Salario minimo legale e contrattazione

Il grande interesse verso la riforma del mercato del lavoro spagnolo trascura due elementi fondamentali: le nuove regole rappresentano la sintesi dell’intesa raggiunta da imprese e sindacati e l’architrave è la centralità della contrattazione collettiva. In Italia invece troppo spesso si assiste a incursioni e invasioni di campo del legislatore anche su materie che attengono alle parti sociali. La contrattazione collettiva viene depotenziata da norme di legge e complicata dal recepimento di direttive europee, come ad esempio le “Condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili” che rischia di incidere su una serie di istituti contrattuali. In un articolo pubblicato su Il Foglio la CNA ribadisce l’esigenza di una contrattazione di qualità, capace di cogliere le specifiche esigenze dei settori che caratterizzano il nostro tessuto produttivo. Solo il maturo confronto tra le parti sociali più rappresentative può fornire risposte efficaci a un panorama eterogeneo, declinando soluzioni condivise. Il “contratto” è un abito su misura per valorizzare con maggiore vigore il Made in Italy. La norma di legge invece rischia di essere un prodotto a taglia unica, incapace di individuare e valorizzare i punti di forza di ciascun settore produttivo.

Sul piano legislativo, negli ultimi anni, si sono susseguiti vari progetti di legge, molti dei quali prevedono di individuare, con un dato numerico/quantitativo, un salario minimo. Si tratta di proposte non percorribili, in quanto provocherebbero una grave crisi a tutto il sistema della contrattazione collettiva e aprirebbero la strada a complesse questioni interpretative e incertezze.

Tra i punti da chiarire si possono indicare il conteggio della soglia minima retributiva oraria di tutti gli elementi che compongono la cd. retribuzione differita (ferie, permessi, quota del TFR). Inoltre, come poter conteggiare le prestazioni della bilateralità, che integrano la retribuzione e alzano notevolmente il potere d’acquisto dei lavoratori.

Ovviamente, affinché il sistema sia efficiente e in grado di fissare una “retribuzione proporzionata e sufficiente” è fondamentale la qualità della contrattazione, che può essere assicurata soltanto dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative e non da quelle organizzazioni marginali che puntano a squilibrare il mercato del lavoro. Al riguardo, è necessario sgomberare il campo da un equivoco di fondo: non è possibile ipotizzare che la rappresentatività possa essere misurata con lo stesso parametro in contesti differenti.

Nel comparto dell’artigianato, ad esempio, c’è un fattore che non deve essere ignorato: la bilateralità, che agisce a beneficio dei lavoratori e delle imprese, creando valore sociale per tutto il sistema.

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