Imprese femminili in calo nel primo semestre del 2015. A soffrire di più sono le province di Macerata (-0,69) e Ancona (-0,66), seguite da Fermo (-0,49) e Ascoli Piceno (-0,29). Situazione sostanzialmente invariata per la provincia di Pesaro e Urbino (-0,03). È quanto emerge dall’indagine condotta da CNA Impresa Donna della Provincia di Ancona rapportando i dati dei primi sei mesi dell’anno con lo stesso periodo del 2014.
“Malgrado il lavoro femminile sia fattore di crescita civile ed economica dell’Italia – dice Orietta Olivetti, presidente di CNA Impresa Donna della provincia di Ancona – oggi il sistema di welfare non consente di conciliare adeguatamente il ruolo di donna e di lavoratrice, in particolare nella delicata e cruciale fase della maternità. Se questa tutela è insufficiente per le lavoratrici dipendenti, è del tutto inefficace per le imprenditrici e le professioniste. All’interno del mercato del lavoro le donne, che siano imprenditrici o dipendenti, non possono prescindere da un sostegno concreto, affinché si realizzi finalmente inclusione lavorativa sostanziale. Rivolgo quindi un appello alla Regione affinché vengano studiate misure ad hoc per favorire il lavoro femminile, in particolare quello imprenditoriale”.
Ma veniamo ai dati dell’indagine svolta da CNA.
La diminuzione delle imprese femminili nelle Marche nel primo semestre desta ulteriore preoccupazione se messa a confronto con il trend registrato dalle altre regioni del centro Italia e soprattutto dal nordest del Paese, la cui struttura di micro e piccole imprese è molto simile per caratteristiche al tessuto marchigiano.
Non si tratta tuttavia di una difficoltà legata a uno svantaggio delle imprese femminili nella nostra regione che, malgrado il decremento, crescono in termini di incidenza sul totale delle imprese attive nello stesso periodo, passando dal 23,3% del II trimestre 2014 al 23,5% del II trimestre 2015. Una performance addirittura migliore della media nazionale di oltre un punto percentuale. Ciò significa che è il complessivo tessuto delle imprese marchigiane a reagire alla fase finale della crisi attraverso una ulteriore selezione fra quelle ancora sul mercato.
Mettendo a confronto le nuove imprese e le cessazioni per settore nel semestre, in ambito regionale, si evince che il passaggio dal I al II trimestre 2015 per le nuove aperture non comporta un sostanziale abbassamento dei casi (da 853 a 727), a differenza delle chiusure, che subiscono un vero e proprio crollo da aprile a giugno (da 1210 a 469): ciò sembra indicare un attenuarsi degli effetti della crisi.
La perdita a saldo più elevata riguarda il settore del commercio (489 cessazioni contro 272 nuove imprese; -217 imprese a saldo) seguito dal primario (-134), dalle attività dei servizi di alloggio e di ristorazione (-86). Per finire con il manifatturiero (-77).
Il forte afflusso di imprese non ancora classificate per settore sembra indicare che tra i segmenti più dinamici vi siano quelli innovativi, non facilmente attribuibili alle divisioni tradizionali.
I flussi di imprese femminili in ingresso e in uscita nella provincia di Ancona nel primo semestre 2015 vedono prevalere, seppur di poche unità, la creazione di nuove imprese (423) sulle cessazioni di attività (419). Il saldo attivo è di sole 4 unità ma risulta in controtendenza rispetto al dato complessivo regionale che registra un valore negativo di 99 unità (1.580 le nuove, 1.679 quelle cessate).
Nella provincia di Ancona il maggior numero di nuove imprese femminili riguarda il commercio (62 iscrizioni, ma anche 127 cessazioni per un saldo ampiamente negativo di -65) seguito da agricoltura silvicoltura e pesca (34 avvii, ma anche 67 cessazioni con saldo -33) e poi, a pari merito (20 nuove imprese) da manifatture, alloggio e ristorazione, altre attività di servizi (che comprendono i servizi alle persone e alle famiglie: parrucchiere, lavanderie, etc).