Si è riunito oggi, al ministero delle Imprese e del Made in Italy, il Comitato impresa donna. Ai lavori hanno partecipato la presidente di CNA Impresa Donna, Mariella Triolo, e la coordinatrice, Cristiana Alderighi. Tra i temi oggetto dell’incontro, oltre a welfare e maternità, la proposta di effettuare una mappatura e un monitoraggio degli incentivi per le imprese femminili.

In Italia si contano circa un milione e 337mila imprese guidate da donne, il 22,21% del totale. CNA rappresenta oggi 61.135 imprenditrici. “Mai come ora è determinante rilanciare e valorizzare l’occupazione femminile, sia attraverso il lavoro autonomo che attraverso quello subordinato – ha dichiarato nel suo intervento la presidente di CNA Impresa Donna – L’artigianato, la piccola impresa e l’attività professionale rappresentano, per le caratteristiche intrinseche, una realtà che offre significative opportunità alle donne. Tuttavia, come è noto, non mancano le difficoltà. La creazione del Fondo a sostegno dell’impresa femminile ha rappresentato una presa di coscienza concreta del valore del lavoro che le donne svolgono nella nostra società e di quanto sia importante, quindi, promuovere e sostenere l’imprenditoria femminile in ogni forma, soprattutto in questo particolare momento storico, in cui come sistema Paese ci stiamo proiettando verso una nuova rinascita”.

Tra le proposte presentate da CNA Impresa Donna il rifinanziamento del Fondo a sostegno dell’impresa femminile e la promozione dell’autoimprenditorialità, anche attraverso campagne di comunicazione che coinvolgano associazioni di categoria e altri enti correlati.

“L’assegno unico universale per i figli a carico e le misure previste dal Pnrr sono un primo importante passo per l’eliminazione di qualsivoglia disparità di genere, anche se manca una adeguata attenzione al tempo dedicato alla cura per familiari fragili – ha sottolineato Triolo – Riteniamo che produrre e riprodurre qualità della vita sia un bene primario alla base di ogni collettività civile. Auspichiamo, quindi, che si possa andare verso un welfare accessibile per tutti, indipendentemente dalla condizione sociale familiare e professionale, da contribuire secondo logiche di progressività equilibrata. In questo modo anche le nostre imprenditrici e i nostri imprenditori potranno pienamente accedere a una rete qualificata e universalistica di servizi di conciliazione. Infine, andrebbe ampliata la rete di servizi offerta dagli enti bilaterali e dai fondi sanitari che dovrebbero allargare la propria tutela nei confronti degli autonomi e dei liberi professionisti. Sarebbe quindi opportuno individuare strumenti e misure che vadano a colmare questa assenza”.