Sardegna, appalti pubblici a due velocità: crollano le maxi-gare, crescono i piccoli bandi

La spesa pubblica storicamente rappresenta un volano fondamentale per la crescita economica ma anche per sostenere i processi di trasformazione e modernizzazione del tessuto produttivo. Il nuovo codice pertanto dovrà migliorare la capacità di spesa della pubblica amministrazione in termini di efficienza e di tempistiche ma dovrà anche assolvere alla funzione di stimolare la crescita e il rafforzamento delle imprese favorendo la concorrenza. L’esatto contrario rispetto a erigere ostacoli e alzare i paletti. E’ quanto si legge in un articolo pubblicato su Il Foglio a firma CNA per inquadrare il tema determinante del nuovo codice degli appalti e come spendere le ingenti risorse del Pnrr.

Nelle intenzioni del Governo il nuovo Codice degli appalti che sarà varato a giorni promette di assicurare semplicità, efficienza e velocità. Principi scolpiti nelle direttive comunitarie all’origine e quanto mai preziosi per mettere a terra le ingenti risorse del Pnrr e della programmazione comunitaria, circa 350 miliardi entro il 2026 sommando anche i fondi europei non allocati e che sono circa il 50% del totale del ciclo 2014-2020.

Come CNA l’auspicio è che la declinazione del nuovo codice garantisca risultati decisamente migliori rispetto alla disciplina del 2016, nonostante una costante attività di manutenzione normativa.

CNA ha spesso ricordato al legislatore che sul mercato degli appalti pubblici, gli orientamenti comunitari indicano con particolare enfasi il requisito di facilitare l’accesso delle PMI. Un pilastro della strategia che non ha mai trovato adeguata declinazione nell’architettura normativa italiana.

E’ per tale motivo che sin dall’elaborazione del Pnrr, abbiamo segnalato l’esigenza di un attento monitoraggio per scongiurare il rischio che la necessità di spendere le risorse assegnate in tempi certi, e soprattutto ristretti, potrebbe generare una concentrazione nell’assegnazione dei fondi. Una macroscopica contraddizione rispetto ai principi recepiti nella delega e con la mappa del tessuto produttivo, composto per poco meno del 97% da micro imprese (fino a 10 addetti).

Alcune recenti evidenze giustificano l’allarme lanciato dalla Confederazione degli artigiani e piccole imprese sulla forte limitazione della concorrenza nel mercato degli appalti pubblici. Procedere con l’assegnazione di lotti con importi superiori a 10 milioni di euro significa automaticamente escludere quasi il 97% delle imprese italiane. Infatti per partecipare agli appalti pubblici occorre rispettare il requisito finanziario in base al quale l’impresa partecipante deve avere un fatturato superiore al doppio del valore del bando e solo poco più del 3% delle imprese italiane riesce a superare l’asticella dei 20 milioni di ricavi. In concreto, analizzando le classi di importo delle gare del 2021, la stragrande maggioranza delle piccole imprese (oltre il 96% del totale) può potenzialmente accedere solo al 17% del mercato degli appalti pubblici, e la quota che riesce effettivamente ad aggiudicarsi fatica a superare il 5% del valore complessivo di questo mercato.

 

Leggi l’articolo completo