Il peso complessivo del fisco (Total Tax Rate) sulle piccole imprese e sugli artigiani senesi nel 2015 è stato pari al 60.4% del reddito d’impresa. I numeri sono stati presentati sabato dalla Cna di Siena, frutto dell’elaborazione dei dati dell’Osservatorio Cna sulla tassazione della piccola impresa, effettuato sui 124 Comuni capoluoghi di provincia e regione. Alla presentazione era presente il Segretario Generale della CNA, Sergio Silvestrini

Il peso del fisco è aumentato di ben 5.5% tra il 2011 ed il 2012, riducendosi solo nel 2015 del 3.6%, ma è destinato ad aumentare dello 0,1% in questi mesi, secondo le proiezioni sulla tassazione locale 2016.

Netto il pensiero del presidente della Cna di Siena Fabio Petri: “E’ impensabile che la ripresa economica possa avere maggiore velocità con un fisco così vorace. Le imprese lavorano quasi otto mesi all’anno solo per pagare le imposte. Ovvio che si riducono in modo drastico anche le risorse per gli investimenti e per la ricerca. E’ tempo di dare una svolta a questo corto circuito, iniziando con un taglio netto delle imposte locali come l’Imu sugli immobili aziendali, rendendola fin da subito deducibile, e delle tariffe sui servizi come i rifiuti. Lo Stato deve poi rivedere l’intero sistema di tassazione, rendendolo più equo e soprattutto tale da rendere possibile una più rapida ripresa economica. I nostri colleghi europei hanno mediamente il 19.4% di minori imposte sul reddito di impresa rispetto agli italiani. Questo fa capire il grande sforzo che le aziende stanno facendo per perseguire la ripresa economica, confrontandosi anche con il mercato estero”.

La crescita delle imposte dal 2011 è stata progressiva, partendo dal 58.8% sul reddito, per passare al 64.3% nel 2012, 63.7% (2013) e 64% (2014). Ai fini delle analisi sono stati assunti tutti i tributi ed i contributi versati dall’imprenditore: Irpef, Irap, Ivs, Imu, Tasi, Rifiuti. Parlando dell’imposta sugli immobili (Imu), una sua deducibilità al 100% porterebbe anche a livello locale un abbattimento del peso fiscale quasi del 4%.

Analizzando il caso specifico di Siena nel 2015 il 40.9% (35.6% nel 2014) delle imposte sono state pagate allo Stato, il 6.1% (12.2% nel 2014) alla Regione ed il 13.4% (16.2% nel 2014) in imposte comunali. Il resto è reddito disponibile per l’imprenditore prima di altre tasse minori. La ripartizione è cambiata con i provvedimenti governativi degli ultimi anni. Rimane ancora altissima la tariffa sui rifiuti (Tari), frutto anche della doppia imposizione su quelli speciali, che incide in modo pesante sulla liquidità delle aziende. Nel 2016 per la provincia di Siena le imposte dovrebbero crescere dello 0.1% secondo le proiezioni dell’Osservatorio Cna, con una suddivisione del carico simile allo scorso anno.

L’8 agosto sarà il “tax free day” per Siena, ovvero il giorno in cui gli artigiani e gli imprenditori potranno iniziare lavorare per costruire il proprio reddito dopo i 220 giorni dedicati alle imposte. A Siena il dato migliore è stato il 2011, quando il “Tax day free” era il 2 agosto, mentre l’anno peggiore è stato il 2012 con il 23 agosto. In sintesi nel 2015 un artigiano ha potuto lavorare solo 146 giorni per costruire il suo reddito al netto delle imposte. In Italia le cose vanno leggermente peggio, visto che il giorno della “liberazione dalle tasse” è il 10 agosto ed il peso complessivo della fiscalità è il 61%, contro il 60.5 % medio della Toscana. Interessanti sono anche i numeri della pressione fiscale 2016 per gli altri capoluoghi toscani: Firenze 68,5%, Grosseto 64,9%, Livorno 62,3%, Pisa 60,9%, Siena 60,5%, Lucca 59,2%, Pistoia 59,1%, Prato 58,6%, Massa 58,1%, Carrara 57,8%, Arezzo 55,7%.

Per la cronaca la città dove le imprese pagano più tasse è Reggio Calabria con il 73.2%, seguita da Bologna (71.9%), Roma (69.8%), Catania (68.5%) e Firenze (68.5%). Siena si colloca alla posizione numero 61 su 124 capoluoghi di provincia. Le realtà dove sono più basse le imposte vedono al primo posto Gorizia con il 54.4% del reddito in tasse, quindi Cuneo, Belluno e Sondrio, tutte su dati simili.

Ma facciamo un esempio che rende chiaramente l’idea di questi numeri e percentuali. Alla fine nel 2016 quanto resta alle imprese sul loro potenziale guadagno? I calcoli sono stati fatti su un’impresa tipo: una ditta individuale manifatturiera, con un laboratorio di 350 mq, un negozio di 175 mq, 5 dipendenti, un fatturato di 430mila euro annui e un reddito d’impresa prima delle imposte deducibili di 50mila euro. A conti fatti il risultato fa cadere le braccia. Dopo aver pagato tutte le tasse i 50mila euro nel 2016 a Siena diventano 19.750.

Ma è possibile migliorare il sistema tributario? Per la Cna si può e si deve. Tre le direttrici operative: una più consistente riduzione della pressione fiscale; il capovolgimento della tendenza a trasferire sulle imprese gli oneri dei controlli; l’uso intelligente della leva fiscale per aumentare la domanda interna. Come? La Cna ha preparato dieci proposte: rendere l’Imu sugli immobili strumentali completamente deducibile dal reddito d’impresa; utilizzare le risorse provenienti dalla spending review e dalla lotta all’evasione per ridurre la tassazione sul reddito delle imprese personali e sul lavoro autonomo; introdurre una misura premiale che riduca l’imposizione sul reddito incrementale rispetto al reddito “ideale” stimato dagli studi di settore; definire il concetto di autonoma organizzazione ai fini del non assoggettamento all’Irap; introdurre l’Iri (Imposta sul reddito delle imprese) per consentire alle imprese personali di allineare l’imposizione sui redditi re-investiti in azienda a quella applicata alle società di capitali; redistribuire il gettito derivante dalla tassazione sugli immobili adeguando i valori catastali ai valori commerciali; trasformare le detrazioni relative a spese per lavori edili in crediti d’imposta cedibili agli intermediari finanziari; introdurre il principio di cassa nella determinazione del reddito delle imprese personali in regime di contabilità semplificata; eliminare lo split payment e ridurre la ritenuta sui bonifici, relativi a spese per le quali sono riconosciute le detrazioni fiscali, dall’8% per lo meno al 4 per cento, come in precedenza; evitare di spostare sulle imprese gli oneri dei controlli attraverso un uso intelligente della fatturazione elettronica B2B, agevolare il passaggio generazionale delle imprese individuali tramite la completa neutralità fiscale delle cessioni d’azienda, al pari di quanto previsto in caso di conferimenti. Da dove cominciare? Sicuramente dalla deducibilità completa dell’Imu dal reddito d’impresa, dall’Iri e dal criterio di cassa per determinare il reddito.

 

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