Sardegna: export in calo, ma si aprono nuovi mercati

Il 2023 segna una netta flessione dell’export in Sardegna, anche se si registra qualche segnale di diversificazione dei mercati di sbocco dei prodotti isolani. Oltre alla crescita vertiginosa delle esportazioni di prodotti manufatturieri verso il Regno Unito, si registrano infatti nuove rotte verso Paesi emergenti extra europei, come Brasile, India e Turchia. In Africa, la Costa d’Avorio è vista come uno snodo logistico e commerciale per i mercati dell’Africa sub-sahariana occidentale. È quanto si evince dall’ultimo dossier del Centro Studi di CNA Sardegna che registra nel primo semestre dell’anno in corso un netto calo del valore delle esportazioni sia in valore che in quantità: – 24%. Il valore complessivo dei prodotti isolani venduti all’estero è infatti passato da 4,3 miliardi (primo semestre 2022) a 3,2 miliardi (primo semestre dell’anno in corso), un calo di oltre un miliardo di euro. Le cose non cambiano se si esclude il settore della raffinazione petrolifera (che rappresenta oltre l’80% del totale); in questo caso, l’export regionale complessivo è sceso a circa 570 milioni, contro i 609 dell’anno passato, un calo, quindi, del -6,3%.

Eppure, come si evince dal dossier, non manca qualche segnale positivo. Se si considerano i soli beni manifatturieri, al netto quindi del settore estrattivo, dei prodotti agricoli primari e di altri beni non industriali, le esportazioni sarde (sempre escludendo il settore petrolifero) sono cresciute di un discreto +10,4%.  A trainare l’exploit sono stati, ancora una volta, i prodotti agroindustriali (specialmente lattiero caseari) e le lavorazioni in metallo (escluse macchine e impianti).

Segnali positivi anche in ottica di diversificazione dei mercati di sbocco: il primo semestre 2023 ha visto infatti crescere vertiginosamente le esportazioni manifatturiere verso il Regno Unito (+443%) e hanno tenuto i mercati di USA (+10%) e Francia (+35%). Crollano, di contro, Spagna (-50%) e Germania (-25%). Ma interessanti movimenti si osservano verso importanti Paesi emergenti extra europei, come Brasile (+87%), India (+25%) e Turchia (+104%), e verso alcuni paesi africani, Costa d’Avorio in particolare, Paese spesso indicato come strategico per la sua caratteristica di snodo logistico e commerciale per i mercati dell’Africa sub-sahariana occidentale.

“Il nodo centrale, tuttavia, rimane quello dei prezzi all’export – spiegano Luigi Tomasi e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario della CNA regionale – Il prezzo del pecorino, prodotto principe dell’export made in Sardegna, ha superato la soglia storica dei 15 euro al kg a giugno, livello mai raggiunto in passato, quasi 6 euro in più di quanto si registrava a giugno 2021, ma l’inflazione sui prezzi di vendita si osserva nella maggior-parte dei comparti produttivi. Si può dire che la politica di prezzo continui a pagare ma c’è il rischio che in un contesto di domanda globale debole e voltatile le produzioni isolane possano perdere quote di mercato, a maggior ragione con oltre il 40% dell’export manifatturiero non-petrolifero concentrato in una manciata paesi (USA, Francia, Spagna e Germania)”.

La situazione dell’export sardo

Secondo gli ultimi dati Istat, il primo semestre del 2023 si è chiuso con un valore globale dell’export regionale di 3,2 miliardi di euro: quasi un miliardo in meno di quanto si registrava alla fine del primo semestre del 2022 (4,3 miliardi). A pesare è il crollo delle vendite di prodotti petroliferi raffinati, -27%. Al netto degli idrocarburi, il calo persiste ma si ridimensiona: il valore dei beni “non petroliferi” prodotti in Sardegna è stato di circa 570 milioni, 40 milioni in meno di quanto registrato l’anno passato (609 milioni, il -6,3%); si tratta di un risultato modesto, a maggior ragione poiché ottenuto in un contesto di prezzi crescenti.

A seguito del crollo del settore chimico-farmaceutico (-26,5% su base semestrale), il comparto produttivo più rilevante diventa quello dei prodotti in metallo (+72,2% rispetto al 2022). Va detto che in quest’ambito è incluso il settore degli armamenti e il settore delle lavorazioni in metallo per le costruzioni, che ha fatto segnare un exploit sorprendente, registrando, in un solo semestre, un valore di vendite estere superiore a quanto registrato nei sei anni precedenti. Il secondo settore, per dimensione, è quello agroindustriale (terzo se si considera anche il petrolifero), che consolida il trend positivo dell’ultimo quinquennio; il valore dei prodotti alimentari esportati è stato infatti di circa 117 milioni di euro, in crescita del +18% rispetto al 2022.

Il settore agroalimentare

Quanto al comparto agroalimentare, nell’anno appena passato le vendite all’estero hanno rappresentato circa il 27% di tutto il valore dell’export manifatturiero non petrolifero, quota in crescita costante negli ultimi anni (era il 20% nel 2019). Nel semestre appena passato i prodotti lattiero-caseari l’hanno fatta da padrone (+31% in valore), a testimoniare della buona tenuta della domanda internazionale di formaggi sardi e derivati. In leggera flessione, di contro, il settore pastaio e dei prodotti da forno (-3,3%), che veniva, però, da un 2022 più che brillante. Calo anche per le vendite di vini e bevande (-7,2%), pesci e crostacei conservati (-6,5%). In crescita tutto il resto, in particolare carni e salumi, frutta e ortaggi lavorati e conservati.

Va ribadito, tuttavia, che buona parte di queste dinamiche positive è frutto della crescita dei prezzi; basti dire che il prezzo unitario del pecorino, il principale prodotto alimentare sardo di esportazione, ha raggiunto il suo record storico, attestandosi, a giugno, oltre i 15 euro al chilogrammo, quasi sei euro in più di quanto si pagava a giugno di due anni fa (a titolo di paragone, sempre a giungo 2023, le quotazioni del parmigiano si sono fermate a 12 euro al kg).

Per dare un’idea dell’effetto prezzi, la crescita del valore dell’export di pecorino e dolce sardo nel semestre concluso a giungo è stata del +21,5%, mentre la dinamica delle quantità vendute (in kg) ha registrato un calo del -5,4%. In altre parole, la crescita del prezzo medio semestrale (+28,4%) spiega completamente le dinamiche positive osservate. Nel dettaglio, i 125,6 milioni di euro venduti globalmente all’estero nel primo semestre (qui si considera tutto il pecorino e dolce sardo, anche la quota prodotta fuori dall’Isola) corrispondono a circa 8,8 mila tonnellate di prodotto, da confrontare con le 9,3 mila commercializzate nel primo semestre del 2022.