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L’economia italiana conferma la fase di stagnazione che si trascina da oltre un anno. L’Istat ha reso noto che il Pil nel secondo trimestre è rimasto invariato rispetto ai tre mesi precedenti ed è diminuito dello 0,1% su base annua. Viene confermata la crescita zero in termini congiunturali, mentre è stato rivisto al ribasso il dato tendenziale: nelle stime diffuse a fine luglio la variazione risultava nulla.

La crescita del Pil acquisita per il 2019 (quella che si otterrebbe se i restanti trimestri dell’anno si chiudessero con una variazione nulla) risulta pari a zero. “Prosegue ormai da cinque trimestri la fase di stagnazione, che caratterizza l’economia italiana a partire dal secondo trimestre del 2018”, rivela l’istituto statistico precisando che le stime sul secondo trimestre sono elaborate sulla base di dati corretti per gli effetti di calendario e destagionalizzati. Il secondo trimestre del 2019 ha avuto una giornata lavorativa in più sia rispetto al trimestre precedente sia rispetto al secondo trimestre del 2018.

Guardando alle diverse componenti, la domanda nazionale al netto delle scorte ha contribuito alla variazione del Pil per +0,3 punti percentuali, con apporti nulli sia dei consumi delle famiglie e delle Istituzioni sociali private, sia della spesa delle amministrazioni pubbliche e di +0,3 punti degli investimenti fissi lordi. L’aumento degli investimenti è stato determinato dalla spesa per impianti, macchinari e armamenti con un +5,3%, i mezzi di trasporto +5,8% e i prodotti di proprietà intellettuale +0,6%. L’apporto della domanda estera netta è risultato anch’esso nullo. Per contro, la variazione delle scorte ha contribuito negativamente alla variazione del Pil per 0,3 punti percentuali.

Per quanto riguarda l’andamento del valore aggiunto, l’Istat rileva trend negativi per agricoltura e industria con contrazioni rispettivamente dell’1,2% e dello 0,4% mentre in controtendenza il valore aggiunto dei servizi con una crescita dello 0,1%. “Alla stagnazione dell’attività ha corrisposto una battuta d’arresto della dinamica congiunturale dell’input di lavoro: le ore lavorate sono diminuite dello 0,1%”.

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