È l’artigianato il settore che più sta pagando gli effetti del processo di ristrutturazione economica iniziata con la recessione del 2008, un comparto che spesso sfugge alle indagini macroeconomiche, ma che nel nostro territorio coinvolge un’azienda su tre (il 31,5% del totale delle imprese attive) e ha offerto – e lo fa tutt’ora – un grande contributo al benessere diffuso della comunità.

Se questo benessere è oggi caratterizzato da una grande precarietà, probabilmente è anche a causa della crisi che sta coinvolgendo gran parte delle attività artigianali modenesi. Una crisi testimoniata dai numeri: sulla base di un’analisi condotta dall’Ufficio Studi di CNA su dati della Camera di Commercio, si evidenzia come in dodici anni l’Albo Artigiani abbia perso 3.968 imprese, il 16,2%. Un dato ben superiore al calo del 4,4% registrato sul totale delle imprese modenesi in attività.

Ciò significa che, per queste imprese, la crisi non è certo passata.

Si tratta della scomparsa di 330 imprese all’anno. Non tutte queste aziende chiudono i battenti: in qualche caso, una minoranza a dire il vero, alcune imprese perdono lo status di artigiani, altre vengono cedute, ma nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di chiusure determinate anche dalla mancanza di chi possa continuare l’attività aziendale dopo il pensionamento del titolare, sia all’interno della famiglia di quest’ultimo che tra eventuali dipendenti.

Ecco la situazione in alcuni grafici.

 

 

La situazione nei settori

La dinamica delle imprese artigiane è abbastanza differenziata in relazione ai diversi settori. Quello più penalizzato in questi anni è soprattutto l’autotrasporto, dove opera un’impresa artigiana su cinque, con una diminuzione del 32,4% (762 imprese). Solo nel 2018 si è registrato ad un’inversione di tendenza, peraltro modesta. Pesante anche la contrazione nel tessile, che vale il 16,1% dell’artigianato modenese. In questo caso il calo è stato di 639 unità, il 30,8%. Forte anche la contrazione nell’ambito della meccanica, dove il processo di ristrutturazione economica si è “mangiato” 472 aziende (il 26,9%). A tenere sono i comparti dei servizi alle persone (estetica, fitness, acconciatura), dove la contrazione si è fermata allo 0,3%, e quello dell’alimentare e della ristorazione, tra i pochi in crescita (+32 imprese, pari allo 0,9%). Un discorso a parte lo merita il settore delle costruzioni, che malgrado faccia segnare un meno 1.586 imprese (-17,1), molte di queste anche straniere, rimane comunque il comparto più rappresentativo del mondo dell’artigianato (40%).

Le proposte di CNA.

“I numeri – commenta Claudio Medici, presidente di CNA Modena – testimoniano le difficoltà in cui versa l’artigianato che, tanto oggi quanto in passato, rappresenta la principale forma di imprenditorialità e che, come si diceva in precedenza, garantisce da anni il benessere diffuso del territorio. Basti pensare che le circa 4.000 imprese perse in questi dieci anni valgono almeno 11.000 addetti. Ma nel conto va messa anche il rischio di perdere professionalità importanti”. È il caso del restauro di auto d’epoca, nel quale CNA si è impegnata organizzando, assieme all’Università di Modena e Reggio Emilia, un corso di specializzazione).

Ma quali sono i fattori che contribuiscono alla crisi? “Diversi e numerosi – continua Medici – Innanzitutto le difficoltà legate all’andamento economico, che colpisce soprattutto il mercato interno, quello di riferimento dell’artigianato. Non è casuale che i settori più in difficoltà siano il trasporto, alle prese con una spietata concorrenza, e le costruzioni, mentre tessile e manifatturiero pagano a caro prezzo il processo di ristrutturazione che da anni sta interessando questi due settori e che premia soprattutto la capacità di esportare, non necessariamente in prima persona, ma anche in filiera”.  

Un peso rilevante è comunque anche quello degli ostacoli ai passaggi d’impresa, altro argomento che CNA sta seguendo da vicino. Oggi, infatti, c’è una forte discrepanza fiscale tra l’affidare l’impresa a figli o al coniuge, piuttosto che cederla a ai dipendenti dell’impresa (si tratta differenze anche di decine di migliaia di euro). Occorre quindi estendere la normativa vigente per i conferimenti d’azienda anche alle cessioni di aziende artigianali, per consentire alle potenzialità imprenditoriali, ad esempio quelle espresse dai dipendenti, di emergere.

Serve poi tenere alta la guardia rispetto all’abusivismo: grazie alle segnalazioni e al lavoro di verifica di CNA sono state diverse – almeno una decina – le attività di estetica e acconciatura alla quale è stata impedita l’attività per l’assenza dei requisiti professionali previsti.

Sin qui l’analisi. Ma CNA ha anche proposte per cercare di dare ossigeno al settore. “Riteniamo che commercio e artigianato di servizio, in centro storico e, soprattutto, nei centri di vicinato, possa essere sostenuto anche con azioni locali. In primo luogo, liberalizzando in termini burocratici e di costi il cambio di destinazione d’uso, per permettere, ad esempio, che una pasticceria possa prendere facilmente (e rapidamente) il posto di un negozio. Poi, defiscalizzando totalmente le nuove attività di giovani under 30 e quelle finalizzate al riuso (riparazione varie)”.

Ancora, prevedendo una tassa per la pubblicità molto ridotta per piccoli esercenti ed artigiani, in modo da consentire loro di promuovere la propria attività.

Infine, con voucher formativi per supportare i passaggi d’impresa, in particolare quelli che coinvolgono i dipendenti delle piccole imprese. Un tipo di voucher oggi riservato ai disoccupati.      

“Inoltre – conclude il presidente di CNA – l’artigianato è un settore che più di altri incontra difficoltà nell’accesso al credito: la risposta di CNA è l’organizzazione, assieme a BPER, di un servizio di minicredito che si propone di erogare finanziamenti agevolati (tassi di interesse dal 2,4% al 3,3%) di importo massimo di 25.000 in modo facile e tempestivo (tempo di erogazione 10-14 giorni), attività che presenteremo nei prossimi giorni”.   

 

Tag: