“E’ come Davide contro Golia, ma per ora Davide le prende. E quindi, caro micro-birrificio, se non vuoi pagare prima e più del dovuto le accise sulla tua produzione, allora devi subire il peso dei cervellotici, bizantini, asfissianti oneri burocratici italiani. E’ questa, in estrema sintesi, la risposta, singolare e sorprendente, fornita a un’interrogazione parlamentare presentata dall’onorevole Marco Di Maio, della commissione Finanze della Camera, che chiedeva chiarimenti sul corretto posizionamento del misuratore fiscale. Questo strumento, a causa di un’errata interpretazione dell’Agenzia delle Dogane, da elemento di semplificazione è stato trasformato in elemento di vessazione: la burocrazia chiede che il misuratore venga posto a monte del processo produttivo anziché a valle, come prescrive la legge. La conseguenza? Il micro-birrificio paga le accise sul mosto e non sul prodotto da porre in vendita, rimettendoci sullo sfrido, e non al momento di porre in vendita la birra ma in anticipo. La conclusione?  In proporzione, paga, paradossalmente, più dei grandi stabilimenti industriali. Mentre in Europa tre Paesi su quattro prevedono sconti sulle accise per i piccoli produttori di birra. La foglia di fico di quest’applicazione distorta della norma è la presenza di potenziali evasori tra i piccoli produttori di birra. E qui scatta la tagliola. Per l’Agenzia delle Dogane, se il micro-birrificio vuole pagare, in proporzione, nei tempi e quanto i grandi stabilimenti, deve adottare le medesime procedure, complesse e costose, di un grande gruppo industriale”. Lo si legge in un comunicato stampa firmato da CNA e UnionBirrai.