commissione Industria, Commercio, Turismo del Senato, Paolo Arrigoni, della Commissione Territorio, Ambiente e Beni Ambientali del Senato e Chiara Braga della Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici della Camera dei deputati

“Le piccole e medie imprese caratterizzano il nostro sistema produttivo e sono l’anello fondamentale per la crescita degli investimenti orientati al processo di decarbonizzazione. La ricerca evidenzia che il pieno coinvolgimento delle PMI è condizione necessaria e indispensabile per ridurre le emissioni, ma occorre disegnare incentivi a misura di piccole imprese e semplificare le procedure burocratiche” ha dichiarato Vaccarino. “Dalla ricerca è emersa chiaramente una forte spinta da parte delle PMI verso interventi di riqualificazione energetica, anche senza passare per bonus o incentivi” ha aggiunto lanciando un invito alle istituzioni: “la transizione energetica può avvenire solo quando dalle parole si passerà ai fatti. E noi vigileremo in tal senso”.

L’Italia non potrà centrare gli ambiziosi obiettivi di decarbonizzazione, dichiarati dal Governo, senza un pieno coinvolgimento delle piccole e medie imprese, è quanto emerge dallo studio. Le Pmi generano il 60% delle emissioni di CO2 del manifatturiero e delle costruzioni, a conferma del numero elevato di “piccole” nei due comparti, e consumano energia per oltre 16 milioni di tep (tonnellate equivalenti di petrolio), pari al totale di gas utilizzato per riscaldare tutte le nostre case. È quanto indica uno studio realizzato da Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e CNA e presentato oggi in occasione del convegno dal titolo “Non senza le PMI” dal quale emerge la necessità di realizzare un quadro conoscitivo sul potenziale delle PMI in termini di riduzione delle emissioni e disegnare strumenti per gli interventi di decarbonizzazione pensati sulle caratteristiche delle piccole e medie imprese.

Parallelamente all’analisi quantitativa sui consumi, una survey condotta su oltre mille piccole e medie imprese evidenzia infatti che una impresa su due ha effettuato interventi di miglioramento energetico negli ultimi tre anni e la molla principale è il costo dell’energia particolarmente elevato per le Pmi. L’86% del campione che ha eseguito almeno un intervento ha agito sull’efficienza energetica privilegiando gli interventi come illuminazione e climatizzazione. Il 49% ha puntato sulle fonti rinnovabili, soprattutto pannelli fotovoltaici (1 impresa su 3) e pompe di calore (1 su 4).

Solo una su quattro, di quelle che hanno effettuato interventi, ha utilizzato incentivi e/o agevolazioni per interventi di riqualificazione energetica e la causa principale è la mancanza di uno strumento ad hoc calibrato sulle loro esigenze.

Tra le cause che ostacolano la scelta di effettuare un intervento spiccano le complessità burocratiche, connesse sia alla realizzazione dell’intervento che di accesso agli incentivi.

Sulla base dello studio CNA avanza alcune proposte a Governo e Parlamento per promuovere un ruolo più attivo ed efficace delle Pmi nella transizione energetica. Tra queste: 1) riordino del sistema degli incentivi superando la frammentazione e la complessità delle procedure; 2) strumenti a misura di Pmi rafforzando il credito d’imposta green; 3) puntare maggiormente sull’autoproduzione diffusa di piccola taglia; 4) riformare la struttura della bolletta energetica; 5) semplificare le procedure autorizzative e l’iter di accesso agli incentivi.

Nel corso della tavola rotonda, la vicepresidente Calabria ha ricordato che “il tema della sostenibilità è entrato nella nostra agenda ed è un nuovo modello per sostenere la crescita e aumentare la competitività, qualificando le imprese” così Elena Calabria. “Il grande vincolo della sostenibilità all’utilizzo delle risorse europee è una grande sfida, ma questa è la transizione giusta”. L’on. Braga ha sottolineato il tema della burocrazia, dell’incertezza degli interventi autorizzativi e del costo alto dell’energia. “È necessario rivedere le tariffe – ha detto-, a partire dai meccanismi di accesso agli incentivi e dell’autoproduzione”. A farle eco il senatore Arrigoni che ha ricordato il triste primato delle bollette pagate dalle imprese italiane: il 15% in più della media europea. “Bisogna intervenire sulla sicurezza del sistema energetico e affrontare gli effetti di alcuni meccanismi del passato, come il Conto Energia, il mercato libero e l’albo dei venditori”. Secondo il senatore Girotto la soluzione per ridurre gli oneri di sistema deve basarsi sull’investimento in “centrali rinnovabili, stoccaggi e gestione della domanda, attraverso la tecnologia, con un’attenzione particolare alle comunità energetiche rinnovabili.

“Risparmiare sulle bollette per l’energia, elettrica e termica, con diagnosi energetiche e misure di efficienza e risparmio, consumare energia da fonte rinnovabile autoprodotta o prodotta insieme ad altri -ha affermato Edo Ronchi – può essere un vantaggio per le piccole imprese. Occorre superare gli ostacoli che incontrano le piccole imprese per accedere a questi vantaggi, verificando le possibilità che già esistono e il loro migliore utilizzo e aumentandole anche con nuovi finanziamenti. La generazione distribuita basata su fonti rinnovabili e gli interventi per il risparmio energetico consentono ampie possibilità di lavoro per le piccole imprese purché abbiano o acquisiscano le competenze necessarie. Maggiore attenzione andrebbe quindi dedicata alla qualificazione professionale e all’aggiornamento delle Pmi in questi settori, fortemente innovativi e in espansione“.