Questo è il mondo migliore finora avuto dall’uomo. Nessuna epoca precedente ha potuto contare su tanti vantaggi. Il futuro? Molto diverso dal presente e con nuove regole da dover scrivere, ma niente affatto nero. Ad assicurarlo è il sociologo Domenico De Masi (professore emerito di Sociologia del lavoro all’Università “La Sapienza” di Roma, dove è stato preside della facoltà di Scienze della comunicazione) in un’intervista che appare sul numero 70 di VerdEtà, il periodico di CNA Pensionati. Intervista nella quale De Masi ha spiegato che cosa ci aspetta e perché non è il caso di avere paura. E soprattutto quanto saranno ancora importanti le associazioni come CNA e CNA Pensionati.
Domanda. Professore, il mondo sta cambiando a velocità supersonica. Ci spiega dove sta andando?
De Masi: Si può dire che non ci sia nessun settore della nostra vita che non stia mutando. Cambia la demografia, cambia l’ecologia, cambia la tecnologia, cambia il lavoro, il tempo libero. Cambia anche la cultura, l’estetica e persino l’etica. Cambia il ruolo della donna nella società nel suo insieme.
Andiamo per ordine…
Intanto da qui al 2030 passeremo dai sette miliardi di popolazione della terra di oggi a otto miliardi, un mutamento enorme. Anche la vita media si allungherà: oggi viviamo in media 730mila ore, i nati nel 2030 ne vivranno 790mila. Gli over 65, poi, saranno 910 milioni a fronte degli attuali 420 milioni. Un vero e proprio tsunami. Poi ci sono, come noto, i problemi dell’ecologia grazie all’attuale superproduzione di anidride carbonica: se anche i Paesi in via di sviluppo cominciassero a consumare come consumiamo noi, infatti, avremmo bisogno di tre pianeti come la terra per poter sopportare le emissioni inquinanti. Per non parlare dei grandissimi cambiamenti della tecnologia.
Parliamone invece!
Diciamo solo che l’informatica progredisce raddoppiando la sua potenza ogni 18 mesi. Poi c’è ingegneria genetica con cui combatteremo molte malattie, c’è l’intelligenza artificiale con cui sostituiremo molto lavoro intellettuale. Ci sono le nanotecnologie con cui gli oggetti riescono a relazionarsi fra di loro e con noi. Ci sono le stampanti 3D con cui potremo costruire in casa molti oggetti che invece oggi compriamo fuori. Un cambiamento che si riflette enormemente sulla nostra vita proprio perché ci consente, a esempio, di teleapprendere, telelavorare, teledivertirci. Insomma stiamo cominciando a fare tutto, o moltissimo, a distanza. Anche il concetto di privacy praticamente sta scomparendo. E’ quasi impossibile perdersi, annoiarsi, isolarsi poiché le macchine ci impediscono tutto ciò. Ma non basta. La chirurgia plastica sarà sempre più capace di modificare il nostro corpo. Poi ci sono i cambiamenti determinati dall’economia.
Ci dica…
Il nostro pianeta produce ogni anno fra il 3 e il 5% in più. Però questa produzione non apporta benefici a tutti ma va a finire nelle tasche di pochi. In Italia, a esempio, nel 2007 dieci famiglie possedevano la ricchezza di 3,5 milioni di poveri. Oggi le stesse famiglie possiedono la ricchezza di sei milioni di poveri. Quindi possiamo dire che i ricchi hanno aumentato del 70% la loro ricchezza e i poveri, a loro volta, hanno subito un peggioramento del 60% del loro reddito.
Uno dei cambiamenti più grandi di quest’epoca – e lei ne ha parlato nei suoi studi – riguarda il lavoro. Ci spiega come?
Oggi in sostanza riusciamo a produrre sempre più beni e servizi con meno lavoro umano. E siccome non redistribuiamo equamente né ricchezza – come abbiamo visto – né lavoro ci sono genitori che lavorano dieci ore al giorno e figli disoccupati. Questo avviene soprattutto in Italia dove non si è ancora capito che si lavora troppo.
Davvero?
Esattamente. In Germania si lavora 1.400 ore l’anno mentre noi ne lavoriamo, in media, 1.800. Insomma un Italiano lavora mediamente 400 ore in più di un tedesco, eppure produce il 20% in meno e guadagna il 20% in meno. Non solo. In Italia gli occupati rappresentano il 58% della forza lavoro, in Germania il 79%.
Ma se riduciamo i tempi di lavoro che cosa succederà?
Succederà che aumenterà il tempo libero. E questo, paradossalmente, ci pone problemi. Come occuperemo le ore libere? In realtà questa è una tendenza che viene da lontano. Oggi si lavora 220 giorni l’anno, un tempo si lavorava tutti i giorni, tranne la domenica. Con più tempo libero dovremmo introdurre una maggiore cultura proprio per vivere questo tempo con più equilibrio. Poi ci sono i problemi legati all’etica.
Cioè?
Abbiamo visto che stanno crescendo le diseguaglianze. Un contrasto inaccettabile, che grida vendetta. Pensi che oggi l’Europa per una mucca da latte eroga un sussidio di 900 dollari, mentre a una persona africana assegna un sussidio di 8 dollari.
Non teme allora, alla luce di quest’analisi, che tante conquiste realizzate in passato rischiano, proprio nell’era dei robot, dell’intelligenza artificiale e delle nanotecnologie, di essere messe in discussione?
Su questo non c’è dubbio. Ma non dobbiamo guardare al passato con troppa nostalgia. Le faccio un esempio: oggi i regimi democratici sono molti di più che nel secolo scorso. Nei Paesi evoluti, in Italia a esempio, dati alla mano e contrariamente a ciò che si pensa, sono diminuiti tutti i reati verso la persona. La convivenza, insomma, è migliorata. Noi in realtà viviamo molto meglio dei nostri nonni. Certo, come sempre, di fronte a grandi cambiamenti gli squilibri vanno corretti.
Che cosa dobbiamo fare allora?
Bisogna redistribuire il lavoro perché con i robot e le intelligenze artificiali un numero crescente di ore di lavoro invece di essere fatte dagli esseri umani saranno fatte da questi ultimi. Se non si redistribuisce il lavoro alcuni lavoreranno moltissimo e altri rimarranno disoccupati, come già sta succedendo. In Italia, oggi abbiamo 23 milioni di occupati e oltre tre milioni di disoccupati. Se lavorassimo meno ore, come in Germania, avremmo tutti occupati.
Ma poi il reddito pro capite diminuirebbe?
No, no. Proprio perché una parte di lavoro la faranno le macchine il reddito per i lavoratori rimarrà lo stesso. A esempio, in Germania, in alcuni casi hanno abbassato a 28 ore lavorative il lavoro settimanale, mentre in Italia spesso si lavora 40 ore, e ci sono stati aumenti anche del 4% del salario.
E per i disoccupati come si fa?
Ribadisco che bisogna redistribuire il lavoro. In Germania si lavora di meno e i disoccupati sono solo il 3%. Qui da noi al momento siamo al 10,8%.
Niente paura per il futuro insomma?
Io dico di no.
E come mai siamo un Paese che, al contrario, è preda di un terrore generalizzato? Perché siamo caduti nella rabbia, nel rancore, nello sconforto?
Indubbiamente c’è chi lo alimenta, sbagliando però. Siamo invece uno dei Paesi più sicuri del mondo, nelle nostre città, a Roma a esempio, si può uscire in tutte le ore del giorno e della notte e, a differenza di New York, nessuno viene ucciso per la strada.
Una volta passata la paura, quindi, torneremo il Paese del saper fare e del buon vivere dove l’artigianato ha dato al Made in Italy quella connotazione di qualità che tutti ci invidiano?
Dobbiamo sapere che i robot ci saranno ma l’artigianato sopravviverà se saranno realizzati oggetti creativi, non ripetitivi, quelli che solo il genio dell’uomo ha saputo da sempre inventare. Occorre però prepararci a nuovi lavori ,quelli che oggi ancora non ci sono.
E se le persone non fossero ancora pronte?
E’per questo che ritengo fondamentale il reddito di cittadinanza che non solo aiuta a portare a tavola un piatto di minestra ma dev’essere in grado di formarci in modo del tutto nuovo.
Saremo in grado?
Dobbiamo esserlo.
Che ruolo possono avere nel futuro sempre più 4.0 i corpi intermedi, come i sindacati, la CNA e CNA Pensionati?
Un ruolo fondamentale. Certo, scompariranno le attività impiegatizie e ripetitive ma sarà fondamentale il ruolo di rappresentanza, che dovrà essere svolto in futuro nella contrattazione delle nuove forme di lavoro. Guardi, le dico una cosa: alla forza delle idee nessuna macchina potrà opporsi.