“Non siamo minimamente sorpresi, purtroppo, dai pesanti contenuti della Relazione della Commissione Ue sugli squilibri macroeconomici del nostro Paese. Sono cose che conosciamo bene. Da anni la CNA ha messo in prima fila tra i temi di mobilitazione la denuncia delle debolezze e delle inefficienze della Pubblica amministrazione e dei pesantissimi danni, in miliardi di euro, che tutto ciò provoca alle nostre imprese. Va sottolineato che un’impresa più è piccola e più viene danneggiata dal malfunzionamento complessivo del sistema Paese”. Lo si legge in un comunicato della CNA.

“Non ci sorprende nemmeno – continua la nota – la, poco onorevole, posizione in classifica tra i Paesi europei ma vogliamo considerare tutto questo come un grande stimolo per accelerare l’opera di semplificazione amministrativa, per alleggerirci della burocrazia ‘cattiva’, cervellotica e ridondante, per accelerare la messa a punto di una legislazione snella ed efficiente sui tempi di pagamento, per ricostruire un sistema creditizio che oggi troppe volte guarda alle imprese, soprattutto quelle piccole, più come a un rischio che come a soggetti con cui fare business”. 

“Abbiamo constatato in questi anni – aggiunge il comunicato – che è molto complicato portare a compimento riforme di tale portata. E’ decisivo, sempre, avere ben chiare le cose da fare e le alleanze da stringere. Se qualcuno ci avesse imposto queste catene, come condanna, avremmo reagito con forza. Poiché ce le siamo autoimposte, e sicuramente in dosi omeopatiche, cioè un poco alla volta, forse ci siamo assuefatti o, peggio, rassegnati alla malattia come sistema”.

“Ma gli artigiani e le piccole imprese – conclude la nota della CNA – la pensano molto diversamente e non si sono arresi. L’Italia rimane comunque un Paese a forte vitalità imprenditoriale. Un patrimonio immateriale ma preziosissimo, che va protetto e valorizzato”. 

 

La relazione della Commissione Europea

“Fare impresa è molto più difficile in Italia che nelle altre principali economie dell’Ue” e “il difficile contesto imprenditoriale è strettamente legato alle debolezze e alle inefficienze della pubblica amministrazione italiana”. Lo si legge nella “Relazione per paese relativa all’Italia 2016 comprensiva dell’esame approfondito sulla prevenzione sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici” pubblicato nei giorni scorsi dalla Commissione europea.  

“Le debolezze strutturali continuano a frenare la capacità dell’Italia di crescere e di reagire agli shock economici”, si legge nel rapporto, anche se “nel complesso l’Italia ha compiuto qualche progresso nel dar seguito alle raccomandazioni specifiche per paese del 2015”, ammette la Commissione. “Una crescita più robusta della produttività è essenziale per poter correggere gli squilibri macroeconomici dell’Italia”, si ricorda. “Il sistema fiscale ostacola l’efficienza economica e la crescita” e ancora “Il contesto imprenditoriale risente degli ostacoli alla concorrenza che ancora persistono e dell’elevato onere amministrativo”. 

Il rapporto ricorda come, secondo l’indicatore “Fare impresa” della Banca mondiale, l‘Italia si colloca al 45esimo posto su 189 economie per la facilità dello svolgere un’attività. Sempre secondo questo indicatore, l’Italia è 86esima per l’ottenimento di una licenza edilizia, 97esima per l’ottenimento di crediti, 111esima per l’esecuzione dei contratti e 137esima per il pagamento delle imposte – pagamento per il quale il tempo medio necessario è di 269 ore all’anno (189 ore media Ue) e il numero di pagamenti dovuti è di 14 all’anno (8 in Francia e 9 in Germania e Spagna).

Il rapporto della Commissione ricorda come in Italia occorrano 1.120 giorni per l’esecuzione di un contratto contro 395 giorni in Francia, 429 in Germania e 510 in Spagna e i costi per l’esecuzione di un contratto equivalgono al 23,1% del valore del credito, contro il 14,4%, il 17,4% e il 18,5%, rispettivamente, per Germania, Francia e Spagna.

Anche l’avviamento di una nuova impresa, infine, comporta costi estremamente elevati, pari al 13,8% del reddito pro capite, contro lo 0,8% in Francia, l’1,8% in Germania e il 5,2% in Spagna.