Ci auguriamo che, con l’importantissima pronuncia allegata, la Suprema Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, abbia messo fine al perdurante contenzioso, attivato dagli Enti previdenziali in merito all’applicazione della normativa in materia di trattamento contributivo della trasferta,  che risaliva addirittura all’art. 12 della legge 30 aprile 1969 n. 153.

Tutto nasce dal mancato riconoscimento della rilevanza da attribuire ad una fondamentale distinzione  tra la trasferta c.d. occasionale e quella c.d. abituale (o dei trasfertisti -si pensi al personale viaggiante delle imprese di trasporto-), ai fini dell’applicazione (oggi) dell”art. 51 del d.P.R. n. 917/1986, e del regime contributivo previsto per le indennità corrisposte dal datore di lavoro ai dipendenti che prestano la loro opera al di fuori della sede dell’impresa.

Tali diverse fattispecie, lo ricordiamo, sono oggi rispettivamente disciplinate dai commi 5 e 6 del suddetto articolo, che prevedono:

«  5.  Le indennità percepite per le trasferte o le missioni fuori del territorio comunale concorrono a formare il reddito per la parte eccedente lire 90.000 al giorno, elevate a lire 150.000 per le trasferte all’estero, al netto delle spese di viaggio e di trasporto; in caso di rimborso delle spese di alloggio, ovvero di quelle di vitto, o di alloggio o vitto fornito gratuitamente il limite è ridotto di un terzo. Il limite è ridotto di due terzi in caso di rimborso sia delle spese di alloggio che di quelle di vitto. In caso di rimborso analitico delle spese per trasferte o missioni fuori del territorio comunale non concorrono a formare il reddito i rimborsi di spese documentate relative al vitto, all’alloggio, al viaggio e al trasporto, nonché i rimborsi di altre spese, anche non documentabili, eventualmente sostenute dal dipendente, sempre in occasione di dette trasferte o missioni, fino all’importo massimo giornaliero di lire 30.000, elevate a lire 50.000 per le trasferte all’estero. Le indennità o i rimborsi di spese per le trasferte nell’ambito del territorio comunale, tranne i rimborsi di spese di trasporto comprovate da documenti provenienti dal vettore, concorrono a formare il reddito.

    6.  Le indennità e le maggiorazioni di retribuzione spettanti ai lavoratori tenuti per contratto all’espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi, anche se corrisposte con carattere di continuità, le indennità di navigazione e di volo previste dalla legge o dal contratto collettivo, i premi agli ufficiali piloti dell’Esercito italiano, della Marina militare e dell’Aeronautica militare di cui all’ articolo 1803 del codice dell’ordinamento militare, i premi agli ufficiali piloti del Corpo della Guardia di finanza di cui all’ articolo 2161 del citato codice, nonché le indennità di cui all’articolo 133 del decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229 concorrono a formare il reddito nella misura del 50 per cento del loro ammontare. Con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, possono essere individuate categorie di lavoratori e condizioni di applicabilità della presente disposizione. »

Nella prima ipotesi, come previsto anche contrattualmente per il settore dell’edilizia artigiana, l’obbligo del datore di lavoro è variabile e rapportato alla esecuzione di attività fuori dalla sede dell’impresa e dello stesso comune dove essa è collocata.

In quella continuativa, dei c.d. “trasfertisti”, si prevede invece “un’indennità o maggiorazione della retribuzione in misura fissa, attribuite senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è svolta”, normalmente corrisposta “in via continuativa”.

Ma mentre nel primo caso, sin dal 1969 era previsto per la diaria o l’indennità di trasferta un regime contributivo più favorevole (pari al 50 per cento del loro ammontare), nell’altro i suddetti compensi, comunque corrisposti, potevano “formare il reddito nella misura del 100% del loro ammontare.

Il massimo organo della giustizia civile, dopo una complessa ed articolata ricostruzione dell’evoluzione normativa, ha però concluso affermando che:

« 1) in materia di trattamento contributivo dell’indennità di trasferta, alla stregua dei criteri di interpretazione letterale, storica, logico-sistematica e teleologica, l’espressione “anche se corrisposta con carattere di continuità” … deve essere intesa, nel senso che l’eventuale continuatività della corresponsione del compenso per la trasferta non ne modifica l’assoggettabilità al regime contributivo (e fiscale) meno gravoso (di quello stabilito in via generale per la retribuzione imponibile), rispettivamente previsto dalle citate disposizioni”;

  2) “l’art. 7-quinquies del d.l. 22 ottobre 2016, n. 193 (convertito dalla legge 1 dicembre 2016, n. 225) [norma fortemente e ripetutamente sollecitata da CNA e da CNA Costruzioni, insieme a tutte le altre rappresentanze dei settori edile ed impiantistico -N.d.R.]– ha introdotto una norma retroattiva autoqualificata di “interpretazione autentica” del comma 6 dell’art. 51 del TUIR, con la quale ha stabilito (comma 1) che i lavoratori rientranti nella disciplina prevista dal suddetto comma 6 sono quelli per i quali sussistono contestualmente le seguenti tre condizioni: a) la mancata indicazione, nel contratto o nella lettera di assunzione, della sede di lavoro; b) lo svolgimento di un’attività lavorativa che richiede la continua mobilità del dipendente; c) la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di un’indennità o maggiorazione di retribuzione “in misura fissa”, attribuite senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è svolta, aggiungendo che, in caso di mancata contestuale esistenza delle suindicate condizioni, è riconosciuto il trattamento previsto per le indennità di trasferta di cui al comma 5 del medesimo articolo 51 – risulta conforme ai principi costituzionali di ragionevolezza e di tutela del legittimo affidamento nella certezza delle situazioni giuridiche, oltre che all’art. 117, primo comma, Cost., sotto il profilo del principio di preminenza del diritto e di quello del processo equo, consacrati nell’art. 6 della CEDU.

Infatti, tale norma retroattiva ha attribuito alla norma interpretata un significato non solo compatibile con il suo tenore letterale ma più aderente alla originaria volontà del legislatore, con la finalità di porre rimedio ad una situazione di oggettiva incertezza del dato normativo, determinata da un persistente contrasto tra la giurisprudenza di legittimità, le Pubbliche Amministrazioni del settore e la variegata giurisprudenza di merito”.

L’augurio è che ora il defatigante ed ingiustificato contenzioso, determinatosi negli anni, finalmente cessi; consentendo alle imprese del nostro settore di operare senza più il rischio di incorrere nelle pesanti sanzioni previste per fattispecie a cui esse sono estranee, anzi di recuperare quanto finora ingiustamente speso.